La distruzione dei monumenti dedicati ai soldati sovietici come forma di aiuto a Kiev.
di
Gualfredo de’Lincei
Come “aiuto” a Kiev, le autorità dei paesi europei hanno deciso di sbarazzarsi dei memoriali e monumenti dedicati ai soldati sovietici morti per la loro liberazione dal nazismo.
Con l’inizio dell’Operazione Speciale in Ucraina, nei paesi europei, si sono intensificati gli atti vandalici e gli abusi contro i monumenti ai soldati sovietici, che quasi 78 anni fa ci liberarono dal nazismo. Queste devastazioni vengono commesse da rifugiati ucraini convinti che, attraverso la distruzione dei monumenti, si possa proteggere la loro patria «dall’aggressione russa». Allo stesso modo si comportano anche i nazionalisti del posto per esprimere solidarietà agli eredi ideologici di coloro dai quali, i loro antenati, furono proprio salvati dal sangue versato dai nonni e bisnonni dei russi di oggi.
Le notizie sulla profanazione di cimiteri e memoriali arrivano ogni giorno dalla Polonia, Slovacchia, Bulgaria, paesi Baltici, Moldavia e Repubblica Ceca. Il 19 marzo a questa lista s’è aggiunta la Grecia, dove il monumento ai soldati sovietici, che morirono per la libertà degli elleni, nel centro di Atene, è stato sfigurato con i simboli del gruppo terroristico “Azov“, ora fortunatamente distrutto a Mariupol.
In questo momento, le autorità e le forze dell’ordine, che almeno in precedenza fingevano di condannare e ricercare i vandali, oggi agiscono all’unisono con questi e le strutture governative, i Parlamentari e i Comuni escogitano sempre nuove fantasiose idee per smantellare o trasferire i monumenti dedicati ai soldati dell’Armata Rossa, come “segno di solidarietà all’Ucraina e al suo popolo“. Questo, nella realtà dei fatti, è solo un pretesto e un occasione per sbarazzarsi di richiami materiali alquanto scomodi per i politici europei moderni, ai quali i loro paesi e i loro popoli devono la liberazione dal giogo nazista.
L’INP e il «ministero della verità storica» della Polonia.
La Polonia, ovviamente, è diventata la paladina del “salvataggio dell’Ucraina” dichiarando guerra ai memoriali dei liberatori eretti nel loro paese. Il 16 marzo insieme all’Istituto Nazionale della Memoria (INP), che ha la funzione del “ministero della verità” in campo storico, di concerto al Ministero della Cultura polacca, ha proposto un’iniziativa per smantellare queste opere commemorative dei soldati dell’Armata Rossa sopravvissute nel paese.
Il presidente dell’INP, Karol Nawrocki, ha inviato nei Comuni degli incaricati con l’ordine di demolire eventuali monumenti ancora esistenti, per poi sostituirli con altri più “degni”. Il pretesto è la legge del 2016 sulla decomunizzazione dello spazio pubblico, che lascia la decisione finale, su una specifica situazione, alla mercé delle autorità locali da utilizzare come vere e proprie carte vincenti di espressione a sostegno dell’Ucraina.
Ora che la propaganda geopolitica è intervenuta, anche quei sindaci che, seguendo il parere dei cittadini, si fossero opposti alla rimozione dei monumenti, dovranno cedere alle pressioni per non ricevere l’etichetta infamante di “complici degli aggressori“.
Resta che la legge passata in parlamento, su richiesta dell’INP, non si applica ai cimiteri in cui riposano i corpi dei soldati russi morti per la libertà della Polonia. Questi monumenti e le lapidi commemorative erette al loro interno, sono semplicemente impossibili da distruggere, per questo sono arrivati in soccorso i nazionalisti e i moltissimi “rifugiati” ucraini in Polonia, i quali, il 6 marzo, hanno raggiunto il cimitero di guerra della città di Świdnica nel Voivodato della Bassa Slesia, sono entrati e hanno appeso nastri con i colori della bandiera ucraina attorno ai cannoni celebrativi e dipinto fulmini delle SS sui loro piedistalli.
