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Il caso Grillo rende evidente l’esigenza di una regolamentazione dell’attività lobbistica

L’intervento di Simone Dattoli, Amministratore Delegato di Inrete

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Roma/Milano, 20 gennaio 2022 –  L’inchiesta che riguarda i rapporti tra Beppe Grillo e Vincenzo Onorato, patron della compagnia marittima Moby, riporta alla ribalta il tema della regolamentazione del lobbying, un’attività importante e necessaria ma troppo spesso confusa con qualcosa di losco e misterioso. Proprio in questi giorni si discute alla Camera un testo di legge che unifica tre proposte sul lobbying firmate da M5S e Italia Viva.

 

Sull’argomento è intervenuto Simone Dattoli, amministratore delegato di Inrete, società che si occupa di consulenza strategica per grandi aziende ed enti pubblici in vari ambiti che comprendono l’attività di lobbying e advocacy.

 

Quando ci sono di mezzo stakeholder istituzionali, aziende e attività lobbistica non c’è mai una via semplice. Il caso Grillo rende ancora più caldo un tema che viene affrontato in questi giorni anche alla Camera, in occasione della discussione del testo di legge che riguarda il lobbying. Spesso mi viene chiesto cosa ne pensi un lobbista della regolamentazione. Non credo esista una risposta univoca, ma sicuramente il riconoscimento che un processo decisionale trasparente da parte del decisore pubblico debba tener conto, nel contesto moderno, di una pluralità di portatori di interessi e attori a vario titolo coinvolti rappresenta un assunto da tener fermo.

L’Assemblea della Camera dei Deputati lo scorso 12 gennaio ha approvato la proposta di legge per la “Disciplina dell’attività di rappresentanza degli interessi particolari e istituzione del registro pubblico dei rappresentanti di interesse” (in sostanza una legge sul lobbying). Il provvedimento sarà ora discusso al Senato, ma si può già parlare di un’occasione eccezionale, perché è la prima volta che un provvedimento del genere supera sia la discussione in Commissione che il successivo voto in Aula. Diciamo che è il tentativo che andato più avanti di tutti e forse proprio il caso di cronaca che riguarda Grillo può spingerlo sulla corsia più veloce oppure azzopparlo in modo fatale.

Le principali novità introdotte dalla proposta di legge sono la costituzione di un registro pubblico cui dovranno iscriversi i lobbisti per svolgere le loro attività, in grado di garantire la trasparenza degli incontri con i decisori pubblici e dove elencare settimanalmente le attività svolte e i risultati raggiunti, e un Comitato di sorveglianza sulla trasparenza dei processi decisionali pubblici. Entrambi saranno gestiti dall’Autorità garante per la Concorrenza e il Mercato (AGCM). Secondo il testo approvato, al registro non potranno iscriversi né parlamentari durante il mandato né chi ha avuto incarichi di governo nazionale o regionale per un anno dalla cessazione del mandato. Viene inoltre previsto, cosa importante alla luce delle vicende di cronaca, il divieto di finanziare in qualsiasi modo i decisori.

Si tratta di norme di buonsenso, partorite – come quasi sempre le buone leggi – in un’ottica di superamento degli steccati laddove, ci dimostra ancora una volta la cronaca giudiziaria, le semplificazioni e le strumentalizzazioni sono all’ordine del giorno e tuttavia le problematiche assai comuni. Il caso Grillo è prevedibile che produrrà una nuova demonizzazione di un mestiere che, se svolto con la massima attenzione per le leggi (e non basta! Anche la massima attenzione per l’etica, che non è secondaria), è essenziale per la vita democratica non solo italiana, ma di ogni Paese occidentale. Liberarsi dai preconcetti e sperare davvero in un esito legislativo, questa volta, potrebbe essere davvero una buona notizia”.

 

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