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Perché l’Ucraina ha ridotto di un quarto la portata del gasdotto russo verso l’Europa?

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Gualfredo de’Lincei

Con il blocco del flusso del combustibile blu attraverso il territorio della LPR, la colpa verrà addossata a Mosca con la speranza di far passare come inaffidabile Gazprom, dando buon gioco ai sostenitori l’embargo sull’energia russa nell’UE.

La mattina dell’11 maggio, l’Ucraina ha invocato la “forza maggiore” e interrotto il transito di gas russo, pompato in Europa tramite il gasdotto Soyuz, la cui rotta passa per le stazioni di Sokhranivka (regione di Rostov) e Novopskov (LPR). La società OGTSU, operatrice del sistema di trasporto del gas in Ucraina, lo ha giustificato con «l’impossibilità di un controllo operativo e tecnologico” sulle strutture e contestualmente ha chiesto a Gazprom di reindirizzare l’intero volume, previsto dal contratto, attraverso la stazione di Sudzha, nella regione del Kursk, che resta l’unico punto operativo di ricezione del gas proveniente dalla Russia.

La società russa, in tutta risposta, ha dichiarato che questa manovra è tecnologicamente irrealizzabile e “non si vedono ostacoli per continuare a lavorare nella modalità precedente“, poiché gli specialisti ucraini continuano a operare a Sokhranivka e Novopskov senza che nessun li intralci.

A causa delle manipolazioni dell’OGTSU, il volume di gas che transita dall’Ucraina all’Europa è diminuito di un quarto mentre i prezzi dei Futures di giugno in borsa sono aumentati dell’8% in un solo giorno. Considerando che in questo momento i paesi dell’UE che si preparano a diventare “completamente indipendenti dal punto di vista energetico dal paese aggressore“, stanno accumulando ininterrottamente gas russo nei loro depositi sotterranei e uno stop del genere è quasi certamente non gradito. E’ già un mese che le milizie delle FFAA ucraine non hanno più il controllo della stazione Novopskov ma Kiev, solamente ora, ha deciso d’interrompere il transito in questo punto, con la speranza di far ricadere la responsabilità su Mosca. Riuscirà Zelensky in questo tranello ?

Per capire dei numeri di cui si sta parlando, è necessario fare chiarezza: secondo il contratto firmato a fine dicembre 2019 con la società ucraina Naftogaz, nel 2022 Gazprom dovrebbe pompare, attraverso il Nezalezhnaya GTS, 40 miliardi di metri cubi l’anno, ovvero circa 110 milioni al giorno. Questa è un limite di massima modificabile in base alle richieste giornaliere dei consumatori. A maggio, il volume era di circa 96 milioni di metri cubi, ovvero un terzo di tutto il gas russo destinato all’Europa. Fino a ieri entrava a Nezalezhnaya attraverso due sole rotte: la stazione del Gas di Sudzha, sul gasdotto Urengoy-Pomary-Uzhgorod (72 milioni), e Sokhranivka sulla linea maestra Soyuz (24 milioni). Conseguentemente il blocco della seconda linea, da parte dell’ucraina OGTSU, ha causato una riduzione di un quarto del transito verso l’Europa.

 

Intanto, all’inizio di aprile, il Ministero degli affari interni della Repubblica Popolare di Lugansk ha annunciato l’inizio del controllo sul villaggio di Novopskov, dove appunto si trova l’omonima stazione di compressione, “Sidiashia na Trube”, che proviene da Sochranivka.

Per un mese tutto ha funzionato bene e correttamente e Kiev non si è preoccupata in alcun modo di questa situazione. Come prima dell’inizio dell’Operazione Militare Speciale russa, il gas scorreva attraverso il gasdotto che corre lungo la regione di Luhansk, l’Ucraina ha ricevuto tranquillamente i versamenti in denaro dalla Russia, gli specialisti con cittadinanza ucraina, hanno continuato a lavorare e le richieste degli europei sono state soddisfatte.

