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BOTTA E RISPOSTA

Ondeggia il globo sulla corda, il precipizio guarda…                                                               Eh sì, è proprio l’intero globo in pericolo da quando si è innescata la miccia russo-ucraina. Prosegue la guerra con distruzioni e morti, una guerra ibrida che l’Occidente lascia agli ucraini, ma nessuno può dirsi fuori da conseguenze, nel mondo che si è voluto globalizzato tutti i continenti, chi più e chi meno, subiscono.                                                                                                     La Russia non vuole la Nato alle sue porte, non vuole l’Occidente che disprezza. Una botta cui bisogna dare una risposta, all’Ue con astinenza energetica, boomerang delle sanzioni che Putin può tenere in non cale, agli Usa che ogni cosa hanno diretto e continuano a dirigere. La presenza in una terra vicina, non grande Stato ma di rilievo strategico, li farà stare in fibrillazione.                                                                             La Russia, all’unipolarismo statunitense, sorto con la disgregazione della superpotenza sovietica e del quale anela la fine, dà la risposta in Nicaragua, vale a dire in quella parte dell’America Centrale che si presenta più delle altre geograficamente strategica anche per la possibilità, tra l’altro, della costruzione di un canale che metterebbe in comunicazione l’Atlantico col Pacifico e viceversa, quindi non sarebbe per importanza di certo inferiore a quello di Panama. E intanto può abbaiare (riprendiamo l’efficace espressione di Papa Francesco volgendola alla Russia) alle porte degli Usa.                                                                                                                                     Il Nicaragua è antiamericano da lungo tempo, come lo è Cuba insieme al Venezuela, entrambe orientate pure verso la Repubblica Popolare Cinese. Lo scorso 7 giugno il Presidente del Nicaragua Daniel Ortega ha firmato un decreto in base al quale dà l’autorizzazione alle forze armate russe, di terra mare e cielo, a poter entrare in Nicaragua per partecipare a esercitazioni di addestramento, ma anche a operazioni di aiuto umanitario, inoltre per missioni di ricerca, salvataggio e recupero in situazioni emergenziali o disastri naturali. Come si fa a condannare una presenza per aiuti umanitari o per le emergenze dovute anche a disastri naturali? Si dovrebbe allora condannare anche gli Usa che qua e là si sono intrufolati a fin di bene, come da sempre hanno asserito.      A memoria storica, però, non è mai successo, né con antichi imperi, né con gli Stati leader di nessuna era: al meglio che vada entrambi, dell’una e dell’altra parte, traggono convenienza.                                                                                                                  Gli Usa hanno ovviamente subito dato il contraccambio escludendo il Nicaragua dal libero scambio, ma intanto sono ora costretti a non guardare più il conflitto da lontananze.                                                                                                                     La guerra russo-ucraina sembra inoltre aver accentuato il problema tra la Repubblica Popolare Cinese, quella con capitale Pechino, e la Repubblica della Cina o di Taiwan con capitale Taipei. Una piccola nazione insulare Taiwan, formatasi nel 1949 quando, con la vittoria del Partito Comunista Cinese, il Kuomintang di Chiang Kai-shek fu costretto a ritirarsi a Taiwan rinunciando a Nanchino e facendo capitale Taipei. Ostilità lunga tra Pechino e Taipei nella quale si sono inseriti gli Usa a difesa della indipendenza di Taiwan. Anche qui botta e risposta tra Pechino che non ammette l’indipendenza di Taiwan dalla Repubblica Popolare Cinese e Washington che non vuole assolutamente azioni destabilizzanti. “Taiwan è parte della Cina”, ha ribadito alcuni giorni fa Wei Fenghe, ministro della Difesa cinese, e Wu Qian, portavoce del Ministero della Difesa ha affermato che la Cina non esiterà a iniziare una guerra “se qualcuno osa dividere Taiwan dalla Cina”. Al Presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping, fautore di un’unica Cina, si contrappone la Presidente Tsai Ing-wen fautrice della indipendenza di Taiwan e orientata verso la cultura occidentale.                                                                                         Ma, oltre al terrore di un ventilato folle uso di armi nucleari e agli altri problemi globali di grave entità (pandemie e malattie varie, ingiustizie e disuguaglianze, depauperamento delle risorse del pianeta, fame e crudeltà infinite) a rendere ancor più precario l’equilibrio del globo concorre quell’organizzazione jihadista salafita, detta Stato Islamico. E’ attiva in Siria Yemen e Iraq con diramazioni e penetrazione anche del pensiero che comincia in Occidente a prendere pure chi apparentemente non è uno sprovveduto, con azioni terroristiche in ogni continente. Con essa, però, c’è pure chi ha fatto e continua a fare affari.                                                                                                                                         La differenza, ed è questa che dovrebbe far meditare per salvarci e salvare il nostro modo di essere più o meno somigliante, sta nel fatto che, mentre Putin, Biden, Xi Jinping e tutti gli altri, se vogliono, possono parlarsi pervenendo anche ad accordi, ciò è impensabile con i jihadisti. E conviene riflettere, perché, come diceva Oriana Fallaci, “se non ci si oppone, se non ci si difende, se non si combatte, la Jihad vincerà”.  Vincerà tutto un altro modo di essere.

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Antonietta Benagiano

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