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Lo Stato ha il dovere, quando eroga importi a sei cifre agli istituti culturali privati di interesse pubblico, di verificarne la loro ‘buona salute’ sotto ogni aspetto e di tenere conto delle altre fonti di finanziamento su cui ciascun soggetto può contare, pubbliche e no. Il parere del relatore dell’Atto Governo 251, cioè alla tabella dei contributi triennali che il Ministero della Cultura accorda ai suddetti istituti, licenziato martedì 4 maggio con voto favorevole di tutti i senatori della Commissione “Cultura”, si conclude con l’importante invito al Governo “…di allegare il prospetto riassuntivo dei fondi erogati complessivamente da istituzioni statali ai singoli soggetti e – come richiesto dalla legge n. 534 del 1996 – il prospetto riassuntivo dei dati preventivi e consuntivi relativi al bilancio e all’attività di qualsiasi natura delle istituzioni culturali incluse nella Tabella di cui al provvedimento”. La richiesta è legittima e ben motivata, poiché, persino in presenza di contributi ingenti e ingentissimi, finora sono stati valutati solo parametri legati ai compiti istituzionali dei singoli istituti ma non alla loro buona o cattiva gestione finanziaria.

Esemplare è il caso dell’Istituto Luigi Sturzo, ente morale al quale andranno, nel 2021-2023, 413.000 euro l’anno invece di 310.000 come nel triennio precedente (con incremento del 33,2%), senza alcun riguardo alla grave crisi gestionale in cui versa da alcuni anni e che si riverbera sulle attività previste e finanziate con soldi pubblici. Nel 2018, infatti, per mantenere un ampio credito bancario, lo Sturzo ha adottato un piano di riorganizzazione aziendale in ragione del quale sono stati licenziati senza preavviso un terzo dei dipendenti. La riduzione del personale a poche unità ha pesato sulle attività statutarie: un settore istituzionalmente strategico come il Laboratorio Digitale è oggi pressoché immobilizzato. Altre scelte disfunzionali hanno riguardato l’attività di ricerca e pubblicazione, ormai affidata per lo più a curatele del Presidente e di accademici di lungo corso invece che a nuove generazioni di studiosi e nuovi orientamenti storiografici. Anche gli strumenti di ricerca e accesso al patrimonio sono diventati obsoleti. Se non bastasse, ampie parti di Palazzo Baldassini in Via delle Coppelle a Roma, la sede storica dell’Istituto, restaurata sempre a spese pubbliche, sono state cedute ad abbienti locatari per sopperire ad una inspiegabile mancanza di risorse economiche, cronica nonostante le entrate assicurate dalla Presidenza del Consiglio, dalla Regione, dalla Banca d’Italia e da fondazioni bancarie, dal 5 x 1000 ecc., che si aggiungono alle ingenti risorse assiduamente concesse dallo Stato. Nel 2018-2020 lo “Sturzo” ha infatti ricevuto circa 2 milioni di euro: 300.000 x 3 ex l. 534/96 e 300 x 3 come contributo straordinario per le celebrazioni sturziane del 2019 erogato dalla Legge di Bilancio 2017 (comma 334). Per il 2019, inoltre, ultimo anno pubblicato, altri 109.200 euro sono stati spesi in suo favore dalla Direzione generale Archivi. Nello stato di previsione della Legge di Bilancio per il 2021 (Atto Camera 2790 bis), in fine, compare un ingiustificato rifinanziamento per il 2021-2023 del contributo totale da 900.000 euro erogato con la Legge di Bilancio del 2017, nonostante le celebrazioni sturziane siano ampiamente superate. È indispensabile, dunque, da parte del Ministero della Cultura, inaugurare una stagione di maggiore trasparenza e maggiore buon senso nella distribuzione delle risorse, che respinga logiche trite di sapore clientelistico.

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Sen. Margherita Corrado (Misto Senato – Commissione Cultura)

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