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di Maria Antonietta Adorante*

 

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Il Tavolo tecnico per il Sondaggio deliberativo sull’area archeologica di Teramo ha avuto ospite, martedì 6 marzo, l’arch. Nicola Di Battista, direttore della rivista del CNA “L’ Architetto” e già direttore della rivista di architettura “Domus”, che voglio ancora ringraziare a nome di tutto il Tavolo. L’incontro, il primo del gruppo “voci altre” perché dedicato a personaggi che operano in ambiti diversi rispetto a quelli in qualche modo collegati al teatro romano di Teramo, ha avuto come filo conduttore L’Architettura, le sue implicazioni, le sue regole, le modalità in cui si esplica, e, soprattutto, il suo linguaggio.

Dopo che il prof. Carlo Di Marco, Presidente dell’associazione Demos, ha, in apertura, ricordato le finalità di questa esperienza di urbanistica partecipata, in qualità di coordinatrice del Tavolo ho proposto all’ospite alcuni elementi di riflessione e discussione, incentrati sul ruolo dell’architettura e dell’architetto nella lettura degli spazi urbani e delle loro trasformazioni. Più specificamente gli ho chiesto se ritenesse applicabile al lavoro che il Tavolo sta conducendo sull’area archeologica, il concetto di architettura come fatto collettivo, proposto dal filosofo Ortega Y Gasset e, ancora, se a suo giudizio l’Architettura e, dunque, il progetto architettonico possano trasformare una parte di città lasciandone invariata la cifra identitaria o se, invece anche le identità dei luoghi debbano trasformarsi.

L’arch. Di Battista, dopo aver ricordato la prestigiosa storia di Domus, dalla sua nascita ad opera di Giò Ponti e Gianni Mazzocchi, agli anni della sua direzione, quando pose come sottotitolo della rivista “La città dell’uomo” ha posto l’accento sul tema della partecipazione che è importante solo se non è lasciata all’improvvisazione e, dunque, solo se è sorretta da conoscenze, competenze e impegno.  Ha poi fatto cenno al delicato momento che oggi l’architettura attraversa, stretta tra tecnica e arte, momento che solo si può superare se si torna a far riferimento al corpus disciplinare dell’architettura.

L’arch. Di Battista ha poi parlato del concetto di “appartenenza”, a suo avviso più cogente rispetto a quello di identità, e poi dei contenuti dell’architettura e del progetto, che devono essere contenuti condivisi per poter essere trasformati in forme architettoniche ed ha convenuto che il lavoro del Tavolo all’interno dell’iter del Sondaggio deliberativo si colloca proprio nell’ottica, sopra ricordata, della partecipazione consapevole.

Ha poi sintetizzato l’iter progettuale di un architetto attraverso le fasi di consapevolezza, immaginazione, mestiere e libertà, fasi perfettamente in sintonia col metodo di lavoro che il Tavolo sta utilizzando.

Assai interessanti sono state poi le riflessioni dell’arch. Di Battista sul concetto di monumento: un edificio diventa monumento quando cessa la funzione e, dunque, la forma permane e sopravvive alla funzione.

Ho trovato assai pertinente al nostro teatro romano questa riflessione perché esso è, oggi, una forma che sopravvive a una funzione ormai cessata da secoli. E allora la riflessione immediatamente consequenziale è chiedersi se sia “lecito” trasformare un monumento. Ovviamente si tratta di una riflessione puramente teorica ma necessaria per chi sta studiando e analizzando l’area nel suo complesso.

Molti altri spunti, di assoluta importanza, sono emersi dall’incontro col nostro ospite, spunti che il Tavolo elaborerà con grande attenzione.

E’ comunque motivo di grande soddisfazione per me e per il Tavolo tutto, vedere come la nostra metodologia, le nostre valutazioni, i parametri ed i criteri da noi adottati, siano in perfetta sintonia con quello col pensiero di personalità che operano al di fuori del nostro contesto e in ambiti diversi, ma che comunque hanno una vasta ed importante esperienza e conoscenza del mondo dell’architettura e dei luoghi urbani.

L’arch. Di Battista ha anche espresso il suo rammarico per il degrado in cui versano alcune parti importanti di città tanto che, riferendosi in particolare a piazza S. Anna, ha addirittura usato la definizione, ben nota in architettura, di “non luogo” ed il suo apprezzamento per il lavoro del Tavolo che progettando una riqualificazione dell’area adiacente al teatro romano cerca di evitare che possa diventare anch’essa un “non luogo”.

Certamente il nostro ospite ha trovato sconcertante che il Tavolo sia costretto a lavorare senza essere a conoscenza della definitiva sistemazione del teatro romano, non essendo stato possibile visionare, nonostante la gentile disponibilità dell’arch. Bellomo, il progetto esecutivo, così come altrettanto sconcertante gli è parso che non fosse stato condotto uno studio approfondito dell’area prima che si decidesse di porre un’opera un bando per un intervento di riuso del teatro stesso. Dunque, proprio alla luce di queste considerazioni, fare dell’area stessa l’oggetto di un percorso di urbanistica partecipata, fondata su uno studio approfondito come quello che il Tavolo sta conducendo, appare, anche secondo Di Battista, quanto mai opportuno.

 

*coordinatrice del Tavolo Tecnico del Sondaggio Deliberativo sulla riqualificazione dell’area archeologica del Teatro romano.

 

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