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La forma dell’oro

a cura di Melania Rossi

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da gennaio 2021, 12 artisti in 12 mesi

 

1 – 29 ottobre 2021

 

Decimo artista

Giuseppe Gallo

Femmina Atroce, 2004

 

BUILDINGBOX

via Monte di Pietà 23, Milano

www.building-gallery.com
FOTO: Sophie Ko, Metaxu, 2021. Installation view BUILDINGBOX

FOTO Giuseppe Gallo, Femmina Atroce, 2004, bronzo, dimensioni variabili
BUILDINGBOX presenta dall’1 al 29 ottobre 2021 un’installazione di Giuseppe Gallo (Rogliano, 1954), decimo artista de La forma dell’oro, progetto espositivo annuale a cura di Melania Rossi, che indaga l’utilizzo dell’oro nella ricerca artistica contemporanea attraverso le opere di dodici artisti invitati a misurarsi con il tema prescelto. Le installazioni sono visibili 24 ore su 24, 7 giorni su 7 dalla vetrina di via Monte di Pietà 23 a Milano.

 

Femmina atroce è una scultura composta da dodici elementi in bronzo color oro. Le forme organiche e sinuose che formano l’opera hanno qualcosa di femminile, sembrano ossa del bacino di una donna moltiplicate verticalmente. L’artista conferma nel titolo questa prima impressione, inserendo però nell’aggettivo il sospetto di un gioco concettuale, di un paradosso nascosto. Si tratta in effetti di calchi di ossa, ma della mascella di uno squalo privata dei denti. Con un’ironia fulminea, specifica della sua pratica artistica, Gallo afferra al volo le associazioni tra le forme animali e umane, senza giudizio come senza giudizio è la natura stessa.

 

Ci sono cose che nel nostro immaginario sono estremamente aggressive ma possono nascondere una grazia e una delicatezza inaspettate; viceversa ci sono cose ritenute innocue che viste sotto un’altra luce diventano minacciose e terrificanti. Come nel caso della mascella di pescecane che ci appare graziosa e ricercata, il contrasto è ciò che interessa di più all’artista. Il duello-danza tra la vita e la morte che anima tutte le pulsioni profonde degli esseri viventi è rappresentato da Gallo in immagini che contengono tratti feroci e sensuali insieme. La Grande Madre che terrorizza e protegge, partorisce e divora, ha in sé sia il femminile sia il maschile, lo Yin e lo Yang, e combinando questi opposti trova l’armonia in grado di generare bellezza.

 

Gallo ama la natura e vive circondandosene il più possibile, è lì che trova la sua prima fonte d’ispirazione, poi tutto deve passare attraverso la sua visione surreale e libera delle cose del mondo, in cui le forme sono e non sono ciò che sembrano. Il gioco metamorfico dell’arte è al centro del suo lavoro, che attinge alle forme e alla materia originarie per svelare paradossi e sedurre la visione fino a renderla pensiero. L’artista crea nuove immagini frammentando, trasformando e combinando le forme dell’esistente; allontanandosi dal naturalismo, dimostra le connessioni segrete tra le cose della natura. La sembianza vertebrale, totemica e dunque simbolica di Femmina atroce ha carattere ascensionale, di sostegno e spinta da dentro verso fuori, dal basso verso l’alto. Il bronzo lucido e specchiante accresce la sensualità delle forme flessuose e il color oro gli conferisce valenza di simulacro. Non c’è inganno nell’arte di Gallo, ma piuttosto la ricerca vitalistica della scoperta continua, non c’è provocazione, semmai un erotismo contrario alla morale castrante, nel tentativo di arrivare ad una conoscenza che comprenda cultura e istinto.

In corso fino al 30 settembre 2021

 

Nona artista

Sophie Ko

Metaxu, 2021

 

 

BUILDINGBOX

via Monte di Pietà 23, Milano

www.building-gallery.com
 


Sophie Ko, Metaxu, 2021. Installation view BUILDINGBOX
BUILDINGBOX presenta fino al 30 settembre 2021 un’opera site specific di Sophie Ko (Tbilisi, 1981), nona artista de La forma dell’oro, progetto espositivo annuale a cura di Melania Rossi, che indaga l’utilizzo dell’oro nella ricerca artistica contemporanea attraverso le opere di dodici artisti invitati a misurarsi con il tema prescelto. Le installazioni sono visibili 24 ore su 24, 7 giorni su 7 dalla vetrina di via Monte di Pietà 23 a Milano.

