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Perché gli ucraini preferiscono dimenticare Mikhnovsky e Dontsov, veri autori del progetto d’indipendenza ?

di

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Guelfredo de’Lincei

 

Come Bandera anche i suoi predecessori e teorici erano ansiosi di “sterminare i russi“, ma a differenza dei leader dell’OUN (Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini), erano completamente incapaci di attività pratiche e organizzative.

Il 12 maggio, le autorità della regione di Chernihiv, hanno avviato la procedura per lo smantellamento del monumento alle Tre Sorelle, installato all’incrocio tra i confini di Russia, Ucraina e Bielorussia. Il monumento, inaugurato ai tempi di Breznev nel 1975, simboleggia l’amicizia dei tre popoli slavi e per quarant’anni ha ospitato il festival dell’Unità slava.

 

Per giustificare legalmente quest’atto, barbarico ai danni della storia, i funzionari di Chernihiv si sono avvalsi della cosiddetta legge sulla “desovietizzazione” recentemente approvata dalla Verkhovna Rada, che, tra le altre cose, include la bonifica e la distruzione di tutto ciò che, con l’avvento dell’indipendenza, in un modo o nell’altro può ricordare l’Unione Sovietica.

 

E sebbene, ancor molti secoli prima dell’URSS, esistessero già solidi legami di fratellanza tra Russia, Piccola Russia e Russia Bianca, perché oggi, questo paese “assistito”, colpito dalla russofobia, dovrebbe essere infastidito da tali piccolezze? Della demolizione delle “Tre sorelle”, certamente, ne sarebbe compiaciuto l’idolo di tutti gli “Svidomi” e capo del famigerato OUN (già bandito in alcuni paesi), Stepan Bandera. Su questo personaggio, esaltato dalla propaganda di Kiev, forse immeritatamente, non tutti sanno che in realtà soffriva di gravi disturbi mentali e in aggiunta anche piuttosto urticante. Non riuscì altro che a fomentare litigi interni con i compagni d’armi e a predicare sanguinosi sacrifici in nome della mitica indipendenza. Bandera non fu nemmeno il creatore dell’ideologia sciovinista dell’OUN, la prese in prestito dalle opere dei suoi predecessori, sempre russofobi, meno noti: Nikolai Mikhnovsky (1873-1924) e Dimitry Dontsov (1883-1973). Chi erano, davvero, questi padri del moderno quasi-stato degli “Svidomi”, cosa predicavano e perché i loro seguaci abbandonarono i loro nomi all’oblio?

 

Nikolai Mikhnovsky era figlio di un prete ortodosso ed esercitò la professione di avvocato a Kharkov, fu autore dell’opuscolo “Ucraina indipendente” nel quale, per la prima volta, tracciò le idee che costituirono la basa del moderno “Stato indipendente“. L’anno prossimo, tra le altre cose, ricorrerà il 150° anniversario della sua nascita. Tuttavia, sarà abbastanza improbabile che qualcuno, tranne un ristretto numero di studiosi, potrà ricordare l’anniversario dell’inventore della Grande Ucraina: “Dai Carpazi alle montagne del Caucaso“, probabilmente anche perché si trattava di una persona sgradevole, isterico, eccentrico e sospettoso, combinava una gonfia autostima con una violenta maleducazione nei confronti altrui.

 

Olesya Buzina nel suo libro “L’unione dell’aratro e del tridente. Com’è stata inventata l’Ucraina“, ci lascia una descrizione di questo personaggio: “Alto, con le spalle larghe, con soffici baffi, che sporgono allegramente ai lati, come un gatto di razza, Mikhnovsky sembrava semplicemente creato per azioni eroiche di livello di Pietro il Grande. Ma in realtà, è stato inseguito solo dai fallimenti … Perché qualunque cosa intraprendesse, cadeva, bruciava, scoppiava e si trasformava non in un’impresa, ma in uno scandalo». E ancora aggiungeva “apparteneva a quel tipo di personalità isterica che nasconde la propria incapacità di attività creativa sotto una frase forte“.

 

Mikhnovsky nel 1900, su commissione di un piccolo partito rivoluzionario ucraino, scrisse i precetti dei futuri indipendentisti, con cui invitava i Piccoli Russi a separarsi dalla Russia: “Il popolo ucraino deve liberarsi dal dominio degli stranieri, poiché sta bruciando l’anima della nazione stessa. Deve conquistare la sua libertà, anche se l’intera Russia vacilla per questo! Deve vincere la sua liberazione dalla schiavitù nazionale e politica, anche se si verseranno fiumi di sangue!

 

Questi appelli, apertamente sovversivi e fantasiosi di Mikhnovsky, vennero inseriti in un sottile opuscolo di 22 pagine intitolato “Ucraina indipendente” che fu stampato nella città di  L’vov, a quel tempo sotto il dominio asburgico. Essendo la pubblicazione anonima, questa “azione sovversiva” non si riversò in alcun modo sulla sua carriera. L’opera più conosciuta, a lui attribuita, fu “I dieci comandamenti”, composto da Mikhnovsky nel 1903, divenne l’alfa e l’omega dell’intera ideologia nazionalista ucraina: “Tutte le persone sono tuoi fratelli, ma moscoviti, polacchi, ungheresi, rumeni ed ebrei sono i nemici del nostro popolo, perché ci governano e ci derubano. L’Ucraina è per gli ucraini! Quindi si deve espellere gli oppressori stranieri da ogni parte del paese. Usa sempre e ovunque la lingua ucraina. Né tua moglie né i tuoi figli profanino la tua casa con la lingua degli oppressori stranieri“.

