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Una società alla deriva con un “potere” senza stile e conoscenza: il nostro tempo. Ma certo che Cacciari e Agamben hanno ragione

Pierfranco Bruni

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Le società alla deriva vengono governate con l’incutere timore nell’immaginario e le Nazioni finite vengono parlate con la minaccia. Mentre si scende nel rischio del paradosso e del ridicolo. La filosofia, quella profonda, insorge. Benissimo. Giustamente. Tardivamente. L’assurdo di questa terra chiamata Italia è il dilagante conformismo, come sempre è stato, nel quale affollano le contraddizioni e la mancanza di conoscenze. È pigra nel voler scavare un barlume di possibile sapere.

Chi sa viene tenuto ai margini, chi si adegua al non voler sapere e occupa l’anticamera,  chi ignora dirige il minuetto. È vero che la scienza si è sempre occupata del non disinteresse nella politica, ma non fino al punto di esprimere giudizi persino giuridici. È vero che la scienza si è sempre tuffata nel fascino della politica – potere ma non fino al punto di determinarne le scelte (il caso Ettore Majorana è una testimonianza cocente del potere politicodella scienza) come sta accadendo in questi giorni. È vero che i Presidenti del Consiglio dei Ministri devono esercitare sicurezza nei confronti dei “gestiti” e dei “pazienti” di un “Paese in agonia”, ma è anche vero che non è loro compito toccare la sfera esistenziale morale (non moralista) e filosofica degli uomini con parole di timor panico, che infondono tutt’altro che sicurezza ma sgomento.  È anche vero che chi si è occupato di finanza di mercati e dii economia non è detto che sia un “fine” pensatore di filosofia forte e tragica. Stiamo assistendo ad una occupazione del pensiero. Ovvero delle menti.

Ci stiamo rendendo conto cosa è accaduto da oltre un anno? Non si tratta più di “democrazia” ma di libertà degli uomini. La libertà è stata lacerata e il pensiero è stato tagliato diviso manipolato. La politica e la scienza fanno salotto e impongono, e quando non impongono decidono, e quando decidono minacciano e dettano timore. Le ultime uscite sia del capo di governo che di uno scienziato sono gravissime sul piano della convivenza esistenziale.

Uccidere, farsi morire e arresti domiciliari. I tre elementi verbali di una politica che non riesce a porre al centro l’esistente e l’orizzonte della Ragione. Ciò avviene quando le contraddizioni, le inadempienze  i conflitti aumentano ad occhio televisivo costantemente in diretta. Manca la coerenza della duttilità e il coraggio delle conoscenze (ho discusso ciò nel mio “Panacea letale. Scienza e potere”, Ferrari editore) per affrontare una questio seriamente scientifica e benevolmente politica. La Scienza e lo Stato, in quanto poteri costituiti, sfidano la libertà degli uomini mentre dimostrano una incapacità di ricerca terapeutica e una incredulità nelle regole di un pensiero politico non sostenuto da chiarezza di idee e di progettualità. Nella loro debolezza però emerge la visione della oscura paura da inoculare al “popolo basso” e nel deresponsabilizzare la propria gestione di incoerenza, dicevo, e di incompiutezza.

Ma certo che sì che Massimo Cacciari e Agamben hanno ragione. Partono appunto dalla Ragione  con la quale osservano i fatti e i comportamenti, le parole e le azioni, il presente, il  non più presente e il non ancora presente. Non si tratta di “costituzionalità” o meno, ma di una violentata libertà che segna la sconfitta del pensare del pensiero e dell’essere coscienza come uomini. Una forte pressione per un “pensiero unico”, ovvero non pensiero.  Espressioni infelici di chi gestisce il governare e di chi fa scienza. La retorica è un pregio della politica grande  e non si inventa. La scienza è un ricercare senza politicizzati e non usa termini inappropriati. Due forme di saperi e due epistemologie distanti da questo tempo maldestro per mancanza di stile e da una realtà che è surrealismo mal compreso e gestito maldestramente senza coerenza. Abitiamo una società alla deriva con un “potere” senza stile e conoscenza: il nostro tempo!

 

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