 

Metaxú, in greco antico, è un avverbio composto da metá (in mezzo, tra) e sún (con, assieme, unitamente a), che denota lo spazio che sta in mezzo e mette in relazione. La parola contiene in sé due significati antitetici ma legati l’uno all’altro, da una parte implica i concetti di distanza e separazione, dall’altra esprime un approssimarsi, un collegamento.

 

Sophie Ko ha scelto questa parola come titolo dell’installazione realizzata appositamente per il ciclo La forma dell’oro: un accumulo di vecchie scale a pioli, segnate dal tempo e toccate dalla foglia oro, che si tende verso una pittura murale fatta di terra, erba e fiori. L’artista ci invita ad una verticalità che allude all’ascensione spirituale ma che in realtà ci riporta a ciò a cui apparteniamo. Gli ultimi passi sui gradini si fanno d’oro, come fossero bagnati dal sole, fino a raggiungere l’impasto di elementi naturali dell’affresco; un’immagine iconica che mette in comunicazione piani diversi, suggerendo gli opposti visibile-invisibile, spirito-materia, sensibile-intelligibile, cielo e terra.

 

La scala è un luogo di transito, un punto d’incontro tra il basso e l’alto, un prodotto dell’ingegno umano che dimostra il limite e la tensione al suo superamento. È forte il suo collegamento con l’Albero della vita, con la croce simbolo della Passione, con i quindici salmi graduali della Bibbia, la scala è lo strumento della Deposizione e il veicolo dell’ascesi mistica. L’immagine creata da Sophie Ko, pur alludendo alla dimensione corporea dell’uomo, profondamente legata all’amalgama di terra, aria e acqua al quale apparteniamo, aggiunge un valore spirituale al nostro passaggio nello spazio e nel tempo attraverso l’uso dell’oro, evocando qualcosa di ancestrale, enigmatico, imperituro.

 

In Platone, il metaxú caratterizza la condizione del demonico, che è qualcosa d’intermedio tra l’immortale e il mortale, connesso con l’idea dell’eros, la cui natura nel pensiero classico resta misteriosa. Eros, che nel mito antico scaglia le frecce dorate dell’innamoramento, è lo squarcio nel petto che colpisce uomini e dei, è tensione tra gli opposti ma anche loro conciliazione, è conflitto e risoluzione. Come rivela Socrate, Amore è soprattutto un intermediario – metaxú, appunto – tra la follia propria del mondo degli dei, dove non esiste il tempo e tutto è mescolato, e la ragione prerogativa della civiltà umana, fondata sul principio di non contraddizione.

 

L’opera di Sophie Ko unisce tutte queste nozioni nella dimensione creativa, la “follia” dell’essere umano/artefice che può superare il confine spazio-temporale pur restando in esso, attraverso l’amore, il sogno e l’arte.
La forma dell’oro

a cura di Melania Rossi

da gennaio 2021

1.     Paolo Canevari, Monumenti della Memoria (Golden Works) (2019). 12 gennaio – 10 febbraio

2.     Emiliano Maggi, Horned Vessel (2021), Horned Mirror (2021), Golden Worn (2020). 11 febbraio – 9 marzo

3.     Rä di Martino, Allunati #19 (2021). 10 marzo – 8 aprile

4.     Antonello Viola, Isola di Favignana 1 – Oro, turquoise, azzurro reale chiaro e giallo di Napoli (2019-2021), Isola di Favignana 2 – Oro, turquoise, elio green e giallo di Napoli (2019-2021). 9 aprile – 6 maggio

5.     Jan Fabre, A Devilish Ashtray (2020). 7 maggio – 4 giugno

6.     Davide Monaldi, G.O.A.T. (2021), Weightlifting for dandy people (2018). 5 giugno – 2 luglio

7.     Delphine Valli, Cosmic Attraction (2021). 3 – 30 luglio

8.     Alex McLeod, Golden Prison (2018). 31 luglio – 20 agosto

9.     Sophie Ko, Metaxu (2021). 31 agosto – 30 settembre

10.   Giuseppe Gallo, Femmina Atroce (2004). 1 – 29 ottobre
 

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