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di Alan Davìd Baumann

 

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Domenica 10 ottobre si è svolta riscuotendo un particolare successo la Giornata Europea della Cultura Ebraica. Vi ha partecipato anche la città di Cagliari, grazie agli sforzi di Mario Carboni presidente dell’Associazione Sardos pro Israele.

 

È stato lui che all’inizio di questo particolare anno 2021, ha fortemente voluto che i colori delle opere pittoriche di Eva Fischer, “tingessero” positivamente l’antica città dalle infinite presenze storiche ed ora – come tante altre – vittima dei colori legati alla pandemia ancora in corso: un ciclo giallo, uno rosso, finalmente l’inizio di una stagione bianca. Periodi lontani da quelli artistici dell’inizio del secolo scorso.

 

Il desiderio di Carboni ha trovato immediatamente riscontro negli interessi culturali di Paola Piroddi, fino a pochi mesi fa assessore del comune. Una presenza indispensabile nella guida della città, ma che ha suscitato forti dissensi politici poco dopo l’inaugurazione della mostra “Si aspetta la luna – Dialoghi tra i colori di Eva Fischer”, che l’hanno costretta ad allontanarsi.

 

Avrei dovuto prendere il primo volo Alitalia delle ore 9.00 per arrivare nella calda mattinata di domenica al Palazzo di Città, sede della mostra ed itinerario delle visite guidate attraverso l’antica Giuderia, nella storica parte alta della città. Purtroppo il volo era stato cancellato senza preavviso, ma ho trovato posto in quello successivo delle ore 12.00. “Cose che capitano” mi sono ripetuto.

 

Ho poi trascorso un pomeriggio stancante ma orgogliosamente felice, a contatto (ad un metro almeno di distanza come da distanziamento sociale) con più di un centinaio di persone in visita. Essendo l’ultima delle giornate nelle quali i musei dovevano ancora frazionare il pubblico, i responsabili dell’esposizione si sono dovuti distribuire nei vari piani ospitanti le opere d’arte.

La mattinata successiva, ho scelto di affrontare la giornata con tranquillità, anche perché il Comune di Cagliari mi aveva prenotato il volo delle 13.50.

 

Ho preso il treno che collega il capoluogo all’aeroporto Elmas. Un percorso di sette chilometri che viene effettuato al massimo in una dozzina di minuti. Sono arrivato con largo anticipo, per non aver a che fare con quei momenti di panico che colpiscono improvvisamente quando si viaggia.

 

L’aeroporto sembrava deserto, eccezione fatta per coloro ai quali non era stato consegnato alcun messaggio chiarificatore della situazione che andava creandosi. Si sapeva dello sciopero nei trasporti, ma come sempre la speranza di una bassa adesione all’astensione lavorativa, mieteva vittime innocenti.

 

Una giovane coppia del nord, con figlia di due-tre anni, è sbalordita dal fatto che non vi sia nessuno ai banchi dell’Alitalia. Neanche un addetto per un minimo chiarimento. Interpellano un signore che apparentemente faceva parte di un qualcosa di aeroportuale e che consiglia loro di recarsi alla biglietteria. Scambiamo due chiacchiere e li seguo verso un improbabile ufficio vendita. Dietro al vetro scorgiamo un’impiegata della società che ha in gestione l’aeroporto.

La signorina sui trent’anni, molto gentile e bendisposta, dice loro che non potranno partire prima del giorno seguente. Lo sgomento intrappola i due, mentre alle loro spalle la bambina preme il suo naso contro una vetrata dalla quale si scorgeva la pista vuota.

 

Giunge il mio turno.