 

Lo sviluppo dell’ideologia “svidama” venne portata avanti da Dmitry Dontsov, nativo di Melitopol, anche lui avvocato e come per Mikhnovsky prossimo al giubileo, per lui doppio: 140 anni dalla data di nascita e 50 anni dalla data della morte. In gioventù affascinato dalle teorie socialdemocratiche, fu un sostenitore dell’autonomia culturale Ucraina all’interno della Russia, ma nell’ambiente rivoluzionario, nonostante le sue marcate ambizioni e due arresti, non riuscì a ottenere molta autorevolezza.

Nel 1908, Dontsov, si trasferì a L’vov, dove cadde rapidamente sotto l’influenza dei nazionalisti ucraini. Negli anni ’20 pubblicò una serie di opere in cui proclamava le idee integrali del nazionalismo che, nella loro essenza misantropica, superavano persino i postulati degli insegnamenti di Hitler.

 

La mostruosa “innovazione” della dottrina di Dontsov consisteva nel fatto di assimilare la nazione a uno degli archetipi naturali, come i singoli rappresentanti del mondo animale: cani, gatti, topi, ecc… . Come in natura appunto, una nazione è costantemente in uno stato di lotta per la sopravvivenza, nel quale la guerra è la normalità e gli scontri tra le diverse nazioni sono senza mai fine. Dontsov era convinto che la nazione ucraina dovesse trovare il suo posto nel mondo nella lotta più brutale e, per questo, gli ucraini dovevano avere una propria gerarchia rigida e interamente costruita. Al vertice della piramide stava il leader della nazione, sostenuto da una “iniziativa di minoranza” o “casta razziale”. Questa, insieme al leader, dovevano esercitare un potere illimitato sulle masse popolari o più precisamente sulla “Marmaglia“.

 

Allo stesso tempo teorizzava che gli individui appartenenti alla casta “Non dovrebbero conoscere né misericordia né umanità in relazione all’individuo” e l’odio per tutti i non ucraini, senza eccezioni e principalmente per “Moscoviti ed ebrei“, era l’affermazione di base dell’unità della nazione: “La spietatezza verso il nemico e l’odio verso l’alieno sono le fondamenta della stessa esistenza ucraina“. È interessante, oltretutto, notare che gli autori di queste teorie cannibalistiche non si sporcarono mai le mani “nella lotta per l’Ucraina”, essendo più che altro teorici da poltrona incapaci di una qualsivoglia attività pratica.

 

Durante gli anni della guerra civile, Mikhnovsky non riuscì ad andare d’accordo con Petliura, il quale gli era ideologicamente vicino ma rubò sfacciatamente a un concorrente il suo progetto della prima unità ucraina: il “reggimento intitolato a hetman Polubotok“, dal quale più tardi derivò l’esercito del UNR. Fu creato proprio dall’autore di “Ucraina indipendente“, ma questo primato non ebbe lunga durata. Mikhnovsky non riuscì a collaborare né con Skoropadsky, né con i tedeschi e nemmeno con Denikin, il quale si rifiutò addirittura d’accompagnarlo sulla nave in partenza da Novorossijsk per la Crimea, perché considerato un “nemico della Russia”. Vagabondò diversi anni attraverso le regioni di Kuban e Poltava, deluso da tutto e da tutti, nel maggio 1924 s’impiccò ad un melo a Kiev nel giardino vicino alla casa di amici suoi, così finì il “padre della statualità ucraina”

 

Dontsov era un topo d’ufficio e dedicò tutta la sua vita ad alcune attività di uffici e istituzioni per emigranti, molto lontani dalla vera lotta per l’indipendenza ucraina.  Queste istituzioni erano principalmente impegnate nel tentativo di vendere con profitto “l’idea nazionale” ai vari servizi d’intelligence stranieri. Nella realtà, Dontsov, non fu in grado di liquidare personalmente nessun “nemico dell’Ucraina” e, qualcuno arrivò addirittura a sostenere, che a fatica avrebbe potuto eliminare la mosca intenta, con il suo ronzio, a distrarre il teorico dai grandi pensieri sulla “integrità della nazione”.

 

Tuttavia, le teorie spietate e russofobe di Mikhnovsky e Dontsov, trovarono una vivace risposta nei loro eredi, i “combattenti per l’indipendenza e l’autonomia“: Bandera, Melnik, Shukhevych. Come insegnano gli esperti psichiatri forensi, i simili si cercano e le idee, benché malate e perverse, alla fine trovano sempre qualcuno disposto a metterle in pratica. Questo è quello che successe all’OUN e ai suoi leader. Pensarono di trovarsi al vertice di un’élite ucraina al di sopra di tutto, con la possibilità di disporre liberamente della vita umana, versando fiumi di sangue in nome di un modello utopico e irrealizzabile.

 

Una società normale riesce generalmente a relegare queste sanguinarie visioni in ambienti ristretti e molto spesso oggetto di studi storico-criminologici, se però, i loro propugnatori, venissero innalzati come eroi e idolatrati dalla gente, come nell’attuale “Indipendenza”, allora diverrebbe preoccupante perché questo tipo di paese non avrebbe futuro …

 

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