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Il caso Insigne

 

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La frittata è fatta e si è in procinto di rigirarla dall’altro lato.

 

La questione Insigne se va via oppure no da Napoli per approdare a squadre estere è proprio l’emblema di una “società’’ infantile solo appena appena abbozzata.

 

Si ricorre al sentimento, ai valori della maglia, ai colori ed alla passione dei tifosi quando bisogna mettere mano ai portafogli ed alle esigenze, alle dinamiche economiche quando invece è ora di incassare…sempre col portafoglio in mano.

 

È una gestione bizzarra ma conosciuta troppo bene e qualificabile con ben altri aggettivi.

Una organizzazione (?) che lascia andare via un terzino-centrale forte e costato abbastanza in piena emergenza infortuni come Manolas che cambia maglia prima ancora che il mercato di gennaio sia iniziato.

 

Senza terzino sinistro oramai da quattro anni e con un centravanti recalcitrante che lascia baracca e burattini senza essere autorizzato per correre in Africa per la coppa fornito di maschera da fantomas per proteggere gli zigomi. Quando si dice alla faccia della società silente.

 

Buffa la posizione di Spalletti. Egli si sforza di rendere a tutti i costi retorico il suo modo di parlare già retorico di per sé stesso ottenendo il risultato urticante di una prosopopea incomprensibile con nessi causali pensati ma non profferiti.

 

Ripete però a memoria la lezione fornita dal presidente su quanto dire o non dire alla tifoseria. Non fu proprio quello Spalletti a dichiarare che la rosa fosse forte e che non si sarebbe mai trincerato al coperto di scuse per eventuali assenze da contagi covid o infortuni? Ma d’altronde non fu quell’Ancelotti pluridecorato Mister che lasciò andare via in un colpo solo Hamsik, Allan e Giorgigno decapitando in questo modo la struttura portante della squadra recitando con disinvoltura lo stesso canovaccio dettatogli??

 

Orbene, oggi, la società presenta il conto ad Insigne e vorrebbe da lui circa tre milioni all’anno più un bel messaggio d’amore alla tifoseria per quel richiamo al sentimento abbinato a doppia mandata alle esigenze di dinamiche economiche improcrastinabili di cui parlavamo sopra.

 

Le plusvalenze sono finite ed il sistema è imploso. Da questo momento in poi si dovranno  indossare i veri panni da imprenditori dismettendo quelli da semplici commercianti.

 

Insigne non è un fuoriclasse e questo si sa ma sul tavolo egli mette la qualifica di miglior calciatore italiano ed il titolo di campione europeo vestendo la maglia numero 10 della nazionale.

 

I proseliti del presidente lo tacciano di essere un traditore se cambia squadra e gli voltano le spalle perché Lorenzo avrebbe voltato loro, a sua volta, le sue di spalle.

 

Ma la questione è imperniata sulle spalle di chi le avrebbe voltate all’altro oppure di una schifezza pianificata per sdoganarlo attribuendogli colpe che non ha?

 

La storia di questa vicenda è chiara e l’accordo società-mister è totale. Ambedue si assumeranno   in solido ogni responsabilità.

 

A Napoli si dice ‘’…da quando è morta a criatur nun simm chiù cumpar.’’

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