  • Ho il biglietto per il volo Cagliari-Roma delle 13.50 – dico con garbo, fornendo biglietto e documento.
  • Guardi – mi risponde dopo poco – la sua prenotazione è stata spostata al volo di domani, martedì, sempre alle 13.50.
  • Spostata? – le chiedo – senza avvertirmi, né chiedermi se avessi potuto, se fossi impegnato o chissà cos’altro?
  • Ma leggo il suo cellulare 347… e la email baumann… Possibile che non le sia arrivato un messaggio? Ha verificato lo spam?
  • Guardi – rispondo – ho stracontrollato tutto. Il Comune mi ha ospitato per una notte, fornendo questo biglietto. Fra le tante non ho neanche un cambio, eccetto quello utilizzato oggi.
  • Cosa vuole che le dica? I voli di altre compagnie dirette a Fiumicino od a Ciampino sono pieni zeppi … vorrebbe andare a Perugia e da lì prendere un treno?
  • La ringrazio per la franchezza ed i tentativi per trovare una soluzione, ma ha presente cosa significhi arrivare a Perugia ed attendere un treno per giungere a Roma Termini, dove oltretutto troverei lo sciopero dell’ATAC (gli autobus) ed i taxi tutti occupati?
  • Guardi che Perugia è vicina …
  • Mi scusi se insisto, ma conosco Perugia e l’Umbria. Una terra meravigliosa, come la Sardegna. Ma io sono qui per lavoro e devo rientrare nella Capitale. Un treno da Perugia è cosa molto ardua.

Dietro a me due signore in attesa: “Guardi che il signore ha ragione. Noi siamo perugine e tra aeroporto e stazione, poi i treni …. Meglio aspettare qui e partire domani”.

  • Potrei metterla in lista d’attesa per il volo delle 19.30. Pare che sia l’unico di oggi per Roma effettuato dall’Alitalia. Può tornare qui alle 17.30 e vedere a che punto è la situazione. Probabilmente troverà me al banco Alitalia.

 

Mi sono arreso, ho ripreso un treno e sono tornato a Cagliari. Nel frattempo ho avvisato l’albergo dove ho trascorso la notte precedente, di tenere se possibile una stanza nella probabile eventualità di doverci soggiornare in attesa del volo dell’indomani. In città avrei cercato una lavanderia per lavare i capi utilizzati il giorno prima.

 

Lunedì 11 ottobre 2021 verrà ricordato, almeno dal sottoscritto, non solo come un inizio settimana nero a causa dello sciopero generale, ma come uno dei tanti giorni nei quali ci si chiede il motivo della presenza italiana fra i G20, anzi fra i G7: ma cosa dico? Un lunedì dove l’Italia non sarebbe riuscita ad entrare fra i G400. Per la situazione creatasi dall’Alitalia, evacuare da Kabul sembrava più semplice rispetto a lasciare la Sardegna.

 

Ho trascorso alcune ore ad ammirare nuovamente il cielo ed il mare, dalle splendide vedute di piazza Belvedere, nel quartiere Castello. È incredibile come cambiano i pensieri quando ci si sente costretti a fare qualcosa, pur stando negli stessi luoghi dove si amerebbe tornare in vacanza, ma era mio intento riuscire nell’impresa impossibile: tornare a casa. Scrutavo l’orologio, pronto a prendere un terzo treno e ripercorrere i 7 chilometri che mi separavano da Elmas.

 

Verso le 16.30 mi avvio verso la stazione, cercando di percorrere delle nuove strade che scendono dalla Giuderia dirette verso il porto. Faccio il biglietto e cerco il primo treno in partenza. Ogni convoglio si ferma all’aeroporto. Due poliziotti polfer fermano delle persone solo per vedere i documenti, senza chiedere qualcosa. Lo esigono anche da me e ne approfitto per domandare se presso gli uffici dei loro colleghi polaria, sarebbe stato possibile effettuare una denuncia riguardo al comportamento dell’Alitalia. “Pensiamo di sì” mi rispondono con velata incertezza.

 

Salgo sul treno e guardo scorrere quel paesaggio in mutazione continua che supera lo Stagno di Cagliari, si inerpica nella riserva naturale del Monte Arcosu, poi si alza fino al cielo. La giornata andava imbrunendosi, anche meteorologicamente.

Ricevo un messaggio sms dall’Alitalia: “il volo delle 13.50 di domani, martedì 12 ottobre, è cancellato”.

 

Confesso che in quella parte toscana di me ereditata dal mio babbo, ha preso piede la facilità dell’arrabbiatura e delle imprecazioni, calpestando il poco ottimismo che era sopravvissuto nel ripercorrere la stessa tratta. Più che scura, la giornata era divenuta nero pece.

 

Si forma la fila davanti ai banchi Alitalia. Vi sono 4 addetti della società aeroportuale. La signorina gentile incontrata in mattinata alla biglietteria mi riconosce e mi indica di andare da lei.

