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 Una signora che conosco, che incontro ogni tanto e chi mi racconta le sue vicissitudini, si è adattata a vivere in un lavatoio di una casa popolare. E’ la gattara che porta da mangiare ai gatti di via degli Alberini. Ne scrissi tempo fa su un noto settimanale. Trascrivo qualche riga: “Un lungo corridoio tra i cancelletti gialli e rossi delle cantine, e giungi al lavatoio. Povera gattara, ha appeso persino dei quadri alle pareti. Un po’ di luce assieme alla polvere arriva da una piccola grata che dà sul marciapiede. Su uno dei ripiani per lavare, un fornelletto da campeggio. Una cassetta di legno vicino al letto fa da comodino. Nella cassetta ci si è sistemata la sua gatta. L’acqua c’è. Tanta acqua. Tanti rubinetti che versano nelle grosse vasche.  Non ci sono servizi igienici. Non ci sono, ovviamente, termosifoni. D’inverno fa molto freddo. La gattara fa i bisogni sui giornali, poi mette tutto in una busta di plastica, assieme al terriccio dove fa i suoi bisogni la grossa gatta, e li getta nei cassonetti per la raccolta differenziata. Ma agli inquilini del palazzo la faccenda dei bisogni nei cassonetti non va giù. Agli inquilini del palazzo non va giù neppure che la gattara e la sua bella gatta dal pelo bianco pezzato di nero, vivano nelle cantine. Non sta bene. Non è una bella cosa. Così dicono”. Sono trascorsi quasi cinque anni da allora, e la signora che ama i gatti è ancora nel lavatoio. Vive nell’illusione che un giorno il Comune le assegni un piccolo appartamento. Una cosa è cambiata: i cassonetti sono stati portati nella strada, lontano dall’edificio, e quindi agli inquilini poco importa se la signora vi getti i bisogni suoi e della sua gatta.
Una signora, invece, che non conosco e che credo sia anche difficile conoscere, si trova in un luogo assai peggiore di un lavatoio. Vive in un paio di metri quadrati di un’aiuola, a pochissima distanza dalla stazione metropolitana di Santa Maria del Soccorso. Ha recintato il fazzoletto di terra con una rete di plastica e vi ha accatastato dei pezzi di armadio, che qualche mattina fa le ho visto spolverare con gran cura. C’è anche una sedia e un vaso con una pianta finta. Con tavole e teli ha costruito un riparo per il letto. Immagino, perlomeno, che sotto quelle tavole ci sia un letto, o forse solo un materasso. E’ difficile parlare con questa signora, conoscerla, dicevo, giacché, poverina, appena vede qualcuno passare nei pressi della sua dimora, comincia a gridare: “Andate via, andate via!”. Anche lei forse, come la gattara, sogna una casa vera.
Renato Pierri

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