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Il Presidente del Consiglio Mario Draghi, in risposta all’intervento della Chiesa cattolica sul Ddl Zan, definito “invasione di campo senza precedenti” (negli anni’70, però, la legge ‘Fortuna-Baslini’ sul divorzio accese lunghi dibattiti) ha di recente ribadito che l’Italia è uno Stato laico, non confessionale.                                                                                                                                 Dalla entrata in vigore nel 1948 della Costituzione la laicità ha costituito nella dottrina e nella giurisprudenza una questione di importanza primaria perché i principi costituzionali potessero attuarsi. Si è pertanto rivisto il Concordato del 1929 con il Patto di Villa Madama entrato in vigore il 1985. Le revisioni apportate non sono, però, ritenute adeguate ad una società democratica che ha come obiettivo la imparzialità dello Stato in materia religiosa. Una imparzialità frutto del principio di laicità per il quale non sono previste preclusioni alla procreazione assistita, al riconoscimento di convivenze diverse dal matrimonio eterosessuale, al testamento biologico. La laicità è quindi aconfessionalità dello Stato e sua neutralità.                      E’ la laicità presente da tempo remoto se rileggiamo il 7° principio della Costituzione della Repubblica Romana approvata il 1° luglio del 1849, secondo il quale l’esercizio dei diritti privati e pubblici dei cittadini non dipende dalla loro credenza religiosa. Possiamo rileggerlo pure sul monolite in ferro e calcestruzzo voluto dall’allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, divenuto parapetto sul Belvedere del Gianicolo, inaugurato il 17 marzo 2011 dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.                                                       Già in quella Costituzione c’era il principio della laicità per il quale lo Stato non favorisce nessuna fra le dottrine religiose, morali e filosofiche professate dai cittadini che sono poi tenuti solo a rispettare le leggi dello Stato.                                                                                                                                       La laicità, però, non deve essere anticlericalismo o antireligione perché non può implicare disprezzo per la religione e i religiosi. I seguaci di una dottrina religiosa, nel nostro caso la cattolica, devono meritare rispetto. Il pericolo è che nella laicità, principio da accogliere perché racchiudente in sé la libertà, possano subentrare secondi fini per i quali si arrivi all’insulto e alla condanna, proprio a ciò che la laicità deve rifiutare. Essere laici significa infatti lasciare a tutti la possibilità di avere una posizione ideologica e politica su criminalità, droghe, organi geneticamente modificati e altro. Se la laicità non deve proibire comportamenti generalmente non da tutti accetti e deve, invece, far volgere alla tolleranza, che sia, però, questa anche nei confronti di coloro che quei comportamenti non hanno. Essere laici non deve significare essere laicisti e illiberali nel mentre si propugna la libertà, questa non può essere unidirezionale.                                                                                                                    Laicità poi non è indottrinare i minori come nei regimi totalitari, senza che i genitori possano opporsi a che i figli non vengano feriti nella sensibilità. Non pensiamo, come alcuni, che sia un disegno per drag queen, per business da realizzare con il cambio di sesso, ma inquieta il carico riversato su quel mondo che ha diritto di poter vivere il tempo della gioia con libera socialità verso chi vuole senza indottrinamenti per sviamenti.

                                                          Antonietta Benagiano

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