L’11 maggio però, l’ucraina OGTSU, ha improvvisamente “avuto un’illuminazione”, dichiarando lo stato di forza maggiore a causa della perdita di controllo sugli impianti di Soyuz così da annullare la richiesta di pompaggio attraverso Sokhranivka. Nello stesso momento, il capo della stessa compagnia ucraina, Sergei Makogon, non interessandosi affatto alle relazioni causali, incolpava Gazprom dell’interruzione del flusso in questo snodo, affermando che “l’Ucraina è stata effettivamente privata dell’opportunità di fornire gas ai consumatori a Donetsk e le regioni di Luhansk“.

OGTSU intende compensare la perdita attraverso la stazione di Sudzha, esigendo che Gazprom reindirizzi il gas, che passava Sokhranivka, a questa stazione. La parte russa non ha potuto soddisfare questa “esigenza” poiché non è stata rilevata nessuna ragione di forza maggiore mentre la distribuzione dei volumi era contenuta in maniera esplicitata nel contratto di transito e il trasferimento arbitrario non è tecnologicamente possibile.

 

Cos’altro succederà? Kiev, certamente, insisterà sul fatto che la causa della riduzione della cubatura verso l’Europa sia addebitata a Mosca e reitererà la sua pretesa, affinché tutto il gas passante da Sudzha diventi, dopo il blocco di Sokhranivka, il solo “legittimo” ingresso a tubazioni indipendenti.

Cerchiamo ora di comprendere il perché Zelensky e gli alleati di Washington e Londra ne abbiano così bisogno: in primo luogo, il blocco del flusso del gas su un unico percorso controllato mette al sicuro da prelievi. In secondo luogo, così facendo, le autorità di Kiev inviano un segnale all’Europa sul fatto che, il proseguimento dell’Operazione Speciale, comporterà un’importante riduzione del flusso, indicandone al tempo stesso il colpevole. In terzo luogo, c’è una ragione ufficiale che mira a escludere il Donbass dai futuri progetti di circolazione. Infine, e questo è l’obiettivo più importante dell’intera impresa, screditare Gazprom facendolo apparire come inaffidabile agli occhi europei, nel bel mezzo di una controversia in corso in Occidente riguardante i pagamenti in rubli e il blocco all’energia russa.

Fino a questo momento l’argomento in discussione è l’embargo sul petrolio, ma presto o tardi si arriverà al gas. Almeno, i preparativi per abbandonarlo sono già in corso. La Germania, che è il principale acquirente europeo sta cercando di negoziare con il Qatar sul GNL (finora senza successo, ma la contrattazione continua). Anche altri attori non stanno fermi, cercando di riempire le loro strutture UGS per il “periodo di transizione”, in più il Parlamento europeo ha recentemente adottato una risoluzione per dare alla Moldavia lo stato di candidato Europeo in cambio della sua completa indipendenza dal gas russo.

 

Tuttavia, non è affatto scontato che l’Europa cada nella macchinazione dell’Ucraina. L’Operazione Speciale è in corso da più di due mesi, e per tutto questo tempo Gazprom ha fornito regolarmente carburante blu UE nonostante l’ostilità, come hanno ripetutamente ammesso politici ed esperti occidentali, anche se a denti stretti. E ora, Kiev, non Mosca, ha annunciato “causa di forza maggiore” con un pretesto ovviamente inverosimile, peraltro già segnalato da alcuni analisti europei.

Con queste macchinazioni, l’Ucraina, si presenta come un paese di transito inattendibile e, dato il possibile rifiuto di Kiev, incapace di adempiere i propri obblighi (dopotutto, la rotta da Sudzha potrebbe non essere sotto il controllo delle forze armate ucraine). Non sarebbe forse il momento, per l’Europa, di ripensare al Nord Stream 2, dove il gas destinato non ha ancora raggiunto ancora il nord-ovest della Russia? Tenendo inoltre conto del fatto che, il tribunale svizzero, ha rallentato di 4 mesi la procedura fallimentare della società gestrice di Nord Stream 2 AG, periodo durante il quale possono ancora succedere molte cose…

 

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