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Il Senato ha appena pubblicato una interrogazione a mia prima firma, sottoscritta anche dai senatori Angrisani, Granato e Lannutti, che chiede conto all’on. Franceschini dei criteri di valutazione adottati per la nomina, apparsa oltremodo discrezionale (e verosimilmente orientata da contiguità di natura politica e/o personale), alla direzione di diversi istituti centrali e territoriali del Ministero della Cultura (MiC), delle 29 unità di personale interno chiamate a svolgere funzioni dirigenziali non generali benché non siano di ruolo, non avendo superato un concorso pubblico da dirigente – l’ultimo, del resto, risale al 2007 -, ma con lo strumento dell’incarico triennale ex art. 19, c. 6 del D.Lgs. 165/2001. Grazie alle agevolazioni dello scorso giugno alle PA nella selezione del personale per l’attuazione del PNRR, Franceschini ha potuto raddoppiare il tetto dei dirigenti MiC non abilitati: è così che per la prima volta quella decisiva progressione di carriera è avvenuta senza dover affrontare prova alcuna ma con il solo invio, al Direttore generale di settore (7 quelli interessati), del curriculum vitae e della scheda di valutazione dell’ultimo triennio. Non basta. Era prassi che le istanze dei funzionari partecipanti agli interpelli per dirigenti venissero ignorate proprio perché non vincitori di concorso pubblico, a costo di assegnare un numero incongruo di interim. In questa occasione, invece, è accaduto l’opposto: sono stati preferiti i funzionari, “giovani, speriamo” (cit.), anche in presenza di istanze di dirigenti, persino se già contrattualizzati per il ruolo messo a bando. Pur di assegnare tutte le poltrone, inoltre, finanche le meno ambite tra le 18 Soprintendenze in palio, sono diventati dirigenti non solo funzionari architetti e archeologi ma anche restauratori; alcuni entrano in una soprintendenza per la prima volta e direttamente in veste di capo dell’ufficio. Una limitata o nulla esperienza professionale nell’istituto di assegnazione o addirittura in quel tipo di istituto sembra essere tra i criteri adottati dalla misteriosa commissione che ha vagliato le istanze pervenute; si vocifera fossero centinaia. Su di esse aleggiano anche altri ‘misteri’: quante le domande di dirigenti e quante di funzionari, quante di personale MiC e quante di dipendenti di altre PA o esterni, quanto hanno pesato, se hanno pesato, sulle scelte, le esperienze lavorative? E così via.

Tirando le somme, il sollievo procurato ad una macchina amministrativa costretta da tempo ad arrancare è più apparente che reale: come non cogliere il depotenziamento degli uffici territoriali di tutela che, nelle condizioni di drammatica penuria di personale in cui versano, hanno perso un funzionario architetto o un archeologo proprio quando, con l’aumento della quantità e della complessità dei progetti da valutare in ragione delle risorse del PNRR, le pratiche di autorizzazione paesaggistica per l’eolico, il fotovoltaico, le infrastrutture stradali e ferroviarie ecc. aumenteranno ulteriormente, mentre si abbreviano un mese sì e l’altro pure – è la semplificazione, bellezza! – i tempi per la valutazione e l’espressione dei pareri? Disimpegno, evidentemente, è la parola d’ordine di Franceschini alle sue truppe. E c’è ancora di peggio: le sgangherate giustificazioni date finora dal MiC in risposta ai rimbrotti dei tanti delusi chiamano in causa il corso-concorso che il “decreto agosto” del 2020 aveva reso possibile fin da allora senza tuttavia escludere i concorsi tradizionali per dirigenti tecnici di cui si aspettava il bando. Pare, invece, che il Sinistro della cultura voglia procedere alla selezione dei nuovi ‘dirigenti tecnici’, da qui in poi, solo mediante il corso-concorso, pur sapendo che la riserva di posti per il personale interno è del 10% appena e che, bandito dalla Scuola Nazionale della Pubblica Amministrazione, sarà coordinato anche dalla Fondazione Scuola per i Beni e le Attività Culturali, che lo ospiterà: la famigerata Scuola del Patrimonio, bancomat e cimitero degli elefanti della nomenclatura franceschiniana in quiescenza al quale il Ferrarese cerca con ogni mezzo di attribuire, senza riuscirci, un briciolo di senso e un minimo di legittimità.

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Margherita Corrado (Senato, Gruppo Misto – Commissione Cultura)

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