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di Filippo Moreschi, avvocato e Responsabile Osservatorio AIDR “Digital Agrifood” 

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, presentato nei giorni scorsi al Parlamento, si occupa anche del mondo agroalimentare.

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Il Piano si articola in una parte generale e in due settori, il primo dedicato alle riforme e il secondo diviso in sei Missioni (Digitalizzazione, Rivoluzione verde e transizione ecologica, Infrastrutture, Istruzione e ricerca, Inclusione e coesione, Salute). La parte conclusiva del Piano è infine rivolta alla sua attuazione, al relativo monitoraggio e agli impatti macroeconomici.

Con riguardo al settore agricolo, il Piano preliminarmente constata l’apporto dell’agricoltura europea all’inquinamento delle acque, del suolo e dell’atmosfera per effetto degli ossidi di azoto (che fanno parte del novero dei gas serra). La porzione del Piano dedicata all’agricoltura sposa dunque gli scopi primari di tutela ambientale.

Il capitolo dedicato all’agricoltura è intitolato “economia circolare ed agricoltura sostenibile” e si trova nella Missione n. 2 (Rivoluzione verde e transizione ecologica). Esso lega inscindibilmente gli obiettivi di economia circolare alla piena sostenibilità delle filiere agroalimentari, in linea con la strategia europea “dal produttore al consumatore” (c.d. Farm to Fork), con il miglioramento della competitività delle aziende agricole e delle loro prestazioni climatico-ambientali.

Il Piano destina a tale capitolo complessivamente 5,27 miliardi di Euro.

I settori di investimento specificamente dedicati alla filiera agricola riguardano: lo sviluppo della logistica per i settori agroalimentare, pesca, acquacultura, silvicoltura, floricoltura e vivaismo; l’avvio del “parco agrisolare”; l’innovazione e meccanizzazione nel settore agricolo ed alimentare.

Ulteriori tre linee di investimento concernono progetti integrati, quali le isole verdi, le “Green communities” e la cultura sui temi e le sfide ambientali.

L’intervento sulla logistica delle filiere agroalimentari ha quale obiettivo la riduzione dell’impatto ambientale dei trasporti nel settore e, anche per mezzo della digitalizzazione, il miglioramento della capacità di stoccaggio delle materie prime e della capacità logistica dei mercati all’ingrosso. Investimenti vengono diretti al potenziamento della capacità di esportazione delle PMI agroalimentari italiane, alla garanzia di tracciabilità dei prodotti ed alla riduzione degli sprechi alimentari.

Con il tema del “parco agrisolare”, il Piano identifica quale primario settore di investimento le energie rinnovabili al servizio della produzione agroalimentare, zootecnica ed agroindustriale, mettendo l’accento sull’installazione, in particolare, di pannelli ad energia solare su una superficie complessiva pari a 4,3 milioni di mq, senza consumare suolo e realizzando una riqualificazione delle strutture produttive oggetto di intervento con la rimozione dell’amianto sui tetti, ove presente. Il tema si sviluppa in parallelo ai progetti di investimenti dedicati all’agro-voltaico, per un più facile accesso delle imprese agricole alle energie rinnovabili.

Il terzo ambito di intervento riguarda la trasformazione, anche digitale, dei sistemi produttivi agricoli, l’ammodernamento di macchinari agricoli che permettano l’introduzione di tecniche di agricoltura di precisione (es riduzione di utilizzo dei pesticidi del 25-40%) e l’impiego di tecnologie di agricoltura 4.0.

Il Piano, poi, promuove modelli integrati di sviluppo 100% green e autosufficienti, specialmente sulle piccole isole, in una logica di autonomia, gestione efficiente delle risorse e utilizzo ove possibile delle fonti di energia rinnovabile. Con l’espressione “Green communities”, invece, il Piano guarda alle comunità locali, singole o associate, e propone l’elaborazione, il finanziamento e la realizzazione di piani di sviluppo sostenibili dal punto di vista energetico, ambientale, economico e sociale. L’obiettivo è un nuovo rapporto equilibrato e sostenibile delle comunità – soprattutto rurali – con i rispettivi territori, l’impatto zero dal punto di vista dei rifiuti (zero waste production), l’integrazione dei servizi di mobilità.

