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Il paradosso dei commissari

 

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Dobbiamo con rammarico ma senza rassegnazione, evidenziare che la vicenda regionale rischia di essere un enorme pantano per il Partito Democratico, ostaggio di logiche poco intellegibili e preda di battaglie di posizionamento interne che nulla hanno a che vedere con le politiche che servirebbero alla Calabria. Si fa strada nell’elettorato, allora, lo sgomento per una gestione del tutto approssimativa della vicenda elettorale regionale, passata da una scarsa attitudine alla composizione di alleanze credibili e credibilmente ancorate ad un campo di centrosinistra, all’appiattimento su logiche “romane” che hanno sfilacciato il rapporto con il popolo democratico calabrese proponendo una “sventurata” e fugace candidatura. È diffusa in quel popolo l’idea che vi sia una assoluta incapacità di gestire il Partito democratico in Calabria. Peggio, un disinteresse al superamento degli assetti ereditati dal passato.

È necessario agire in fretta su due fronti, per poter sperare in un recupero quantomeno di dignità nel PD: agire sul totale rinnovamento della classe dirigente del PD calabrese, logorata nell’azione e nell’immagine, troppo “lisa” per essere considerata ancora l’interlocutore giusto, tanto per gli alleati del campo riformista quanto per il corpo elettorale, oramai fin troppo disincantato; tenere presente che ci si può proporre come interlocutori politici solo se si è riconosciuti credibili nel porre le questioni.

In questi anni il partito nazionale ha dismesso qualsiasi investimento nella crescita di una classe dirigente locale finalmente rinnovata, propinando la soluzione del “commissariamento” del partito regionale e di alcune federazioni provinciali, come se ciò fosse garanzia di cesura con le passate gestioni. Salvo, poi, dover notare che paradossalmente i commissari, ad ogni livello, per la assunzione di qualunque decisione hanno sempre fatto riferimento  al gruppo dirigente “commissariato” proprio in quanto riconosciuto responsabile delle catastrofi elettorali e dello smembramento della nostra comunità, al solo fine di preservare la propria sopravvivenza politica. Ci chiediamo che senso abbia e ci domandiamo se tutto ciò non sia precisa attuazione dei dettami del gattopardo oramai scritti a fuoco nei manuali di politica in vigore in Calabria e nel meridione in generale: cambiare tutto perché nulla cambi, mentre le persone chiedono a gran voce rinnovamento vero e credibilità degli attori del dibattito politico. Anche l’avvio della stagione dei congressi, da celebrarsi dopo le elezioni, per come detto di recente dal commissario del PD calabrese, in questo stato di cose rischia di essere un ulteriore meccanismo di attuazione di quel principio.

Dopo la reggenza di Marco Miccoli della Federazione di Cosenza, che nulla ha modificato nel partito ma si è limitata ad eseguire un mandato di parte, nella logica del sostituismo e del dirigismo, è arrivato a Cosenza lo stesso Boccia a porsi quale garante della coincidenza della linea politica cosentina con quella calabrese. Ma quale linea?

Nel quadro attuale, in cui si intravvede il risultato scontato di arrivare terzi, è quanto mai necessario che Boccia e Graziano pongano come priorità assoluta l’unità di tutte le forze del centrosinistra, elaborando un programma di risanamento e di crescita necessari per recuperare le perdite determinate dalla pandemia (9 punti di pil) e rimediare alla diffusione del disagio e della povertà. Sul tavolo ci sono gli investimenti del Pnrr e della programmazione comunitaria, il disastro della sanità e i diritti di cittadinanza negati ormai da troppo tempo. Il PD non può consegnare, senza combattere, a Occhiuto e Spirlì la gestione della regione in una fase così delicata e importante. Altrimenti purtroppo si avvalorerebbe il diffuso sospetto del trasversalismo che da anni aleggia in Calabria e mantiene in vita gruppi dirigenti ben conosciuti e riconoscibili”.