 

  • Ora vediamo cosa riusciremo a fare. Posso avere il green pass, il biglietto che le ho dato, il biglietto originale, un suo documento per cortesia?
  • Tutto pronto. Ecco a Lei. – rispondo, poi insisto, pronto a svelare tutte le carte – Vi sono molte persone in lista di attesa?
  • Beh insomma….

 

Pensavo all’intero volo delle 13.50 di oggi lunedì ed a quello del martedì. Lo sciopero di oggi decide l’annullamento dei voli dell’indomani: incredibile.

 

  • Un tempo tre posti venivano lasciati vuoti per parlamentari e/o giornalisti – chiedo – È ancora così?
  • Lavoro da oltre 15 anni nel settore e non mi è mai capitato.

 

Cerco allora di rendermi simpatico:

  • Certo che lei poveretta… un turno lungo …e chissà le lamentele …
  • Oramai ci ho fatto l’abitudine – risponde.
  • Mi deve scusare, ma io stasera dovrei intervistare il Papa
  • Lei potrebbe essere il Papa in persona, ma se non ha il biglietto, non sale.

 

Ammetto che queste risposte mi hanno soddisfatto, odiando i favoritismi, ma la mia “impresa impossibile” doveva avere una lieta conclusione ed ho deciso di tentarle tutte, anche a costo di rendermi profondamente stupido ed antipatico, pur di riuscire a tornare “at home”.

 

“Ho otto figli da accudire … sono responsabile di un’intera squadra di non vedenti che giocherà stasera in un torneo di baseball … la badante dei miei genitori ultra centenari è in ferie … se non torno mia moglie mi tradirà … non farò a tempo a recarmi domattina ad un appuntamento all’Agenzia delle Entrate …”.

Mentre pensavo ad una marea di corbellerie, scordandomi che in questo paese di furbi, io astuto non sono mai stato …

 

  • Ha per caso la tessera Millemiglia?
  • Cerco il numero.
  • Ah guardi, l’ho trovata io sul computer. Un attimo solo.

 

La signorina si allontana e va a parlare con una collega. Dopo alcuni minuti torna al suo posto. Intanto, forse per scaramanzia, riempio l’autocertificazione Covid-19 che trovo lì accanto.

 

  • Allora guardi, questo è il biglietto della lista di attesa. Si presenti all’uscita 4 alle 18.58. Le auguro di riuscire ad imbarcarsi.

 

La saluto e mi avvio. Avrei voluto abbracciarla, ringraziarla profondamente, farle capire quanto per un attimo mi sono sentito rinfrancato in un mare colmo di anime perdute …

Mentre mi avvio a passo deciso per varcare la sicurezza, i raggi ics, gamma, le Tac e soprattutto un elettrocardiogramma – visto che l’ansia ha superato ogni limite umano -, inizio a pensare: ma come diamine potrà un aereo contenere i passeggeri prenotati, quelli dei voli di oggi e di domani annullati? Nel caso non riuscissi, che sarà di me? Quando potrò partire? Dovrò passare una o più giornate qui all’aeroporto da domani?

 

L’altoparlante ripete di mantenere la distanza di un metro tra le persone. Arrivo al corridoio per varcare la sicurezza e trovo alcune centinaia di persone accalcate. Il fiato degli uni sul collo degli altri ed i furbi che si fanno avanti, superano, passano sotto i cordoni …

Metto il mio zainetto con gli indumenti sporchi ed ogni cosa metallica in mio possesso, nel contenitore. Accanto ripiego la giacca e depongo la cintura dei pantaloni. Resto alcuni minuti prima del passaggio ai raggi: la mano sinistra che sostiene i pantaloni, la destra con i documenti ed il biglietto senza posto assegnato.

 

Sono le 18.40 e finalmente varco il check. Riprendendo la cintura e la giacca, una addetta mi guarda con insistenza:

  • Poco c’è mancato che facessi uno striptease, a vostro danno – le dico
  • A danno di chi? Non è detto si tratti di un danno – mi risponde.

Le sorrido, orgogliosamente grato per una bugia detta a fin di bene.

  • È che tanto tempo tra le persone in attesa del varco, fa dimagrire ….

 

 

A pochi minuti dalle sette inizia l’imbarco. Prima le file dalla prima alla 16, poi le altre.

