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Foto: manifesti elettorali distrutti sul muro

Di Mahmoud Hakamian

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Il ministro degli interni del regime iraniano ha annunciato i nomi dei candidati approvati dal Consiglio dei Guardiani per partecipare a queste elezioni fasulle. Il Consiglio dei Guardiani ha epurato tutti i candidati tranne sette dei funzionari più fedeli alla Guida Suprema, Alì Khamenei.

In una dichiarazione, la signora Maryam Rajavi, presidente eletto del Consiglio Nazionale della Resistenza dell’Iran (NCRI), ha detto che ” Khamenei ha preso provvedimenti per consolidare il regime e massimizzare la repressione, eliminando i candidati alle presidenziali che hanno partecipato a tutti i crimini del regime negli ultimi 40 anni. Questo è un chiaro segno della crisi di rovesciamento del regime e della fase finale della dittatura religiosa e terroristica”.

La signora Maryam Rajavi ha, inoltre, invitato il popolo iraniano a boicottare a livello nazionale la farsa delle elezioni.

Il regime iraniano è notevolmente preoccupato per la prospettiva di un’affluenza storicamente bassa alle elezioni del mese prossimo. Il sentimento emerge dai vari commenti pubblicati dai media di stato nelle ultime settimane.

Il quotidiano Hamdeli, che è strettamente associato ad una fazione politica di ” linea dura”, il 25 aprile riportava:” tutti i candidati affrontano un serio ostacolo dalla non partecipazione alle elezioni”. Lo stesso articolo avvertiva che”le conseguenze sociali” di quella non partecipazione sono estremamente diffuse e destano profonde preoccupazioni per i funzionari del regime sulla scia dei recenti disordini a livello nazionale.

Nel dicembre del 2017 le proteste contro il peggioramento delle condizioni economiche in Iran interessarono molte città, assumendo poi una chiara connotazione politica. Nel mese successivo erano più di cento le località interessate alla protesta e i manifestanti cantavano slogan durissimi contro il regime come ” Morte al dittatore” ed altri in cui si chiedeva il cambio di regime.

Hamdeli ha fatto  esplicito riferimento alla rivolta del 2019 nel suo avvertimento sul potenziale per un boicottaggio ampiamente organizzato delle elezioni farsa. Altri hanno fatto lo stesso, tra cui Jahan-e Sanat, che ha sottolineato le lamentele irrisolte associate ad ogni recente movimento di protesta. ” Una gran parte della società ha boicottato le elezioni a causa della cattiva gestione della pandemia di coronavirus, dei problemi economici, della pressione sul sostentamento delle persone e della negligenza dei funzionari riguardo agli eventi sociali del gennaio 2018 e del novembre 2019″, si legge in un articolo del 25 aprile. “Dato lo status quo, una significativa affluenza alle urne è improbabile”.

Questa citazione è particolarmente significativa perché sottolinea i fili comuni che attraversano entrambe le rivolte, l’emergente boicottaggio elettorale e il fatto che un ampio segmento della popolazione ” ha boicottato le elezioni” in passato. La diffusa aspettativa di una bassa affluenza il 18 giugno si basa in parte sul successo della campagna che ha preceduto le elezioni parlamentari del regime nel febbraio del 2020.

In quel caso, anche le statistiche ufficiali del regime, che sono gonfiate in tali questioni, hanno riconosciuto che meno della metà degli elettori ha partecipato, rendendola l’elezione più impopolare nei 40 anni di regime.

Questo risultato è stato una testimonianza dell’escalation del conflitto del popolo iraniano con il regime, ma soprattutto è stato un testamento agli sforzi organizzativi del principale gruppo di opposizione pro- democrazia, l’ Organizzazione Popolare Mojahedin dell’ Iran (PMOI/MEK).

Il MEK ha costantemente esortato l’opinione pubblica a non partecipare alle “elezioni fasulle” come un modo per ” votare per il cambio di regime” e negare la legittimità ad un sistema che impedisce a tutti, tranne ai più fedeli accoliti della Guida Suprema clericale, di ottenere una carica di governo.

Le unità di resistenza del MEK in tutto l’Iran sono attualmente al lavoro per promuovere questo obiettivo. Manifestazioni pubbliche, manifesti e graffiti sono stati identificati in almeno 250 località nel solo mese di aprile e tutti hanno ribadito con forza l’idea che votare equivale a votare per il cambio di regime.

Sulla base della prevalenza di questo messaggio, di deve presumere che praticamente tutti gli attivisti iraniani siano consapevoli delle implicazioni quando sostengono il boicottaggio elettorale.

Innumerevoli cittadini lo hanno fatto nelle ultime settimane, tra cui pensionati e vittime di truffe di investimento gestite dal governo. Gruppi di questi cittadini hanno preso parte a proteste in gran parte del paese e la maggior parte di esse sono state caratterizzate da slogan che dichiaravano che i partecipanti ” non avrebbero più votato” di fronte alle persistenti bugie e agli errori giudiziari.

Le unità di resistenza del MEK sono state molto attive nella campagna di boicottaggio delle elezioni nella piena consapevolezza del fatto che chi fa una cosa del genere potrebbe finire in prigione o essere soggetto a procedimenti giudiziari, tortura o addirittura ad esecuzione capitale.

In recenti interviste con le reti di notizie satellitari associate all’opposizione democratica, un certo numero di unità di resistenza sono state inequivocabili sulla loro volontà di fare l’ultimo sacrificio, se necessario, per il compimento di questo obiettivo. Nel frattempo, i media statali continuano a ripetere semplicemente  le preoccupazioni sulla prospettiva di un boicottaggio diffuso che porti ad una nuova rivolta. La settimana scorsa, il quotidiano Sharq ha osservato che le condizioni che stanno dietro quella prospettiva sono “un grande pericolo” e che se non vengono sradicate dalla società iraniana, l’effetto sarà “schiacciante” per la leadership del regime.

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