Advertisement

Il 27 Gennaio 1945 le truppe sovietiche della 60a Armata del “1 Fronte ucraino” del maresciallo Ivan Konev liberano il campo di sterminio di Auschwitz ed ogni anno viene annoverata la “Giornata della Memoria”, per ricordare quell’evento che permise al mondo di scoprire gli orrori nazisti. Questa data viene universalmente dedicata al ricordo della shoah. Ma negli anni in cui si preparò l’infamia nazista vi furono esempi di personaggi che seppero opporsi all’odio antiebraico. Tra questi vorrei ricordare Mohammed V del Marocco, nato a Fez nel 1909 e sultano dal 1927 al 1953, in esilio tra il 1953 e il 1955, fu ancora riconosciuto sultano al suo rientro in patria e re del Marocco dal 1957 al 1961. Era figlio del Sultano Yusuf, alla cui morte egli ascese al trono. Era membro della dinastia alawita. Questo anniversario potrebbe permettere di approfondire, in modo più dettagliato la figura di questo Sovrano, e far conoscere anche al grande pubblico il suo atteggiamento negli anni difficili del secondo conflitto mondiale.
All’epoca della Shoah il Marocco si trovava a vivere una situazione politica assai particolare, anche in rapporto alle altre nazione dell’Africa settentrionale. Infatti solo dal marzo del 1912, con il trattato di Fez, il Sultanato del Marocco diveniva un protettorato francese mentre un’altra potenza europea, la Spagna, conservava il controllo diretto su altre parti del Paese nordafricano. Nei primi decenni del ‘900 il Marocco venne di fatto sembrato in tre zone di influenza, il protettorato francese, governato da Rabat, dove risiedeva il sultano; il protettorato spagnolo, governato da Tetouan, dove risiedeva un califfo nominato dal sultano; la città di Tangeri con uno statuto internazionale.
Nel 1927, quando la spartizione del Paese era già cosa avvenuta, salì al trono Mohammed V, che mantenne la grande determinazione a preservare l’unità almeno morale e civile del Marocco.
Nel giugno del 1940, quando i francesi vennero invasi dalla Germania nazista, i territori del Maghreb caddero sotto l’amministrazione della cosiddetta Francia “non occupata”, ossia di quella parte di territorio metropolitano che il vecchio maresciallo Pétain aveva creato, sotto la tutela nazista, uno Stato collaborazionista e reazionario. Accadde allora che alle popolose minoranze dell’ebraismo sefardita, residenti da secoli nel Maghreb, vennero via via applicate a partire dall’autunno del 1940 le misure vessatorie che il regime di Vichy.
In Algeria agli ebrei fu tolta dopo settant’anni la cittadinanza francese ottenuta in virtù del decreto Crémieux del 24 ottobre 1870. E il fatto che i loro diritti politici fossero tornati a essere quelli degli “indigeni musulmani algerini” costituì soltanto una prima deminutio, cui ne tennero dietro altre che li privarono dei diritti alla proprietà, all’istruzione scolastica, all’esercizio delle professioni, di movimento.
Anche in Marocco il governatore francese tentò varie volte di introdurre norme anti ebraiche, ma la tenacia di Mohamed V fu tale che di fatto vanificò le norme del governo di Vichy, basti ricordare l’opposizione del sovrano a consegnare al rappresentante del governo del maresciallo Petain l’elenco dei cittadini marocchini di religione ebraica, sostenendo che in Marocco non “esistevano sudditi ebrei, ma solo sudditi marocchini”. Nel 1941 fece presenziare alla festa in onore della sua salita al trono le massime autorità della comunità ebraica del Regno, un gesto di sfida e di coraggio per riaffermare l’eguaglianza della comunità ebraica marocchina all’interno della Nazione.
L’opposizione alle leggi antiebraiche in Marocco, grazie alla determinazione del sovrano, coinvolse tutta la popolazione. Gli avvocati e i professionisti marocchini di fede mussulmana protessero i loro colleghi marocchini di fede ebraica. Una opposizione alla legislazione antiebraica che si iscriveva nella antica tolleranza religiosa di questa nazione, una tolleranza antica quanto antica è la storia di questo paese.
