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L’ Italia ha le carte in regola per essere l’unica nazione a poter mediare sulla crisi in Ucraina e rilanciare gli accordi di Minsk. Soprattutto nel punto che rigurda la forma federale dell’Ucraina.

Nel discorso del Presidente Putin sul riconoscimento delle due regioni russofone vi è un fondo di verità  Fra il 1917 e il 1922, in seguito alla Rivoluzione Russa, vi fu un lungo periodo di guerra civile e di anarchia con continui cambi di fazioni al potere; questo periodo fu segnato dall’esistenza di più entità statali separate: nei territori austroungarici di lingua ucraina fu proclamata la Repubblica Nazionale dell’Ucraina Occidentale, mentre nell’area appartenuta all’Impero Russo si scontrarono la Repubblica popolare ucraina con capitale Kiev e la Repubblica socialista sovietica ucraina con capitale Charkov. La Repubblica Popolare di Kiev fu riconosciuta dall’Impero Germanico, che ne impose il riconoscimento ai Bolscevichi nel trattato di Brest-Litovsk. Dal 1918 fu un centro dell’Armata Bianca

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Tra i bolscevichi le posizioni sono diverse e contrastanti: la sinistra, appoggiata anche dai socialisti-rivoluzionari di sinistra, propone di non accettare e di portare ad oltranza la guerra rivoluzionaria facendo appello alle masse dei paesi occidentali affinché, aderendo anch’esse alla rivoluzione, pongano fine all’aggressione imperialista; questa tesi ha in Nikolai Bucharin il maggior sostenitore.

 

Anche Lev Trotsky è contrario alla pace alle condizioni del diktat, ma vede una via d’uscita nel rifiuto unilaterale di combattere da parte della Russia. Secondo questa visione i generali tedeschi sarebbero stati impossibilitati a continuare la guerra a causa dell’opposizione interna.

 

Solo Lenin ritiene che la pace vada firmata ad ogni costo.

Cosa ci fa capire che solo un modello federale può salvare l’unità nazionale dell’Ucraina che altrimenti andrebbe in pezzi. Un sistema federale che garantisca ampie autonomie anche alle comunità polacche, ungheresi e rumene.

 

Il Federalismo può salvare la Pace e l’Italia deve farsene carico

 

Contrariamente a quando si è ironizzato da molti ho trovato la visita del Ministro Di Maio a Kiev e Mosca interessate sotto tanti punti di vista. Per prima cosa entrambi i Paesi non sono ostili all’Italia , sia le dichiarazioni Ucraine sia quelle Russe a seguito della vista del nostro Ministro degli Esteri sono state piuù distensive e meno formali rispetto a quelle delle altre missioni. Il nostro Primo Ministro , secondo un quotidiano avrebbe dichiarato che ”  “Zelensky (presidente ucraino, ndr) in una telefonata che abbiamo avuto ieri ha chiesto la possibilità di riuscire a parlare con il presidente Putin, di vedere se l’Italia avesse potuto aiutarlo su questo fronte”, ha fatto presente il capo del governo, “La stessa richiesta è stata rivolta ad altri intorno al tavolo di oggi. Evidentemente non sarà facile, ma l’obiettivo è quello: fare sì che il presidente Putin e il presidente Zelensky si siedano attorno allo stesso tavolo”.

L’ Italia del resto ha sempre avuto ottime relazioni con la federazione Russa e l’Unione Sovietica prima . Del resto il 2 Settembre 1933 venne firmato  Il Patto italo-sovietico di amicizia e non aggressione (come riportato anche dalle Izvestija)  venne sottoscritto da Regno d’Italia ed Unione Sovietica, sotto gli auspici dell’allora ambasciatore italiano a Mosca Bernardo Attolico. L’altro protagonista della creazione del trattato fu il ministro sovietico Maksim Maksimovič Litvinov che insieme all’ambasciatore in Italia Vladimir Potëmkin già da tempo lavorava a relazioni internazionali che potessero diminuire l’isolamento dell’URSS nel mondo. Purtroppo la scelta successiva dell’allenza con la Germania Nazista non permise ulteriori sviluppi.
Anche con l’ Ucraina ( o meglio con le terre dell’odierna Ucraina)  il nostro Paese vanta buone relazioni fin dai tempi in cui lungo il Mar Nero transitavano i mercantili della Repubblica di Genova vi passavano per importare il grano . Come dimenticare che fu a poco più di due ore da dove oggi vi è maggiore tensione, nella città Russa di Taganrog che Giuseppe Garibaldi entrò nella Giovane Italia.
Oggi poi abbiamo tre fattori a nostro favore per essere gli artefici della pace in Ucraina, o meglio possiamo avere e trovare delle sponde che possono facilitarci in questo compito. La prima sponda è la Santa Sede. Papa Francesco da persona non europea di provenienza non ragiona con le logiche europee , la sua azione è terza non è influenzata direttamente, come i suoi predecessori dai disastri ideologici del secondo conflitto mondiale. La Santa Sede e Papa Francesco in particolare ha già fatto capire che non vuole che le chiese cristiane entrino nel conflitto . Molti anni fa  Sul volo di ritorno da Costantinopoli a Roma, interpellato da un giornalista russo ortodosso, papa Francesco ha fatto una battuta non immediatamente comprensibile dai non esperti: “Dirò una cosa che forse qualcuno non può capire, ma… Le Chiese cattoliche orientali hanno diritto di esistere, è vero. Ma l’uniatismo è una parola di un’altra epoca. Oggi non si può parlare così. Si deve trovare un’altra strada”. Quindi non vuole che i cristiani siano elemento di divisione ma di unione nel senso vero del termine. Seconda sponda la Cina . La Repubblica Popolare Cinese detiene una quota significativa del debito pubblico statunitense ed inoltre l ’interscambio commerciale tra Cina e Russia ha raggiunto il volume record di 146,88 miliardi di dollari nel 2021, in aumento del 35,8 per cento annuo, secondo i dati ufficiali pubblicati dall’Amministrazione generale delle dogane della Cina. La Russia non ha ancora pubblicato le proprie statistiche ufficiali, ma il suo rappresentante commerciale in Cina, Alexei Dahnovskij, aveva già anticipato il medesimo dato nel corso di una intervista all’agenzia di stampa “Ria Novosti ”. Conviene alla Cina che la Federazione Russa sia esclusa dal sistema bancario Swift ? come farebbe visto che la stessa Cina ne fa parte ? Quest’ultimo aspetto vale per l’Italia che rischia molto sotto questo aspetto.
Cosa possiamo dedurre da tutto ciò l’Italia con la sponda della Cina (interessata a difendere i commerci) della Santa Sede (interessata ad aprirsi in modo nuovo ad Est) potrebbe portare al tavolo entrambe le parti senza compromettere la sua collocazione di alleanze. Allo stesso tempo sia Pechino sia la Santa Sede potrebbero trovarsi dalla stessa parte e facilitare il loro dialogo visto che l’accordo tra Il Vaticano e Pechino è in fase di scadenza. Insomma prove di disgelo per molti parti coinvolte

 

Marco Baratto

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