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LUIGI RAPISARDA

 Risuona ancora l’eco della interminabile e variopinta maratona parlamentare nella quale si è tenuto il dibattito ed, in esito ad esso, il voto di fiducia sulle comunicazioni del premier, dopo l’abbandono dell’alleanza da parte di Renzi.

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 In quei numerosi interventi di questi nostri rappresentanti del popolo, abbiamo sentito tutto ed il contrario di tutto: dalle citazioni auliche di poeti.e filosofi,a brutte cadute di stile.

 E ora sembra essere tornata una relativa calma dalle parti di palazzo Chigi.

 Con pochi voti di scarto al Senato,che gli hanno fatto raggiungere una maggioranza semplice, mentre alla Camera si è agevolmente raggiunta la maggioranza assoluta, il premier Conte è riuscito a superare il guado, ossia l’incognita delle dimissioni.

 Tuttavia non è stata che una vittoria di Pirro, non solo per lui ma per tutto il paese.

 Rimpiazzare una forza politica che assicurava 18 senatori con un qualche “volenteroso” improvvisato, proveniente da due defezione in Forza Italia, alcuni senatori del gruppo misto e a tre senatori a vita, non può durare che qualche settimana.

 Questo è il nodo principale che Conte dovrà affrontare: restituire una quarta gamba alla sua maggioranza, oppure gettare la spugna e rimettere il mandato nelle mani del Capo dello Stato.

 Nessuno infatti si può fare illusioni.

 Tuttavia  il sostegno,ancora una volta, non è stato negato dallo schieramento dell’opposizione davanti all’ennesimo scostamento di bilancio, ma la navigazione ordinaria non solo in aula, ma in seno alle commissioni, in Senato, ove in talune di esse la maggioranza era già risicata, appare assai irta di ostacoli.

 Mentre è comprensibile che il Presidente Mattarella, nell’incontro di ieri con il premier, salito al Colle per valutare la nuova situazione che si è incardinata al Senato, si sia soffermato soprattutto su questo nodo per sconsigliare, in un momento così drammatico, di non esporre il paese, se non per il tempo strettamente necessario a ritrovare un allargamento della maggioranza, ad ulteriori traumi.

 E’ di tutta evidenza, infatti, che uno stato di precarietà della maggioranza, così palese, stride con l’esigenza di stabilità e di efficacia di cui l’azione del governo ha bisogno, per tutte le questioni interne con una crisi sanitaria, economica e sociale drammatica, e per mantenere la giusta affidabilità.

 Un aspetto, non da poco, su cui si sono concentrati i tanti commenti sulla stampa estera: chi nel segno dell’incomprensibile spericolatezza di questa crisi, chi nel segno di una inaffidabile ambiguità di Conte, ma accomunati nell’ intonarci, in coro, il “Miserere”.

 A ben guardare,non sono aspetti da poco, se pensiamo che Conte ha saputo essere magistrale servo di due padroni, recitando la parte, prima del populista ed anti europeista,nell’esecutivo giallo verde, poi con altra maschera da impareggiabile personaggio pirandelliano, del convinto europeista e mediatore di visioni inconciliabili del Pd e dei 5 Stelle.

 E adesso scopre una vocazione centrista come ultimo appello ad una sua sopravvivenza politica.

 Un appello che non può avere come fondamento la prosecuzione di questa  esperienza governativa.

 Perché è il chiaro segno del fallimento di una tale maggioranza varata, nel settembre del 2019, non su un reale progetto di paese,impossibile date le radicali antinomie di visione strategica e di modello di sviluppo delle due forze preminenti Pd e 5Stelle, ma contro un unico obiettivo: impedire al paese di andare al voto.

 In questo scenario difficilmente poteva attendersi un passo avanti da parte della pur modesta formazione centrista,ossia dell’Udc, andando a sostenere, in modo disaggregato come “responsabili”, quel che rimane di una maggioranza disomogenea negli obiettivi e nei metodi di governo.

 Tuttavia è apparso un grave errore quel declamato arroccarsi nello schieramento di centrodestra, a guida populista e sovranista, che stride con i valori che gli esponenti dell’Udc, pur se organici a Forza Italia, rappresentano.

 Una scelta che è sembrata dare seguito ad una visione miope e di corto respiro, senza  lungimiranza strategica e a non aver colto tutti gli elementi di novità del quadro politico che una tale evoluzione può portare, se ben indirizzata e gestita.

  Però va da sè che un impegno centrista, che coinvolge valori liberali, popolari,cattolici e riformisti, non può passare che dalla negoziazione di una nuovo patto che sposti il baricentro nel segno di una declinazione verso chiari indirizzi europeisti,anti populisti ed anti sovranisti,come pure affermato da Conte.

