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Di Pasquale D’Aiuto, Avvocato.

Venerdì 4 giugno i rappresentanti del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Salerno, i Colleghi in procinto di rendere il prescritto giuramento per l’esercizio della professione ed i propri cari hanno dovuto tollerare le forche caudine dell’identificazione dalle Forze dell’Ordine per poter accedere alla simbolica aula Parrilli presso il Tribunale di Salerno, oggi sede del Giudice di Pace.

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Volevano impedirci l’ingresso in casa nostra, abbiamo dovuto (garbatamente) forzare la mano. Eppure, gli organizzatori avevano soddisfatto ogni onere. Eppure, il COA Salerno aveva già autorevolmente – ed in tempi non sospetti – posto il problema dell’utilizzo e della cura della Parrilli così come della biblioteca De Felice e dell’aula Gassani e di altri spazi dedicati alla Categoria.

Ma quand’anche non fosse stato? Quand’anche non avessimo “avvisato” correttamente? Avrebbero mai potuto, legittimamente, fare quel che hanno fatto?

No, la risposta è comunque, sempre no. Sdegno unanime, dunque: quell’aula contiene in sé la narrazione della classe forense salernitana e non solo; quel Tribunale è lo storico teatro di mille e mille battaglie, di drammatici scontri, emotivi e tecnici, di vicissitudini autenticamente umane. Chi si permette di non farci entrare? Ben hanno fatto i Colleghi, che non si sono lasciati intimorire: già la professione è diventata un dedalo di trappole ed incertezze, perché lasciare che cominciasse con una cocente delusione per i nuovi arrivati?

Però, qui, non può bastare il semplice sdegno. Non può esser sufficiente l’acclamazione per il contegno mostrato: dobbiamo seriamente analizzare le ragioni di un declino che, ieri, si è palesato con enorme nitore. Declino di tutta la classe, mica solo quella salernitana! E dobbiamo agire.

Il punto è che siamo già ben oltre la linea di guardia: doveva accadere. Era solo questione di tempo: noi già non avevamo più le chiavi di casa nostra. Non possiamo accedere – solo per il covid? – liberamente nella Cittadella; le file innanzi alle cancellerie sono una realtà evidente ed insopportabile da anni; le udienze sono divenute spettri, tra il trionfo d’un frainteso procedimento telematico ed i rinvii di lustri… Non fermiamoci al mero aspetto formale!

La verità è che noi Avvocati non siamo più rispettabili, il nostro decoro è offuscato. I nostri simboli, i nostri simulacri di una nobiltà che fu, già scoloriti a causa di infinite criticità, oggi ci vengono fisicamente sottratti. Siamo arrivati al punto che dobbiamo lottare per reclamare spazi e segni che ci appartengono da sempre. Ci stanno privando della nostra stessa linfa e noi continuiamo a fingere che “andrà tutto bene”, per usare un’espressione che ha avuto davvero troppo successo.

Chi (ma chi?) voleva impedire di far giurare i nostri neo-Colleghi nella prestigiosa, cara aula Parrilli si unisce soltanto al coro di chi sta facendo di tutto per eliminarci. E da molti anni: con una legislazione impazzita, con organici del comparto ridotti sempre più all’osso, con tempi per un qualsiasi provvedimento mastodontici e senza speranza; con rinvii d’udienza ad anni ed anni, con la riduzione delle tariffe forensi ad elemosine, con l’indiscriminato accesso alla Professione ridotta a refugium peccatorum; con sistemi di soluzione delle controversie alternativi alla vertenza percepiti come giochetti gratuiti (ma a che serve la c.d. negoziazione?!); con un patrocinio a spese dello Stato sempre più povero ed incerto, con il trattamento discriminatorio della Giustizia di Pace.

Con magistrati troppe volte più adusi alla “politica” che al Diritto.

Con le strutture sempre più obsolete e desolate, con le spese di causa non protette da forme di garanzia patrimoniale, con la sostanziale disparità tra accusa e difesa nei giudizi penali, con le sentenze schizofreniche, con i costi per accedere al contenzioso schizzati alle stelle, con il divieto di autenticare le sottoscrizioni se non per i mandati… e potrei continuare per ore!

Ma pure a causa delle nostre colpe, perché chiniamo il capo, perché difettiamo nella nostra stessa rappresentanza. Eppure, siamo i primi a possederne i mezzi! Ecco perché plaudo alla fermezza mostrata ieri dal mio COA. Ma deve divenire un’abitudine, deve essere solo l’inizio: per tutti noi, Consiglieri e non. Che sia già tardi?

Doveva accadere ed è accaduto, quindi: è avvenuto a Salerno ma sarà così ovunque ed in forme diverse, ugualmente intollerabili. Invero, succede ogni giorno, ovunque, dapprima nella comune percezione di noi e della nostra alta funzione, che pure costituisce il fondamento della convivenza civile e, quindi, della civiltà stessa!

Non dobbiamo soltanto riappropriarci della Parrilli: dobbiamo riappropriarci di noi stessi.

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