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Legislazione sulla Cannabis: in arrivo una novità rivoluzionaria

L’Italia è nota per le leggi farraginose e poco chiare, e la normativa sulla marijuana non fa eccezione.

Perfino nel caso della canapa legale, un punto critico che sembrava ormai risolto, le incertezze sono tante e non ci si sente mai al sicuro da possibili guai con la giustizia.

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Per questo ci troviamo in una situazione paradossale, nella quale numerose aziende operano in maniera totalmente trasparente, commerciando le ultime novità del settore come i semi di autofiorenti nane, eppure si ritrovano ugualmente a rischio di conseguenze legali.

In buona parte la fumosità della normativa e l’interpretazione punitiva che alle volte sono dovute al fatto che l’Italia non riesce a liberarsi dalla mentalità eccessivamente moralista che l’ha sempre caratterizzata.

C’è però una novità all’orizzonte che potrebbe segnare il punto di rottura con il passato e portare il Bel Paese all’avanguardia nella liberalizzazione della cannabis. L’8 settembre scorso, infatti, è stato approvato dalla Commissione di Giustizia della Camera un nuovo disegno di legge che potrebbe ridisegnare lo scenario della legislazione in materia di marijuana.

In questo articolo evidenzieremo le caratteristiche principali di questa proposta innovativa.

Perché l’Italia potrebbe essere il primo Paese europeo a consentire la coltivazione domestica della marijuana

La caratteristica del nuovo ddl che più sta facendo discutere è la possibilità di coltivare la cannabis in casa fino a un massimo di 4 esemplari femminili.

La specificazione del genere è dovuta al fatto che sono le piante femmine a produrre le infiorescenze che contengono il THC, il principio attivo ricercato da chi consuma marijuana a scopo ricreativo.

Questo aspetto è particolarmente significativo in quanto, nel caso la proposta di legge fosse approvata dal Parlamento, l’Italia diverrebbe la prima nazione dell’Unione Europea a rendere legale la coltivazione domestica di marijuana.

Il nuovo ddl, inoltre punta a modificare le sanzioni amministrative e  penali comminate per l’uso e lo spaccio di cannabis.

Da una parte si propone l’eliminazione del ritiro della patente per chi consuma marijuana, e una diminuzione del periodo di detenzione per i reati di lieve entità, vale a dire il piccolo spaccio, attraverso l’introduzione della distinzione tra diverse tipologie di stupefacenti.

Attualmente, infatti, la legge non prevede differenze di pena tra droghe leggere e pesanti, e si rischiano dai 2 ai 6 anni di carcere indipendentemente dal fatto che si venga trovati in possesso di grandi quantità di eroina o marijuana.

La nuova proposta di legge porterebbe la pena massima a un anno per lo spaccio di cannabis e a 2 per lo spaccio di tutte le altre sostanze stupefacenti.

D’altro canto, si propone l’inasprimento delle sanzioni quando si configurino reati particolarmente odiosi, quali lo spaccio ai minorenni e l’associazione a delinquere.

La normativa italiana sulla canapa ad oggi

Attualmente lo status legale della cannabis è definito da due norme:

  • il DPR 309/90, noto anche come Testo Unico Stupefacenti;
  • la legge n. 242 del 2 dicembre 2016.

Il T.U. Stupefacenti è stato promulgato per definire con precisione quali sostanze debbano essere considerate droganti e quali no.

Per quanto riguarda la canapa, il DPR 309/90 la annovera tra le piante con effetti stupefacenti, e, dunque, ne vieta produzione, vendita e consumo, salvo quando si tratti di varietà utilizzate per gli scopi industriali consentiti dalla normativa europea.

La legge 242/2016 è stata introdotta per promuovere la coltivazione e lo sviluppo della filiera agroindustriale della canapa. Essa sancisce la liceità della coltivazione delle varietà di canapa inserite nel “Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole”.

Indica, anche quali tipologie di prodotti sia possibile ottenere dalla lavorazione della pianta, vale a dire:

  • fibre;
  • olii e carburanti;
  • alimentari;
  • cosmetici;
  • prodotti per il sovescio (una tecnica di fertilizzazione dei terreni agricoli);
  • prodotti per il florovivaismo.

Infine, stabilisce il massimo contenuto in THC che una pianta di canapa debba avere per non rientrare nelle sostanze stupefacenti, fissandolo allo 0,6%. Proprio in seguito alla definizione di questo limite, è stato possibile, per tante aziende, avviare la coltivazione e la rivendita della cosiddetta “canapa light”.

Per quanto queste due leggi sembrino piuttosto chiare, presentano un grave buco normativo.

Nessuna di esse, infatti, specifica quali parti della pianta possano essere utilizzate per la produzione e il consumo legale. Le infiorescenze e la resina, che sono spesso al centro delle polemiche in quanto ricercate per l’uso ricreativo, non vengono esplicitamente vietate e, dunque, sono tecnicamente legali.

Tuttavia le decisioni degli organi di Giustizia sono spesso incoerenti e contraddittorie e si basano prevalentemente sull’interpretazione del singolo magistrato in assenza di una normativa chiara.

In conclusione

Abbiamo chiarito quali siano i punti principali che caratterizzano il nuovo ddl e come sia nebuloso l’attuale status legale della cannabis.

La poca chiarezza della normativa in materia rende le cose difficili per i consumatori e per le aziende che commerciano prodotti a base di cannabis, come lo shop Sensoryseeds.it, tra i leader nel settore della canapa light.

Per questo sarebbe auspicabile una revisione della legislazione sulla cannabis che la renda più trasparente e ne elimini le zone d’ombra.

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