  Ma dare coerenza e credibilità a questo progetto, significa assumersi l’onere di dare diversa identità alla futura nuova compagine di maggioranza, con una guida diversa, non intrisa delle tante metamorfosi che ci ha riservato l’avvocato del popolo”.

  Ovviamente la formazione autonoma di un gruppo parlamentare, nel segno di quei valori democristiani, deve essere il presupposto per una affidabile disponibilità a sostenere una nuova maggioranza in una visione di paese che assicuri un nuovo modello di sviluppo nel solco dei tre assi indicati dalla Ue nel piano di ripresa e resilienza:la transizione climatica e digitale, la ricerca e l’innovazione nei diversi settori del comparto pubblico,della pubblica amministrazione e delle imprese e l’inclusione sociale.

 In questo scenario non dovrebbe restare estraneo nemmeno Berlusconi, anch’egli espressione dei medesimi grandi valori riconducibili alla comune matrice del Ppe.

 Invece il suo appiattirsi sulle posizioni di Salvini e Meloni, che in questo momento appare un’alleanza innaturale,ove dominano dottrine sovraniste e populiste, ha finito per affievolire, anzi cancellare la rinnovata vitale identità che in questi nuove dinamiche sembra invece assumere la collocazione centrista e quei valori di cui anche egli è portatore.

 Occorre allora subito favorire la convergenza di quanti di questi valori nel paese sono portatori,a cominciare dalla rinata Democrazia cristiana, perché si promuova nel paese l’aggregazione di tutte quelle forze e formazioni che condividono questi ideali,questi valori e questa visione nell’intento di agglomerare le tante energie in una identità centrista distinta e distante dalle destre sovraniste e populiste e dagli avventurismi e dal trasformismo dei grillini.

 Auspicando parallelamente la formazione al più presto di un gruppo parlamentare popolare,cattolico e riformista, non per venire in soccorso in modo rabberciato e precipitoso a puntellare un governo in bilico, ma volto a promuovere nuova identità nella maggioranza con precisi argini alle politiche giustizialiste, pauperiste e anti sviluppo dei 5Stelle.

 Linee che in questa prima metà della legislatura ne hanno condizionato l’indirizzo governativo, nella spocchiosa convinzione di “scrivere la Storia in diretta”, in parallelo a politiche di forte impatto populista e sovranista con il governo giallo verde,  in un mix  di dottrine che ne esaltano la “decrescita felice”ed il pauperismo.

 Mentre sul piano geopolitico ci hanno disinvoltamente regalato un forte indebolimento del tradizionale atlantismo, favorito dall’ imprudente abbandono del multilateralismo americano ad opera di Donald Trump, oltre a crescenti accentuazioni filocinesi, con la trovata della “Via della seta”: un ingenuo ponte per spianare la strada all’imperialismo cinese che già sta comprando a prezzi di saldo i migliori Know how del made in Italy.

 Insomma lo stato di scoperta debolezza di questa maggioranza richiede un allargamento che non può non passare dal versante centrista per riposizionare l’asse politico dell’esecutivo su una salda visione europeista, popolare e riformista con accenti preminenti sugli assi portanti di un nuovo umanesimo integrale.

 Un’occasione che, anche in vista di una legge proporzionale, ci auguriamo alla tedesca con la sfiducia costruttiva, non andrebbe persa, per non deprivare, ancora a lungo, il paese da prospettive che assicurino un nuovo e più equo modello di sviluppo, un miglioramento generale della convivenza civile e sociale e un ripianamento effettivo del divario nord-sud.

 E in tale processo mentre la Federazione dei democratici cristiani, che per questo scopo era stata costituita, giusto un anno fa, nel centenario dell’Appello ai liberi e forti di Don Luigi Sturzo, segna il passo, sia la DC, rinata, a promuovere, senza indugio, una conferenza per una nuova “Costituente di centro” perché si avvii un serio processo di confronto e di aggregazione delle tante formazioni moderate,cattoliche e popolari nel paese, animate da quegli ideali e valori che si riconducono ancora al modello di sviluppo e di governo che fu della Democrazia cristiana nei suoi  cinquant’anni di vita politica.

 Un processo di ricomposizione, non più rinviabile, della galassia democristiana nella sua naturale collocazione,distinta e distante da ogni velleitarismo populista, sovranista, giustizialista e pauperista, sotto l’egida di quel simbolo e di quel nome, che riattivi,in piena continuità storica, un rinnovato percorso politico, nell’intento di recuperare tutte quelle potenzialità, tutti quei filoni, tradotti, taluni, in apprezzabili esperimenti, in questi anni, e quelle capacità di rappresentare i territori, i bisogni e le diverse  aspirazioni dei ceti sociali, di cui fu artefice fino ai primi anni ‘90.

 Roma, 21.01.2021

 Luigi Rapisarda

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