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Salario minimo. Delle Site (UCID): meglio rafforzare la partecipazione dei lavoratori alla vita delle aziende

Roma – “La direttiva UE sul salario minimo sta provocando un acceso confronto fra le forze politiche e le parti sociali italiane, vi è chi pensa che debba essere lo Stato ad assicurare a tutti livelli minimi di reddito, noi pensiamo che lo Stato non possa sostituirsi ai corpi sociali intermedi e agli attori naturali dell’economia” lo dichiara Benedetto Delle Site, presidente nazionale del Movimento Giovani dell’UCID (Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti) che riunisce i manager e capitani d’impresa cattolici.

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“In un momento storico – sottolinea il leader dei giovani manager ed imprenditori cattolici – in cui il la tutela delle aziende e l’incremento dei livelli occupazionali sono obiettivi prioritari è giusto interrogarsi su misure che implementino tali obiettivi. Noi, anche a fronte delle trasformazioni prodotte dall’automazione e dall’IA, crediamo che l’Italia dovrebbe finalmente attuare forme innovative di partecipazione dei lavoratori alla gestione e agli utili d’impresa, perché ciò favorirebbe una più equa distribuzione della ricchezza prodotta insieme ad una maggiore condivisione di responsabilità”.

“La partecipazione dei lavoratori agli utili e alla gestione delle aziende – continua Delle Site – non è mai stata intrapresa convintamente dal nostro Paese a causa di una visione ideologica e conflittuale dei rapporti fra capitale e lavoro, fra imprenditori e lavoratori. Se vogliamo guardare veramente all’Europa, in primis alla locomotiva tedesca, bisognerebbe finalmente attuare l’articolo 46 della Carta costituzionale.”

“La Dottrina sociale della Chiesa – conclude il presidente nazionale dei giovani imprenditori cattolici – ha sempre raccomandato questo tipo di percorso, e oggi più che mai dopo i recenti shock della pandemia e della guerra è chiaro a tutti che il futuro dei lavoratori e quello delle imprese sono legati. Pensare alle imprese come a soggetti comunitari segnati da un destino comune, attraverso l’azionariato diffuso e la partecipazione ai risultati, significa superare la tentazione di una nuova espansione dello Stato e contemporaneamente munirsi di strumenti che favoriscano una migliore gestione delle inevitabili trasformazioni del lavoro che già vediamo in atto”.

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