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ItsArt, il golem di Franceschini, rischia di fare la stessa fine miserevole di italia.it del 2007 e di verybello.it del 2015. Il Ministro pare infatti dotato di un tocco magico che, diversamente da quello del leggendario re Mida, capace di trasformare ogni cosa in oro, nel suo caso muta tutto quello che promuove in fumo, o meglio, in profitti per i privati investitori, coinvolti con il minimo sforzo e il massimo guadagno, e in fumo per i cittadini, chiamati sempre e solo a sborsare denaro. Il 31 maggio scorso, in effetti, in concomitanza con la riapertura di cinema, teatri ecc., dunque con pessimo tempismo, è partita la tanto decantata (dal solo Ministro) piattaforma ItsArt. Al momento, però, gli artisti italiani la disertano, perché garantisce esclusivamente la distribuzione digitale del prodotto (e neppure in abbonamento, solo a noleggio o in vendita), non il costo d’impresa di eventuali nuove produzioni, mancando perciò di incentivare in alcun modo il settore. Sulla home page, premesso che ItsArt si raggiunge ancora da motore di ricerca, si trovano tre sezioni, dedicate rispettivamente ai teatri, ai musei e ai film/documentari, ma la proposta è oggi di soli 28 film (su 700 contenuti totali), parte dei quali hanno un costo maggiore che se acquistati su Chili TV, e comunque sono fruibili anche altrove (spesso gratis), mentre alcuni dei documentari si possono vedere gratuitamente su Raiplay. Le esclusive sono una ventina, non tutte corredate da un’opportuna descrizione, ed è ancora in gran parte di là da venire “l’accesso a dirette e registrazioni di spettacoli di teatro, danza, concerti e arti performative…tuor virtuali nei musei, visite a festival culturali”, mentre in generale l’offerta di cultura italiana è oggi solo parziale e tutt’altro che contemporanea. Con l’interrogazione n. 3-02640, pubblicata il 22 giugno, ho chiesto al Ministro, insieme ai colleghi senatori Granato (che già mesi addietro aveva presentato una interrogazione in merito), Angrisani e Lannutti, non solo: “perché nel CdA …non compaia alcun soggetto riconducibile al Ministero della Cultura, escluso quindi da qualsiasi controllo diretto sulla società partecipata, benché abbia contribuito con 10 milioni di euro alla nascita di quella che è stata lanciata da Franceschini, il 18 aprile 2020, come “una sorta di Netflix della cultura italiana”, mentre alla prova dei fatti è stata a ragione ribattezzata “la Chili della cultura italiana”, poiché un impietoso confronto dimostra che la prima esiste già ed è, se mai, Raiplay”. Inoltre: “perché il taglio dato alla piattaforma digitale ItsArt sia connotato, almeno finora, a giudicare cioè dai pochi contenuti disponibili, soprattutto nell’ottica di una fruizione turistica del Paese, invece che in un’ottica culturale in senso pieno, capace cioè di veicolare a tutti i pubblici potenzialmente raggiungibili contenuti di qualità”.

 

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Margherita Corrado (Senato, L’alternativa c’è) – Commissione Cultura

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