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 Nel suo nuovo libro Antonio e la lucertola. Dal paradigma imputatocentrico al paradigma offesocentrico, da domani in tutte le librerie, il magistrato Silvia Cecchi riflette sulla necessità di superare la logica che informa tuttora sia l’impianto sanzionatorio che l’interpretazione e l’applicazione delle norme penali. Perché, come sottolinea nella Premessa, «un sistema penale che vacilla sotto l’attacco di critiche e perplessità, dal suo interno come dal suo esterno, e di cui nessuno è contento, ci interroga sui fondamenti primi su cui esso si regge.» Quale potrebbe essere allora la soluzione possibile? Sostituire il paradigma imputatocentrico, un di­ritto penale del fatto e dell’offesa come quello previsto dalla Costituzione, con il paradigma offesocentrico: una rotazione prospettica che apporterebbe impor­tanti beneficî, utili a chiarire le ragioni della penalità, a interpretare e applicare in concreto le norme penali e a individuare le sanzioni più appropriate.

L’occasione di imbastire questa riflessione è data all’autrice dall’incontro con un detenuto di lungo corso di nome Antonio, avvenuto durante un permesso premio di tre giorni che l’ergastolano trascorre nella canonica del cappellano del carcere di sicurezza in cui è recluso. Durante il colloquio, ascoltando la sua storia e i suoi trascorsi delittuosi, gli suggerisce la lettura di un significativo libro-memoriale scritto da un altro detenuto, ripromettendosi di raccontargli al prossimo incontro il mito di Narciso ed Eco, perché solo quando riconoscerà se stesso in entrambi (l’io-narciso crudele e il dolore di Eco che diventa il suo dolore) potrà comprendere la propria carriera criminale e arrivare alla coscienza di sé.

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La Cecchi, sostituto procuratore presso la Procura di Pesaro, offre con questo scritto un’ottica interpretativa differente per la trattazione dei problemi più delicati della penalità contemporanea, con l’intento di richiamare l’attenzione su temi usciti già da qualche anno al di fuori della ristretta cerchia di studiosi e magistrati, ed entrati nella coscienza di tutti i cittadini.

«Occorre allora – scrive – almeno un carcere diverso, che preveda l’esperienza di questi momenti fondamentali per la ricostruzione del sé. […] Occorre una diversificazione delle sanzioni penali rendendole responsoriali, se vogliamo che la sanzione sia “rieducativa” […] Occorre che ogni tipologia di sanzione preveda contenuti relazionali». Occorre quindi, al momento della scelta e dell’applicazione ed esecuzione della sanzione, valutare la complessità della persona, la sua storia, la sua indole.

Chiudono le riflessioni due lettere di un altro Antonio, Antonio Gramsci, che dal carcere di Turi nel 1929 scrive al figlio Delio: “Ed io ti darò notizie di una rosa che ho piantato e di una lucertola che voglio educare”. Il volume è arricchito da una Postfazione di Rosario Salamone, Giudice onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Roma e direttore dell’Ufficio Scuola della Diocesi di Roma.

Silvia Cecchi ha già pub­blicato per Liberilibri Giustizia relativa e pena assoluta. Argomenti contro la giuridicità della pena carceraria (2011) con Postfazione di V. Mathieu; Sulla pena. Al di là del carcere, insieme a G. Fiandaca, G. Di Rosa, P. Bonetti, M. Della Dora (2013); Partire dalla pena. Il tramonto del carcere, insieme a G. Di Rosa, T. E. Epidendio, con Prefazione di L. Eusebi (2015).

 

Silvia Cecchi, Antonio e la lucertola. Dal paradigma imputatocentrico al paradigma offesocentrico, Postfazione di Rosario Salamone, Liberilibri 2021, collana Oche del Campidoglio, pagg. 122, euro 13.00, ISBN 978-88-98094-80-6

 

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