CONTROCORRENTE Associazione politico culturale (11 luglio 2021)

 

 

Dobbiamo con rammarico ma senza rassegnazione, evidenziare che la vicenda regionale rischia di essere un enorme pantano per il Partito Democratico, ostaggio di logiche poco intellegibili e preda di battaglie di posizionamento interne che nulla hanno a che vedere con le politiche che servirebbero alla Calabria. Si fa strada nell’elettorato, allora, lo sgomento per una gestione del tutto approssimativa della vicenda elettorale regionale, passata da una scarsa attitudine alla composizione di alleanze credibili e credibilmente ancorate ad un campo di centrosinistra, all’appiattimento su logiche “romane” che hanno sfilacciato il rapporto con il popolo democratico calabrese proponendo una “sventurata” e fugace candidatura. È diffusa in quel popolo l’idea che vi sia una assoluta incapacità di gestire il Partito democratico in Calabria. Peggio, un disinteresse al superamento degli assetti ereditati dal passato.

È necessario agire in fretta su due fronti, per poter sperare in un recupero quantomeno di dignità nel PD: agire sul totale rinnovamento della classe dirigente del PD calabrese, logorata nell’azione e nell’immagine, troppo “lisa” per essere considerata ancora l’interlocutore giusto, tanto per gli alleati del campo riformista quanto per il corpo elettorale, oramai fin troppo disincantato; tenere presente che ci si può proporre come interlocutori politici solo se si è riconosciuti credibili nel porre le questioni.

In questi anni il partito nazionale ha dismesso qualsiasi investimento nella crescita di una classe dirigente locale finalmente rinnovata, propinando la soluzione del “commissariamento” del partito regionale e di alcune federazioni provinciali, come se ciò fosse garanzia di cesura con le passate gestioni. Salvo, poi, dover notare che paradossalmente i commissari, ad ogni livello, per la assunzione di qualunque decisione hanno sempre fatto riferimento  al gruppo dirigente “commissariato” proprio in quanto riconosciuto responsabile delle catastrofi elettorali e dello smembramento della nostra comunità, al solo fine di preservare la propria sopravvivenza politica. Ci chiediamo che senso abbia e ci domandiamo se tutto ciò non sia precisa attuazione dei dettami del gattopardo oramai scritti a fuoco nei manuali di politica in vigore in Calabria e nel meridione in generale: cambiare tutto perché nulla cambi, mentre le persone chiedono a gran voce rinnovamento vero e credibilità degli attori del dibattito politico. Anche l’avvio della stagione dei congressi, da celebrarsi dopo le elezioni, per come detto di recente dal commissario del PD calabrese, in questo stato di cose rischia di essere un ulteriore meccanismo di attuazione di quel principio.

Dopo la reggenza di Marco Miccoli della Federazione di Cosenza, che nulla ha modificato nel partito ma si è limitata ad eseguire un mandato di parte, nella logica del sostituismo e del dirigismo, è arrivato a Cosenza lo stesso Boccia a porsi quale garante della coincidenza della linea politica cosentina con quella calabrese. Ma quale linea?

Nel quadro attuale, in cui si intravvede il risultato scontato di arrivare terzi, è quanto mai necessario che Boccia e Graziano pongano come priorità assoluta l’unità di tutte le forze del centrosinistra, elaborando un programma di risanamento e di crescita necessari per recuperare le perdite determinate dalla pandemia (9 punti di pil) e rimediare alla diffusione del disagio e della povertà. Sul tavolo ci sono gli investimenti del Pnrr e della programmazione comunitaria, il disastro della sanità e i diritti di cittadinanza negati ormai da troppo tempo. Il PD non può consegnare, senza combattere, a Occhiuto e Spirlì la gestione della regione in una fase così delicata e importante. Altrimenti purtroppo si avvalorerebbe il diffuso sospetto del trasversalismo che da anni aleggia in Calabria e mantiene in vita gruppi dirigenti ben conosciuti e riconoscibili”.

CONTROCORRENTE Associazione politico culturale (11 luglio 2021)

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