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«Per parte mia, mi sono sempre considerato, diciamo così, “moderatamente favorevole”, alla pena di morte, inteso ciò in termini puramente astratti o filosofici, sia chiaro, (nell’ordinamento italiano non la vorrei mai!); fin dall’epoca in cui, appena diciottenne, cominciai a preparare Diritto Penale sui classici tomi di Francesco Antolisei… Non faccia però l’errore di sentirsi parte di una civiltà “superiore”, solo perché lei é contrario ».
Sono alcuni righe che mi scrive un lettore sul blog de L’Espresso. Trascrivo la mia risposta.
Mi sembra evidente, gentile lettore, che lei è persona colta e garbata, e per questo mi stupisco che possa essere favorevole alla pena di morte, sebbene “moderatamente”. Sarà un errore, ma io sono fermamente persuaso che ci sia differenza tra una morale ed un’altra, che non possano essere messe tutte sullo stesso piano. Ritengo, ad esempio, che la morale evangelica sia superiore (nel senso di migliore, più evoluta), rispetto alla morale dell’Antico Testamento. Ritengo che la morale di chi non approva la tortura, sia superiore alla morale di chi approva la tortura. Ritengo che la morale di chi non vuole tenere sottomesse le donne, sia superiore alla morale di chi le vuole sottomesse. Ritengo che la morale di chi applica la pena di morte uccidendo una donna con un’iniezione, sia superiore alla morale di chi applica la pena di morte uccidendo una donna con la lapidazione. Ritengo che la morale di chi non approva la pena di morte, sia superiore alla morale di chi l’approva. Mi fermo, e ricambio i cordiali saluti.
Renato Pierri

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