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Il caso Taranto. Una politica da ripensare senza confusione

Pierfranco Bruni

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Taranto, in queste ultime elezioni amministrative, ha fatto registrare la netta vittoria del Pd e la schiacciante sconfitta della destra, di quel Centro destra confusionario, ampio e labirintico, disarticolato e senza una “struttura ” di pensiero politico. Ma c’è nel Centrodestra, come si è verificato anche nelle Regionale del 2020, una mancanza di leadership di una destra matura, radicata in una idea di destra e “sparsa” nel e sul territorio.
Questo però non significa che è bello e giusto, anzi…  ciò che viene dalle sinistre o dal Pd o perché ha una progettualità forte, alta e lungimirante, il quale Pd stravince, semplicemente, perché a destra c’è un totale vuoto sul piano delle eredità, sulle definizioni politiche e sulle determinazioni culturali. Il Centrosinistra rivince soltanto  perché non esiste un Centrodestra. Non esistendo, il “campo” è libero.
Da questo punto di vista la responsabilità maggiore, a destra, è data dalla confusione e dalla mancanza di indirizzo proprio da che avrebbe dovuto rappresentare un modello politico, inclusivo sulle idee, vero, ovvero da Fratelli d’Italia, unico soggetto partitico strutturato.
Una simile situazione ancora più distante dall’elettorato di destra e distratta dentro le dinamiche di una ragione politica si è verificata a Catanzaro che ha scelto l’individualismo perdente. Due città del Sud dove il disorientamento nella destra è disarmante.
Cosa si potrà raccontare ancora dopo questa caduta? Un fatto, comunque, è certo al di là delle analisi o delle vacue interpretazioni. Si riafferma il modello “partito”. Il Pd soprattutto a Taranto ha messo nello spazio competitivo l’idea di partito, se non tradizionale ma congiunto e non disgiunto dai movimenti. Cosa che avrebbe dovuto fare il partito “della Giorgia”, il quale riperde Martina Franca, antica roccaforte della destra, e sbriciola il valore, se ancora di ciò si deve parlare, di quella destra che era nata con Alleanza nazionale e sotto le guide di uno stratega qual è stato Pinuccio Tatarella e di una pensatrice della politica come è Adriana Poli Bortone. Forse proprio Adriana dovrebbe riprendere il filo di una destra altra rispetto a quella che in Puglia è stata distrutta.
Cosa che non è avvenuto a sinistra perché volente o nolente il presidente Emiliano, che uomo di sinistra culturalmente non è, è riuscito ad intercettare su diversi orizzonti adottando il metodo propriamente tatarelliano.
Cosa fare in questa temperie per le elezioni politiche del prossimo anno in Puglia? Facile e paradossale. Ricostruire il Centrodestra, ma non certamente attraverso percorsi già sconfitti, consumati e deformati.
Si deve partire dalla sconfitta alle Regionali e dalla caduta vertiginosa di Taranto per ridare voce ad una destra attrezzata politicamente e culturalmente e mettere da parte le distrazioni, i distrattori e i confusionari.
L’elettorato c’è ancora. Ma non si dialoga proponendo visioni che di destra non sono. A sinistra come dicevo vince il Pd, ma vince soprattutto Emiliano pur con difficoltà interne, con accoppiamenti, a volte, acefali e con proposte impercettibili. Ma c’è. La destra del Centrodestra  e il Centrodestra inclusivo non ci sono come modello progettuale.
Taranto è una dimostrazione.  Una testimonianza significativa. Vince l’idea del partito strutturato a sinistra e crollano i movimenti. Perde la proposta che era improponibile ad incipit a destra e restano le macerie di un vuoto completamente politico soprattutto per un partito che si dice strutturato e vincente in altri contesti territoriali.

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