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Erano le 21:30 del primo settembre del 1990 quando in una strada silenziosa e mal illuminata veniva ucciso a Reggio Calabria il giovane Domenico Catalano. Aveva appena 16 anni; era in vacanza con la famiglia. Oggi il suo nominativo è inserito nell’elenco in cui sono presenti le tante vittime innocenti della mafia. Le indagini condotte dalle forze dell’ordine e dalla magistratura dimostrarono che fu un errore. Domenico quella sera girovagava in motorino con un suo amico; indossava una maglietta gialla a righe simile alla persona che doveva essere giustiziata dai killer. Fu un agguato violento. Lo massacrarono a colpi d’arma da fuoco. Reggio si era macchiata ancora una volta di sangue rendendo l’immagine di una realtà difficile in cui la ‘ndrangheta era libera di dettare le proprie regole e di compiere i propri delitti. Il processo “Bless” individuò e condannò il boss “Pasquale Condello, “Il Supremo”. Certamente sono molti gli interrogativi si affollano nella mente di molti cittadini onesti: come si può uccidere senza rimorso soprattutto quando la vittima è così giovane e innocente?  Perché in luoghi così ricchi di cultura e bellezza continua a prevalere la legge della violenza, della prevaricazione, della brutalità? Quali sacche di sottosviluppo, disvalori, arretratezza mentale possono determinare la trasformazione un bambino in futuro criminale alle dipendenze di menti perverse?

Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani ritiene sempre più importante proprio nelle realtà più degradate alimentare programmi atti alla divulgazione della legalità e della cittadinanza responsabile. Occorre stimolare sempre più il confronto tra le generazioni, cercando di recuperare soprattutto i giovanissimi che appaiano agli educatori “problematici” e vulnerabili per la loro condotta o provenienza sociale.

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Pertanto si richiede al Ministero dell’Istruzione di attivare finanziamenti funzionali a potenziare risorse umane e infrastrutture ai fini del contrasto al sistema mafioso.

“Mi fido della mia professionalità, sono convinto che con un abile, paziente lavoro psicologico si può sottrarre alla Mafia il suo potere. Ho capito una cosa, molto semplice ma forse decisiva: gran parte delle protezioni mafiose, dei privilegi mafiosi certamente pagati dai cittadini non sono altro che i loro elementari diritti. Assicuriamoglieli, togliamo questo potere alla Mafia, facciamo dei suoi dipendenti i nostri alleati.” (Carlo Alberto Dalla Chiesa)

#DomenicoVive

prof. Romano Pesavento

Presidente CNDDU

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