Le modalità di investimento menzionate nel piano sono principalmente il credito di imposta ed i contributi in conto capitale.

Dobbiamo poi considerare che altri grandi temi trattati dal Piano nelle sue varie Missioni, anche se non specificamente dedicate all’agricoltura, possono avere una ricaduta sul settore agrifood come, ad esempio, gli interventi contemplati nella Missione 1, denominata “Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura”, a cui sono destinati oltre 40 miliardi di Euro del Piano.

Qui, il sostegno anche fiscale alla transizione 4.0 e alla trasformazione digitale di tutti i settori privati, con particolare riferimento alle PMI e ai processi produttivi, alle politiche industriali di filiera ed internazionalizzazione ha certamente un impatto anche sul settore agricolo. Similmente, gli investimenti nelle infrastrutture costituite dalle reti ultraveloci (banda larga e 5G), con lo scopo di portare le connessioni a 1 Gbps su tutto il territorio nazionale entro il 2026 sono pure destinati a portare sviluppo nel settore agroalimentare.

Anche il turismo e la cultura hanno evidenti implicazioni con il mondo agroalimentare.

Nel Piano, una specifica tipologia di investimento è dedicata alla tutela ed alla valorizzazione del paesaggio rurale. Ai redattori non sfugge la capacità del turismo di valorizzare il patrimonio paesaggistico e culturale al di fuori delle mete turistiche di maggior grido.

I luoghi dove i prodotti agroalimentari trovano origine, sviluppo e fortuna sono spesso costituiti da siti di grande interesse culturale e paesaggistico, da borghi antichi, aziende storiche, aree di pregio naturalistico ed ambientale.

Il legislatore da tempo è consapevole di questo binomio tra produzioni agricole di qualità e patrimonio culturale: si pensi alla solenne affermazione dell’art. 1 del T.U. del Vino, che proclama il vino la vite e i territori viticoli patrimonio culturale nazionale da tutelare e valorizzare negli aspetti di sostenibilità economica, sociale, culturale ed ambientale. Ancora, i concetti legislativi di enoturismo ed oleoturismo, normati di recente, fanno entrambi riferimento alle attività didattiche e culturali legate alla storia delle tradizioni e delle pratiche produttive dei territori, delle aziende, delle cantine, dei frantoi. Le tradizioni eno ed oleo-grastronomiche locali sono ormai parte del “sistema cultura”.

Raccogliendo i punti trattati, la prima impressione è che il taglio del Piano nei confronti dell’agrifood abbia una marcata attenzione ambientale, che si affianca all’esigenza di sviluppo economico, tecnologico, meccanico, di intere filiere e di molte aree e territori del nostro Paese.

È presente, nel Piano, la consapevolezza che la sfida dello sviluppo del settore agricolo possa essere vinta anche per mezzo delle infrastrutture – soprattutto quelle digitali – e grazie alla spinta verso una reale economica circolare.

Molto interessanti sono inoltre i progetti che mirano a promuovere la formazione di comunità e territori integralmente “green” e “zero waste”. Il Piano, sul punto, pur definendo le premesse indispensabili (tra cui il miglioramento e l’implementazione della gestione efficiente dei rifiuti), non è molto dettagliato e perciò sarà interessante capire come nel futuro tali iniziative verranno a dipanarsi, anche per le ricadute sociali oltre che ambientali.

Un’importante effetto avranno certamente gli investimenti e le sovvenzioni destinate al miglioramento dei macchinari, elemento di razionalizzazione e di riduzione dell’uso dei fitofarmaci nelle coltivazioni.

Andranno infine completamente esplorati e meglio dettagliati i progetti dedicati allo sviluppo del turismo nelle zone rurali. Come detto, il legame tra patrimonio culturale, turismo e produzioni agricole è sempre più intenso, affonda le radici nella millenaria storia italiana ed è destinato, se adeguatamente valorizzato, a sicuri benefici sociali ed occupazionali.

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