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Spesso, in questi ultimi tempi, parlando con Caterina, la mia compagna di vita, le confido la mia incapacità di riproporre  riti che hanno accompagnato l’esistenza del Circolo in tutti questi anni di esistenza. Forse son diventato pigro, forse troppo anziano,  forse ritengo che il tempo per le celebrazioni sia ormai passato, forse è sempre più difficile creare una aggregazione reale, basata sulla presenza. Ma vedo che questa tendenza a rarefare gli incontri e le manifestazioni non è soltanto un “mio” problema, mi sembra che a vari livelli stia avvenendo in diversi strati della società. La società si sta sempre più virtualizzando, anche grazie al distanziamento sociale ed alla paura del “contagio”. Dobbiamo tenerne conto di questo precipitare nell’immaginario, di questa astrazione dal mondo che ci circonda per vivere sempre più in una scatoletta o, come diceva Platone, dentro la grotta dei nostri pensieri e delle immagini proiettate su uno schermo.

Perché vi sto raccontando tutto questo? Beh il 6 luglio ricorrerebbe la Festa dell’Anima Gemella, uno degli eventi portanti vissuti in passato al Circolo, nel tentativo di riscoprire un vero rapporto d’amore, fra esseri umani e la natura.

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(Un esempio?   http://www.circolovegetarianocalcata.it/2008/06/23/dopo-cinquemila-anni-la-ri-scoperta-dellanima-gemella/)

6 luglio 2021 – Eventi mancati: niente festa dell’anima gemella

…al Circolo vegetariano di Treia ricorrerebbe la consueta celebrazione per “L’Anima Gemella”, che cade il 6 luglio, festa di Santa Maria Goretti. Ma stavolta sono solo, non c’è Caterina con me, se n’è andata per una settimana in vacanza al mare, a Gabicce,  sono provvisoriamente “zitello” e tra l’altro  non sono neanche a Treia, sono a Spilamberto a svolgere mansioni di cat-sitter.

Così quest’anno rinunciamo alla “festa dell’anima gemella”, anche perché il nostro appeal è limitato e gli amici che ci seguono, venendoci a trovare da varie parti d’Italia, non possono partecipare a molti incontri, quindi abbiamo dovuto restringere gli eventi… Peccato però perdere questo bell’appuntamento che in passato riscosse l’attenzione della stampa nazionale ed alla prima edizione di Calcata del 1993 vennero anche parecchie televisioni a riprenderci. Quella fu una manifestazione romantica che inneggiava all’intimità ed al rispetto reciproco, cose che evidentemente oggi non tirano più… oggi tirano manifestazioni di “sfogo”, dopo il lungo lockdown impostoci da Speranza,  dove tutto è omologato in un divertimento squallido e consumista, con musicacce a palla e bevute notturne. Però, visto che la ricorrenza me lo consente, riporto qui alcune considerazioni sulla prima edizione dell’Anima Gemella.

Uno degli argomenti portanti della prima edizione della Festa dell’Anima Gemella toccava il tema del “zitellaggio obbligato” a cui erano spesso costrette le ultime nate che dovevano accudire i genitori e gli eventuali figli maschi non sposati.

Ecco ad esempio cosa diceva, parlando della nostra Festa, Nadia Tarantini nel suo articolo sull’Unità del 3 luglio 1993, proprio toccando questo argomento: “..Come un gioco di dadi deciso quando si era troppo piccoli per reagire, ogni famiglia e ogni padre o madre possessiva aveva la ‘sua’ zitella, la figlia destinata ad accudire i vecchi genitori, programmata con il consenso della pubblica opinione, innaffiata come una pianta rara con i peggiori luoghi comuni sull’infelicità del matrimonio e della prole.

Un testing precoce candidava la più timida, o la più sensibile, diciamo anche la più malleabile. Eppure non sempre il teorema riusciva, fanciulle ribelli ne son sempre nate nel seno delle famiglie più sessuofobe. Ai maschi lo ‘zitellaggio’ era dato solo quando non si era gli unici a perpetuare il patrimonio. Bei tempi quando attorno ad uno scapolone si affaccendavano liete tutte le donne della famiglia, la madre longeva, seguita in corteo dalle zitelle restate in casa dai differenti strati generazionali: la prozia, la cugina, la sorella. Aveva bensì lo scapolo maturo una sua vita affettivo sessuale, tutta circonfusa di segreto e mai travalicante la tarda serata, prime ore della notte, in modo che al mattino il rituale delle domestiche cure potesse ripartire..”

Paolo D’Arpini

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