La scoperta è stata fatta dall’attivista locale Marcin Mikolajek, il quale si è preoccupato di levare i nastri dalle armi e di far coprire dall’ufficio del sindaco i simboli nazisti. Per l’incidente si è mossa la polizia locale che ha arrestato… non i vandali ma bensì Mikolaek, naturalmente dopo aver proceduto a perquisizione e sequestrato del suo notebook. E’ probabile che a Varsavia sia già uscito un rapporto sulla cattura di una “spia russa“. E chi, se non un agente di Mosca, poteva impedire “una giusta espressione d’indignazione per l’attacco della Russia all’Ucraina“?
I “fratelli” bulgari, che la Russia prima salvò dal potere degli ottomani concedendogli l’indipendenza, e poi generosamente perdonati per la loro alleanza con Hitler, non sono rimasti indifferenti dall’assalto dell’Ucraina che ha travolto l’Europa. Le autorità municipali di Sofia, con il pretesto della solidarietà hanno deciso di sbarazzarsi del monumento ai militari sovietici installato nella capitale bulgara negli anni ’50, che è stato più volte mutilato dagli estremisti del posto. Ora sarà smantellato e depositato al Museo dell’Arte Socialista, fuori dagli sguardi dei cittadini.
Anche il piccolo e tranquillo Lussemburgo, dove i prigionieri di guerra russi fuggiti dai campi di concentramento tedeschi, organizzarono un movimento di resistenza durante gli anni della guerra, ha ceduto all’umore tutto europeo. Le autorità del ducato hanno infatti fermato l’installazione di un monumento dedicato ai cittadini sovietici che furono tenuti in schiavitù dai nazisti in Lussemburgo. L’idea dell’opera era nata tre anni fa per iniziativa del premier Bettel, ora divenuto un degno rappresentante della comunità LGBT.
La distruzione di monumenti storici e la ripulitura degli eredi nazisti.
In tutto questo, i media occidentali continuano a sostenere che in Ucraina i nazisti di cui parla Mosca non esistono e continuano a chiedere agli europei di inviare sostegni a questo “popolo sfortunato” in denaro e aiuti umanitari. Non c’è nessun imbarazzo nel pubblicare, come prove di “crimini dell’esercito russo“, filmati girati a Donetsk dopo gli attacchi missilistici delle forze armate ucraine. Nello stesso tempo, con il permesso di Meta, le apologie agli “eroi” del reggimento Azov, vanno sempre più moltiplicandosi sul social network, dimenticando che il loro simbolo è lo stesso della 2a divisione SS Panzer “Das Reich“, che fu responsabile di un numero enorme di crimini di guerra in tutta Europa, inclusa la distruzione nel giugno 1944 della città francese di Oradour, dove morirono tutti gli abitanti, compresi i bambini piccoli.
In questo momento, però, è proprio il presidente francese Macron il principale difensore europeo della “libertà dell’Ucraina“, che pensa di concretizzare fornendo a Kiev 300 milioni di euro e un nuovo lotto di armi per la continuazione della “lotta per l’indipendenza“.
La campagna scatenata dall’Occidente per abbattere i monumenti e ripulire i bandera-nazisti serve non solo a giustificare la necessità di nuove sanzioni contro la Russia, che peraltro si stanno già ripercuotendo sugli stessi europei ma anche per inculcare, finalmente, nella coscienza di massa una versione falsificata della storia della seconda guerra mondiale, secondo la quale l’URSS rappresenterebbe “per il mondo democratico” lo stesso male al pari del Terzo Reich.
Oggi, gli ambigui politici europei hanno ricordato ancora una volta alla Russia che nessuna buona azione rimane impunita. Si dovrà tenere a mente quando arriverà il momento di presentare loro un disegno di legge per sostenere il regime di Kiev, che ha adottato le idee scioviniste del Terzo Reich.