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Micol Bruni

Sciascia l’inquieto sereno o l’enigma paziente? Oltre la cronaca resta il pensiero o la mancanza di pensiero. Credo che Sciascia sia stato il più lucido e contraddittorio “intellettuale” dell’ultima stagione del Novecento. Certamente il più conflittuale nella sua Ragione ma anche nella sua forza di cercare di capire i fatti e le “cose”.

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Un enigma perché cercò di conciliare in una stretta di visioni culturali e di pensiero forte Manzoni e Pirandello. Contraddittorio perché tentò di comprendere la scienza con Roussel e Majorana. Puntò a catturare la “logica” del metodo inquisitorio e si perse volontariamente nei meandri del “Consiglio d’Egitto”. Si fece sociologo e antropologo su questioni come la mafia e l’uccisione di Moro ma si fece convincere dalle ideologie cedendo ai comunisti e ai radicali. Fatto che considero di una enorme gravità soprattutto per un intellettuale che si è sempre considerato “contro” ma che, nonostante tutto, ha dimostrato di non esserlo fino in fondo.

 

La lezione di Manzoni fu importante proprio nelle sue considerazioni su don Abbondio che per Sciascia resta un punto centrale. È come se la vita umana si muovesse intorno ai don Abbondio. Ma Pirandello gli insegnò l’ironia dell’assurdo partendo dalla pratica del razionale di Voltaire. I suoi primi libri  ovvero quelli sulla mafia, restano semplicemente cronaca e non letteratura. La sua Sicilia non è solo una metafora. Potrebbe essere vissuta “come una metafora” ma è una geografia. Non amò la teologia anche se raggiunse un compromesso con la religione.

 

I libri che hanno una loro peculiarità sono il Majorana, “Il cavaliere e la morte”, “La strega e il capitano”, “Morte dell’inquisitore”, “Il mare colore del vino”, “Una storia semplice”. Ingiustamente si creò una polemica sulla sua posizione dei “professionisti dell’antimafia”. Non venne capito ma aveva perfettamente ragione.  Il problema che oggi si pone è perché Sciascia decise di scendere direttamente nell’agone politico? Una esperienza dolorosa e non convincente. È come se avesse dato ragione alle affermazioni di Guttuso. Ma Guttuso fu un politico navigato prima con il Fascismo e poi con il Comunismo. Mai libero mai artista vero. Si fece sempre condizionare sia al tempo di “Primato” che all’eco di bandiera rossa. Mai artista libero. Ovvero mai artista.

 

Sciascia nonostante la sua esperienza politica non si lasciò condizionare e il suo splendido libro su Moro è una vera testimonianza. Comunque, Sciascia fu l’enigma dell’intellettuale. Con perseveranza fissò la sua idea sullo scetticismo del pensiero. In letteratura resta lo scrittore che lesse la storia non con la Ragione ma con lo scetticismo. L’unica verità possibile per superare Dante e riproporre Manzoni con Pirandello in uno scenario dove le contraddizioni sono diventati conflitti e la letteratura è un ragionare senza profezia.

 

Sul tema di Sciascia e l’enigma la Nemapress editrice ha pubblicato un testo a più voci che sarà in distribuzione in questi giorni che presenta queste problematiche che hanno una loro straordinaria forza intuitiva. In fondo Sciascia fu l’enigma della ragione che mise in discussione la stessa ragione attraverso lo scetticismo del pensiero.

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