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Il trasloco di Draghi al Quirinale avrebbe condotto la legislatura attuale alla conclusione del suo mandato prima della scadenza naturale.

 

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Ora si dà il caso che la stragrande maggioranza dei parlamentari in carica ha una data importante segnata in rosso sul calendario, quella del 24 settembre 2022. In quel giorno gran parte dei deputati e dei senatori matureranno il diritto alla pensione.

 

Ricordiamo che dal 2012 il vitalizio dei parlamentari è stato sostituito con un trattamento pensionistico, erogato a partire dai 65 anni di età (ma può scendere anche a 60). Per ottenere la pensione deputati e senatori devono aver passato in Parlamento almeno una legislatura completa di 5 anni.

 

Per calcolare i contributi versati viene usato un sistema semestrale per cui in conclusione per ottenere la pensione è sufficiente che durante una legislatura si rimanga in carica per quattro anni, sei mesi e un giorno. Per tutti i parlamentari che il 4 marzo del 2018 sono stati eletti per la prima volta, a conti fatti, è necessario rimanere in carica fino al 24 settembre, non avrebbero infatti diritto alla pensione parlamentare se le Camere venissero sciolte prima di questa data.

 

In parole povere, conveniva ai nostri parlamentari non mettere minimamente a rischio i propri vitalizi. Una necessità basilare imprescindibile di sopravvivenza e un calcolo “scientifico” tanto più da fare per chi si è ritrovato nel 2018 a passare dalla condizione di nullafacente e disoccupato a deputato eletto con tanto di diritto al vitalizio. Facciamo presente che in questa categoria rientrerebbe il 68 % dei deputati e il 73 % dei senatori.

 

“Si va sempre più verso il ’no’ al voto prima del 2023 perché al di là delle dichiarazioni ufficiali, con il taglio del numero dei parlamentari pochi potranno sperare di essere ancora eletti. A questo si aggiunge il pragmatismo della pensione che scatta dopo 4 anni, 6 mesi e un giorno, quindi a fine legislatura. Ogni parlamentare ha versato circa 50 mila euro di contributi che, in caso di voto anticipato, andrebbero persi” aveva riferito la senatrice dell’Udc Paola Binetti, per cui difficilmente si andrà a votare prima della fine del prossimo anno.

E anche una analisi del voto pro Mattarella bis, propinata in un video da Claudio Borghi considera che questa motivazione, sia stata una componente di un certo peso per determinare e condizionare l’esito finale del voto.

 

Secondo la cronistoria del voto del deputato della Lega, in sintesi, misteriosamente 70 parlamentari tra quelli di Forza Italia e dei centristi, non hanno votato per la stessa Casellati di Forza Italia.

 

“Sentendo in giro tutti i vari deputati subito si capiva che c’erano due intendimenti, ‘Draghi no’, e ‘Mattarella bis’. Questo lo dicevano in molti, specialmente quelli del movimento Cinque Stelle, e se uno ci pensa dopo può capire abbastanza bene da che parte vengono certe idee, perché c’era il flusso di corrente che portava in quella direzione. Molto semplicemente noi abbiamo mille parlamentari che si sono autotagliati , quindi grazie all’autotaglio la stragrande maggioranza di costoro pensa che ogni giorno in più a palazzo è un giorno guadagnato e quindi cos’era la soluzione che garantiva in modo certo, assoluto e molto più concreto rispetto a promesse tipo ‘ve lo assicuro non cambia niente’, ‘il governo va avanti non temete’, di arrivare a fine legislatura? Mattarella bis. Una volta capito che l’andazzo era più o meno quello, in teoria si poteva forse anche chiuderla lì” ha riferito Borghi.

 

Pur tuttavia due tentativi secondo lui andavano fatti e sono stati fatti. Il primo tentativo con la candidata di centrodestra Maria Elisabetta Alberti Casellati di Forza Italia che sarebbe stata un’eccellente presidente donna con una grande esperienza nelle istituzioni, con sei legislature al Senato, ex membro del CSM, laureata in diritto canonico, e prima donna presidente del Senato.

 

“Il risultato l’avete visto, una porcheria, ma si era deciso di segnare i voti, vale a dire ogni gruppo avrebbe scritto il nome in modo diverso, oltretutto Maria Elisabetta Alberti Casellati si prestava, chi scriveva solo Casellati, chi Alberti Casellati, chi senatrice Casellati e così via, e i segretari d’aula riescono a vedere quello che era scritto (…) il risultato è stato che abbiamo saputo grazie a questo sistema dove sono stati i cosiddetti franchi tiratori e magari sarebbe stato ancora peggio se non ci fosse stato” ha sottolineato Borghi.

 

Proseguendo nell’analisi ha rivelato che la Lega aveva a disposizione 208 voti e li ha messi tutti, anche Fratelli d’Italia li ha messi tutti, sono mancati 50 voti di Forza Italia e 20 dei centristi, quindi ben 70 sarebbero stati i franchi tiratori.

 

“Ora io dico, ma queste persone, così piccole da non capire che avevi un’opportunità che non era mai successa, di poter portare un candidato di centrodestra a Presidente della Repubblica, dopo un’infinita serie che ora proseguirà, di presidenti di sinistra, tu impallini il candidato di Forza Italia, del tuo stesso partito?! (…) Questi simpatici 70 ominicchi hanno pensato bene di buttare all’aria una cosa costruita in sette anni in cui Salvini ha detto che bisogna assolutamente preservare l’unità del centrodestra perché divisi vincono gli altri, ingoiando tutto, pur di mantenere l’unità del centrodestra” sono ancora le sue parole.

 

Guardando invece nel centrosinistra si osservava, contro le indicazioni dei loro leader che dicevano di votare scheda bianca, che votavano Mattarella, soprattutto quelli del movimento Cinque Stelle per le motivazioni di sopravvivenza, secondo Borghi, riferite prima; e da qui volendo si poteva già capire come sarebbe finita.

 

Nel nulla, come così è finita con un’altra candidatura impallinata quando Salvini, è andato a sentire cosa proponevano quelli di sinistra e ha trovato un nome che avrebbe potuto mettere d’accordo sia il movimento Cinque Stelle, rappresentato da chi in quel momento “millantava” (termine usato da Borghi) di rappresentarlo, vale a dire Conte, che Fratelli d’Italia.

 

È arrivato quindi un tweet di Beppe Grillo a sostegno della candidata Elisabetta Belloni benedicendo questa ipotesi e l’annuncio trionfante di Conte dopo aver incontrato Matteo Salvini ed Enrico Letta, scatenando la furia di Di Maio, nonostante la vicinanza di quest’ultimo alla Belloni risalente ai tempi del lavoro alla Farnesina.

 

Anche questo progetto è finito malissimo perché a quel punto è partito l’impallinamento interno soprattutto del movimento Cinque Stelle avendo in maggioranza persone pro Mattarella per evitare qualsiasi rischio che potesse andare a rompere la continuità del governo non arrivando alla fatidica data del 24 settembre 2022, per cui nella notte questo progetto è esploso e a quel punto si è andato su Mattarella, senza pensare a Casini, evitando il derby Mattarella-Casini e perdendo altro tempo inutile.

Vito Piepoli

 

 

 

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