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Pierfranco Bruni

Con Dante si vive di ascolti. Ascoltare è sentire il proprio silenzio e percepire un destino. destino del sottosuolo ha il pensiero nella memoria del linguaggio, dei linguaggi, della vita delle parole. La Parola è la filosofia del finire oltre la conoscenza. La filosofia non distribuisce felicità. È un patire nel guscio della caverna oltre i riflessi dell’ombra. Come la poesia che cerca le parole per vivere il silenzio di una rosa. Come Caravaggio che osserva lo sguardo del nulla per dipingere la pietà degli dei.

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L’ombra e il silenzio sono le parole che riempiono le mancanze del tempo che Dante ha reso infinito. Si vive nel sottosuolo se il sottosuolo ha demoni e dei. Cosa è il sottosuolo dei demoni? Una filosofia e una dissolvenza (così nel mio testo edito da Solfanelli, 2021). Una variazione di ciò che si crede indissolubile e che invece é semplicemente in dissolvenza come il pensiero che maschera i linguaggi della vita tra la memoria e il tempo. Il sottosuolo degli dei ha bisogno del mito, dei miti, degli archetipi.

Ci vogliono pause, ombre  spazi per difendersi nella Grazia. Ci vuole lentezza per non perdersi. Occorre non perdersi. La vita è scricchiolii di emozioni nelle pagine della lentezza che fanno del viaggio un intreccio tra l’ombra e il silenzio.
Bisogna leggere con lentezza Dante. Con la sapientia della calma, della pazienza, dell’apprendere partendo dal fatto che ogni parola è un labirinto. Da ogni parola bisogna staccare il pensiero per vivere la parola successiva senza dimenticare quella precedente. È conoscere percependo. È percepire ascoltando il suono, il ritmo, l’eco. Non di una frase o della frase, ma della parola. Ogni parola è un sottosuolo. Dante è appunto in Dostoevskij.
Dante è un sottosuolo. Anche per questo non è contemporaneo e tanto meno moderno o attuale. Dante è! Credo che sia una formula errata considerare Dante nostro contemporaneo. Dante è un sempre, un infinito, un indefinibile. Appropriarsi e contestualizzarlo nella nostra temperie è  superarlo o attraversarlo per cercare di decifrarlo senza la visione del tempo e senza il patire, l’ironia, il dolore e l’allegria. La concezione del bene e del male sono una dimensione individuale dell’universale nel personale. L’immaginario è una metafora che si incentra nel Tempo e nell’Essere al di là del bene e del male.
Ogni epoca ha il suo male e il suo bene. Come le civiltà. Dante resta contemporaneo nell’età in cui è vissuto. Ognuno di noi deve avere la forza di “appropriarsi” di una eredità. Dante è eredità  nella tradizione di una costante rivolta che è la tradizione. Ma pensare di renderlo contemporaneo è soltanto retorica. Una retorica che si dissolve nel momento in cui il reale si consuma in una ascetica visione del sempre. È chiaramente un “uomo in rivolta”, ma questo lo porta, appunto, dentro l’essere e il tempo.
Le civiltà non sono nostre contemporanee. Sono civiltà che trasmettono eredità. Una civiltà è un orizzonte oltre la linea del limite. È un infinito oltre la cronaca della storia. Le civiltà sono epoche in una sintesi o in una somma. Essendo un profeta, Dante, è una costante vita nuova. Ovvero una lentezza. Dostoevskij è una ricerca lenta nella caduta del tempo. Restiamo eredi.

La letteratura è eredità nel pensiero dello scandalo. Cosa è lo scandalo? L’osservare ciò che si apprende, ma si apprende ciò che conosciamo già ed è sotto una velina di immaginario che non nasconde. Rende trasparente ciò che si pensava fosse nella vita.
La memoria ritorna con gli effetti dei dettagli delle ombre. Cosa è l’ombra? È uno spazio invisibile ma reale come è reale la finzione. Tutto è finzione perché tutto è irreale nel tempo della magia e dell’oltre come la maschera ineccepibile di Oscar. È il metafisico che fa dell’ombra l’indefinibile dello scarto. La filosofia e la letteratura sono epicentri. Magritte è un disegno inimmaginabile del volto coperto. Il coperto non è ciò che non si vede. È ciò che non si vuole che si vede. Il resto è un canto che recita la “bocca mi baciò…”  in un tremolio terribile che ho di sintesi fatto virtù e conoscenza:

Ti darò un bacio sulla bocca.
Labbra carnose che sanno
di luna in riflesso di notte.
Un bacio soltanto
sotto il ponte del limite
mentre la pioggia intreccia
il gorgheggiare del vento.
Un bacio soltanto
in labbra di bocca.

Cosa sarà mai una bocca, un bacio, la carnalità, il senso della carnalità? La bocca tremante  è la metafora universale del bacio. È il tutto che a volte ci manca o è la mancanza che crediamo sia il tutto. Paolo e Francesca sono, appunto, l’incontro tra l’ombra e il silenzio. Tra la mancanza e il tutto c’è l’attraversamento dello sguardo. Ovvero gli occhi. Occhi che vedono ciò che esiste e ciò che non esiste in realtà di sguardo o di specchio. La vita è sempre oltre ogni voce che i demoni pronunciano e annunciano.

La frontiera resta il sottosuolo. Il sottosuolo dei demoni è una vocazione. In fondo il sottosuolo dei demoni è una vocazione trascendente e trasparente del nostro essere nell’esserci mentre Ulisse una volta raggiunta Itaca si incammina verso ciò che è stato o verso ciò che non è stato mai. Dante è l’ombra che vive il viaggio ed il silenzio dell’esilio con un bacio in una bocca tremante.

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