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Continuiamo la bellissima collezione sul Barolo scritta con maestria da Lorenzo Tablino.

La prima citazione certa del vino Barolo come lo conosciamo oggi, e non la tipologia rosata e dolce prodotta in precedenza, risale al 1865. Ma scavando nel passato è possibile risalire ad una datazione antecedente? E’ possibile individuare le cantine dove questo vino è stato inizialmente prodotto? Iniziamo a questo punto un viaggio nella preistoria e nell’archeologia enologica del Barolo per vedere che cosa è rimasto dei luoghi e della memoria.

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Esistono ancora gli edifici e le cantine, le botti e i tini, le vasche e gli impianti? In quali condizioni si trovano? Che cosa rappresentano?

Siamo andati alla scoperta della memoria orale del Barolo.

Innanzitutto, come è stata tramandata? A quali livelli? Il vissuto delle antiche tradizioni del Barolo, dei luoghi, dei personaggi, delle pratiche di vigna e cantina è ancora documentabile? Quali i tempi e le priorità? Come evitare approssimazioni o errori? Ma soprattutto con i colleghi, con i produttori, con gli appassionati abbiamo cercato di capire qualcosa di vero e autentico sulla nascita del Barolo: dove e come venne veramente vinificato? Da chi? Con quali innovazioni?

Iniziamo il nostro percorso da Barolo: il nome del vino, il nome del paese.

Racconta il can. Massè nel classico testo Il Paese del Barolo

…una lunghissima fila di carri tirati dai buoi entrano in Torino… su ogni carro stava una di quelle botti lunghe e piatte della capacità di sei ettolitri dette carrà… Erano più di trecento…”.

Era il Barolo che la marchesa Giulia Faletti Colbert inviava in omaggio al Re di Piemonte e Sardegna Carlo Alberto di Savoia. Sembra che all’assaggio ottenne un forte consenso anche se, con tutta probabilità, era ancora della tipologia vecchia ovvero rosato e abboccato. Visitiamo le cantine Marchesi di Barolo già Opera Pia Barolo, legittimi eredi della marchesa Falletti Colbert.

Il primo dubbio: dove avvennero le prime vinificazioni del Barolo?

Alcuni accennano al castello della Volta sopra il paese di Barolo, nulla però è rimasto e lo stesso edificio è in pessime condizioni. Inoltre l’ipotesi è debole: difficilmente un castello, nato per scopi militari o abitativi, ha i locali adatti per vinificare. Infine – se la tradizione orale è confermata – la quantità di Barolo che la Marchesa inviò al Re Carlo Alberto era elevata, circa trecento carrà; contenevano 6 hl cadauna pertanto 3600 brente. Intorno al 1830-35 dove si trovava in Langa una cantina di tali capacità? Magari una delle numerose cascine di proprietà della marchesa Falletti – Colbert.

Le Agenzie

Le uve nebbiolo delle vigne di Serralunga la marchesa le vinificava nelle cantine dell’Agenzia di Serralunga di sua proprietà. Le uve delle vigne di Barolo e dintorni si vinificavano alla Cascina del Pilone, oggi sede delle antiche cantine dell’Opera Pia Barolo. Situate in Barolo, dal 1929 sono di proprietà delle famiglie Scarzello e Abbona.

Il castello di Barolo

L’edificio si può fare risalire al secolo XVIII, con le prime affermazioni del Barolo subì un primo ampliamento per fare fronte alle nuove necessità, di fatto era l’agenzia di Barolo della Marchesa.

Esiste una bella fotografia (inizio secolo) di quest’edificio, nel testo citato del can. Massè; nella didascalia viene chiamato giustamente “agenzia”. In questo secolo subì inevitabili ampliamenti e ristrutturazioni anche se la bella struttura esterna dell’edificio resta inalterata. Il pilone votivo è tuttora esistente sulla strada provinciale che da Barolo porta a La Morra. Entrando nel caratteristico cortile respiri subito un’aria particolare: la storia, lo spessore, la vera tradizione del Barolo sembrano vicine, ti circondano, ne sei coinvolto a livello emotivo. Inoltre sono in attività le ottocentesche cantine per l’invecchiamento del Barolo con le famose “botti della marchesa”. E sono ancora in uso, un vero monumento dell’archeologia enologica ottocentesca.

Botti della Marchesa – Fondo anteriore esterno prima della manutenzione (Barolo)

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La casa Giacomo Borgogno e Figli risale al 1761, come documentato dai registri parrocchiali di Barolo, nel 1848 fornisce  “vino nero” alle famiglie degli ufficiali dell’esercito sabaudo a Racconigi. Il capitolato precisa le caratteristiche di detto vino: sano, colorito, non debole, non caldo. L’esterno dell’edificio con molta probabilità è quello originale del 1761, ma all’interno poco è rimasto. Nel dopoguerra venne tutto ristrutturato per fare fronte alle nuove necessità commerciali e produttive. Restano ancora alcune strutture interessantissime, in quanto, per conoscenza, sono le più antiche strutture ove si è prodotto Barolo. Un locale di mt 35 per 6 mt con volta ellittica era l’antica cantina, una pietra tombale riporta chiarissima l’età 1761, misteriosa la scritta GHM con stemma ovale. Quattro vecchie botti da hl 190 circa ancor attive testimoniano la storia di questa azienda. Fondo piano con doppia chiave, rubinetti in bronzo, doghe in rovere segato per una datazione intorno al 1900. Accanto un altro locale della stessa data, un piccolo museo della bicentenaria casa, interessanti i portacampioni in vimini e latta e un pignone di ben 7000 bottiglie di Barolo 1961.

Nei prossimi appuntamenti inseguiremo lo sfuggente Barolo in due paesi straordinari: Serralunga e Verduno.

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