Tale gesto permise di fatto la salvezza della comunità ebraica marocchina negli anni tremendi della Shoah.
Ricordare questo evento significa riportare alla luce una pagina di storia spesso dimentica e ricordare la grande figura di un sovrano, che negli anni difficili della Shoah con il solo atto di saper dire di “no “ a leggi moralmente ingiuste salvò molte vite umane e premise di continuare la lunga tradizione di tolleranza del Marocco, una tolleranza che ancora oggi resiste e prospera.
Ancora oggi il Marocco è centro di una politica religiosa aperta e tollerante dove le fedi abramitiche vivono assieme e collaborano per il progresso del Paese. Nello stesso clima che secoli prima nell’Andalusia almoravide le tre grandi religioni progredivano ed incoraggiavano il dialogo reciproco.
Questa antica vicinanza con tra Marocco e la sua comunità ebraica continua tutto oggi . Nel 2020 la Conferenza dei rabbini europei ha elogiato “il coraggio politico di Sua Maestà Re Mohammed VI e la sua azione permanente per la pace e la prosperità in Medio Oriente”. L’organizzazione ha anche elogiato l’azione permanente e continua del Sovrano “che ha sempre favorito il dialogo tra ebrei e musulmani”, osservando che “la storia degli ebrei del Marocco è una storia unica e particolare nello scacchiere dei paesi arabi. “. “I re del Marocco hanno sempre protetto le comunità ebraiche e consentito il loro sviluppo e la loro influenza”, si legge in un comunicato della Conferenza dei rabbini europei. “Anche se la maggior parte degli ebrei che non vive più in Marocco oggi, il Marocco è ancora presente nei loro cuori e nei loro ricordi”, ha detto il comunicato, sottolineando che “era sotto la guida di Sua Maestà il Re Mohammed VI e grazie al suo spirito di tolleranza e apertura sono stati rinnovati cimiteri ebraici, sinagoghe e quartieri urbani dove un tempo viveva la comunità ebraica ”. “È stato anche sotto l’impulso reale che una riforma scolastica è stata lanciata in Marocco includendo la storia e la cultura della comunità ebraica nei programmi scolastici”, si legge nel comunicato. Ha concluso che “è solo attraverso l’educazione delle giovani generazioni che potremmo lottare contro tutte le forme di razzismo e antisemitismo”. Fin qui ho riportato le agenzie di stampa sull’argomento dedicato alla decisione di Sua Maestà di includere la storia e la cultura ebraica in Marocco. Molti osservatori occidentali hanno accolto questa notizia come un fatto eclatante di importanza innovativa. I più attenti conoscitori del Marocco dovrebbero ricordare come questa nazione, ha iscritto nella costituzione del 2001 la cultura ebraica tra quelle compongono il Regno . Sua Maestà Mohammed VI ha promosso da sempre una politica di restauro e conservazione della tradizione ebraica marocchina . Sua Maestà, inoltre, come guida dei credenti, non solo ha su di se il peso della guida della comunità islamica ma , proprio in virtù del suo ruolo religioso è chiamato , nel rispetto della tradizione islamica a proteggere le fedi abramitiche. Il Marocco, in sostanza , ha sempre avuto una attenzione particolare verso tutte le comunità che si riconoscono nel Libro, e lo status di “Guida dei Credenti” impegna il sovrano ad essere difensore della Fede e protettore di coloro che discendono dal padre Abramo.

Tale considerazione ci permettono  di ricordare che il Marocco e Sua Maestà Mohammed VI continua l’opera di guida e protezione per ogni religione monoteista, significa che  Sua Maestà Mohammed VI è il continuatore di un modello di connivenza religiosa

Advertisement

Marco Baratto

Informazione equidistante ed imparziale, che offre voce a tutte le fonti di informazione

Advertisement
Articolo precedenteFOROF is born | As of 2 February 2022, Rome
Articolo successivoDomenica prossima si celebra l’arcivescovo Desmond Mpilo Tutu e la band Capone&BungtBangt è l’unica italiana invitata a partecipare alle celebrazioni a un mese dalla morte.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui