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Editoriale – Elezioni iraniane 2021: aggrapparsi a qualsiasi cosa per salvare una nave che affonda

 

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Mahatma Gandhi una volta disse: “Nel corso della storia ci sono stati tiranni e assassini, e per qualche tempo possono sembrare invincibili. Ma alla fine cadono sempre – pensateci, sempre”.

Su tale conclusione non ci sono dubbi. Ma, poco prima di cadere, le tirannie tipicamente optano per uno di due percorsi consequenziali. Alcuni si arrendono alla realtà e si sentono di troppo. Accettano la sconfitta o riforme pacifiche. Altri sono incapaci di riforme e non hanno altra opzione che diventare ancora più tirannici.

Il regime in Iran appartiene a quest’ultima categoria di paria internazionali. Con l’ascesa dell’assassino di massa Ebrahim Raisi come prossimo presidente del regime, i mullah hanno sostanzialmente deciso di intensificare la loro guerra contro il popolo iraniano.

Qui c’è una grande lezione per la comunità internazionale: per il regime iraniano, i calcoli più consequenziali sono interni. Il popolo iraniano ha da tempo rifiutato il dominio clericale assoluto come completamente illegittimo, criminale e incompetente. Le “elezioni” sono disprezzate come una farsa, una messinscena, o un tentativo patetico e disperato di pretendere anche la minima parvenza di legittimità in patria e all’estero.

Ma, secondo tutti i segnali, gli iraniani eviteranno le elezioni presidenziali del 18 giugno. In seguito all’appello della presidente-eletta del CNRI Maryam Rajavi, la rete MEK e le Unità di Resistenza hanno lanciato una campagna nazionale che esorta i cittadini a non votare, terrorizzando Khamenei, che ha avvertito che boicottare la farsa elettorale sarebbe un peccato cardinale!

Molte madri in lutto dei manifestanti uccisi durante le rivolte di massa del novembre 2019 hanno diffuso video virali, esortando tutti a stare lontani dai seggi elettorali e invece a “votare per il rovesciamento”.

In effetti, le richieste di “rovesciamento” sono la kryptonite del regime clericale. In virtù della sua posizione di autorità suprema del regime, la “Guida Suprema” dei mullah Ali Khamenei sente questo appello popolare più di chiunque altro. Ora è intrappolato tra l’incudine e il martello.

C’è una moltitudine di crisi senza precedenti che attanagliano il regime. Un’economia in completo e totale caos è solo una di queste. La cattiva gestione economica, la corruzione astronomica e il perseguimento di progetti nucleari e terroristici a spese del popolo iraniano hanno spinto milioni di persone sotto la soglia assoluta della povertà.

Se Khamenei cede alle richieste del popolo sull’economia e sui diritti umani, ad esempio, dovrebbe anche arrendersi alla comunità internazionale sul terrorismo e sul portafoglio nucleare. Farlo significherebbe essenzialmente scegliere la strada delle riforme, che alla fine porterebbero al rovesciamento del brutale regime tirannico a causa dei numerosi crimini che ha già commesso contro il popolo iraniano.

D’altra parte, se Khamenei scegliesse di adottare una postura più aggressiva – cosa che da tutte le indicazioni sembra essere la sua decisione, con la squalifica di tutti gli altri seri candidati presidenziali tranne Raisi – allora susciterebbe più risentimento popolare, proteste, atti di ribellione e infine il rovesciamento. Ad ogni modo, sta navigando su una nave che affonda.

Khamenei ha scelto quest’ultima strada, confermando ancora una volta che il regime è incapace di riformarsi. L’ascesa di Raisi è la campana a morto del regime. È stato una figura chiave nel massacro di oltre 30.000 prigionieri politici nel 1988, a seguito di un decreto religioso emesso da Khomeini per liquidare tutti i membri dell’OMPI/MEK che si rifiutavano di denunciare l’organizzazione. Molti giovani hanno recentemente usato per descrivere Raisi l’hashtag “Boia del 1988”, che poi ha fatto tendenza su Twitter. È così disprezzato che al popolo iraniano non resta altra conclusione che il fatto che il regime si stia preparando per una guerra totale contro la popolazione.

Ci sono lezioni cruciali qui per la comunità internazionale. Il regime è incapace di riforme. La narrativa “moderati” contro “intransigenti” è obsoleta. Il popolo iraniano chiede il rovesciamento dell’intero regime. Khamenei ha ora tracciato una linea nella sabbia: chi si ribella ai mullah avrà a che fare con lo scagnozzo Raisi. Ma il popolo iraniano non si tirerà indietro.

La comunità internazionale deve tracciare la propria linea sulla sabbia, prestare attenzione all’appropriata osservazione storica di Gandhi, smettere di accondiscendere e di negoziare con una tirannia disperata che cerca di sopravvivere con ogni mezzo necessario, e adottare una politica ferma nei confronti degli illegittimi mullah.

 

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