Nel frattempo vedo passare i membri dell’equipaggio, tentando di scorgere fra essi un parente lontano, un amico, un conoscente od un volto già visto, ma nulla di fatto.

 

Dopo alcuni minuti arrivano altre quattro persone con divisa dell’Alitalia e passando da un altro corridoio mostrano alle addette all’imbarco i loro biglietti particolari, quelli ottenuti pagando una percentuale minima sul prezzo inferiore del tragitto. Quei biglietti che insomma fanno si che un “collega” possa imbarcarsi ma solo se vi sono dei posti vuoti, sempre che non siano obbligati a prendere il volo per arrivare alla destinazione di partenza del loro prossimo impegno lavorativo. Cosa che non mi sembrava. Da un lato è sopraggiunta l’irritazione di vederli superare la coda – pronto a sottoscriverlo nel caso di una denuncia qualora non fossi partito -, dall’altro il pensiero ottimistico che rimanessero dei posti anche per chi come me non aveva ancora ottenuto l’imbarco.

 

La lunga fila andò diminuendosi e rimanemmo in cinque, guardandoci ed immaginando chi di noi eventualmente sarebbe potuto partire e chi no e chissà per quali oscuri motivi. La terza persona chiamata è stata “Baumann” … con uno sguardo indirizzato ai due rimasti feci come per scusarmi, ma il desiderio, la fretta e la stanchezza sono stati gli ingredienti per un ferreo e rapido passo verso la carlinga.

 

Fila 25 posto “effe”: corridoio o meno, non aveva la minima importanza. Unico pensiero “aprire le ali” e spiccare il volo.

 

Il brusio delle persone ed i lamenti dei bambini sono scomparsi rapidamente. Non avevo per una volta dimenticato le cuffie del cellulare: le ho indossate e mi sono quasi assopito nella musica. Fuori era calata la notte ma ogni tanto ho gettato lo sguardo fuori dai finestrini lontani per scorgere delle luci.

 

Non era trascorsa un’ora quando la prima ruota aderì al suolo ed in questo lungo film, almeno nella mia mente, sembrava giunto il momento per girare le ultime scene.

 

Din don: “E’ la vostra Capo cabina che parla, sono le 20.30 ed il volo è arrivato a Roma, aeroporto di Fiumicino, in perfetto orario. Siete pregati di non alzarvi, mantenendo la cintura allacciata sino al completo spegnimento dei motori …”

 

Saranno passati una ventina di minuti, ma l’aereo stava ancora rullando sulla pista, come se fosse iniziata a Civitavecchia.

  • Tra breve – dico al vicino – dovremmo fermarci per il pedaggio autostradale.

 

Finalmente arriviamo a destinazione e l’aereo si arresta.

 

“E’ il comandante che parla. Vi preghiamo di non alzarvi. Stiamo aspettando un elettricista in quanto la nostra batteria non riesce nel suo intento”.

Immagino che lo sblocco della portiera necessiti di un impulso da fuori … insomma non essendo del mestiere, non rimane che tirare ad indovinare.

Passano una decina di minuti e penso “E’ il vostro comandante che parla: fra di voi c’è un idraulico?” … finalmente viene acconsentita l’uscita dei passeggeri, ogni fila nell’ordine dalla prima. Come spesso accade, una ragazza che mi stava proprio davanti, tenta di far di testa propria, ma viene bloccata immediatamente dagli occupanti la fila 23 e “pregata” di aspettare il proprio turno.

 

Nel frattempo durante il rullio ho telefonato alla mia dolce metà che stava uscendo da casa per venirmi a prendere e fissammo l’appuntamento davanti all’uscita T1 delle partenze. Il tempo trascorso dalla posa della prima ruota alla mia entrata in macchina è stato di un’ora: esattamente quanto la durata del volo Cagliari-Roma, d’altronde il manicotto d’imbarco dal quale eravamo stati fatti scendere era il più lontano. Però va detto che i lavori per il nuovo Leonardo da Vinci sono avvincenti. Peccato che T1 non significhi più voli nazionali. “Alitalia è proprio Ita” (dal 15 ottobre) ed Ita ha già perso i voli agevolati per la Sardegna … prima ancora di partire …

 

È rimasto inciso nella mente l’Immancabile ma inutile proclama dall’altoparlante: “… Alitalia – Skyteam, si augura di avervi ancora a bordo dei propri velivoli”.

 

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