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Napoli. Presentato alla libreria Raffaello in via Kerbaker al Vomero, martedì 21 giugno 2022, la raccolta di racconti scritti da Bruno Pezzella “Tanti piccoli K*” per i tipi di Mea edizioni.

 

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Presentato alla libreria Raffaello in via Kerbaker al Vomero, martedì 21 giugno 2022, la raccolta di racconti scritti da Bruno Pezzella “Tanti piccoli K*” per i tipi di Mea edizioni. Con l’autore sono intervenuti Adolfo Mollichelli e Geltrude Vollaro e le letture (intriganti), sono state a cura di Giulio Adinolfi e Adriana Carli.

Ritroviamo il nostro prolifico autore in una delle presentazioni che entusiasmano per la semplicità con cui vengono condotte e la bravura degli attori, Giulio Adinolfi (tra l’altro autore di “Stasera andiamo a vedere Luisa Conte” – Iuppiter – pubblicato nel dicembre 2017) e Adriana Carli (tra l’altro docente di scenotecnica, direttore artistico regista, scenografo e autrice), che si sono prestati con grazia alla lettura di passi coinvolgenti del libro.

Abbiamo chiesto all’autore la ragione del titolo e ci ha spiegato che Piccoli “k”, è il modo con cui Philip Roth[1] definisce i protagonisti dei racconti di Kafka. Tanti piccoli “k” sono i tanti/quanti  che contiamo, nell’umanità persa e sconfitta che popola le città del mondo. Bruno Pezzella da sempre divide la propria attività tra insegnamento, giornalismo e scrittura. Ha, difatti, insegnato all’Università Federico II di Napoli. Ha scritto per: Il Mattino, Roma, Napolioggi, Meridiana, Rotopress ed è stato redattore del quotidiano Napolinotte. Al momento collabora con giornali e riviste on line ed è critico d’arte e curatore di appuntamenti culturali che portano in Napoli motivo di incontri tra coloro che amano dialogare su poesia, letteratura, arte.

Lo conosciamo come autore di numerosi saggi monografici, di testi di didattica e manuali sulla formazione (“Sapereformare”, Satura, 2004 – “Un professore riflessivo”, Satura, 2006; “La fabbrica della felicità”. Cuzzolin, 2008) e, sempre per i tipi di Cuzzolin: “Il sapere tra incertezza e coraggio” la conoscenza mobile (2011) e  “Adessità” il tempo della provvisorietà e del transito (2017). Per la narrativa ha già pubblicato con Guida, Napoli ( 2001 ) “L’enigma di Calvino”,  finalista (come inedito) al Premio Napoli in giallo ’99; “Nik Stupore… e i tre nodi del marinaio”, Rogiosi editore, Napoli (2014); “Controluce, Homo Scrivens” (2016). Anche se non amerebbe essere definito così, è certamente “uomo di cultura”. Non manierato o stereotipato, piuttosto di quelli che mettono sempre in discussione se stessi, ponendosi alla verifica delle proprie qualità con nuovi esperimenti di scrittura, quale questo “Tanti piccoli K*”, assieme di racconti che certamente ci parlano della sua esperienza umana più di quanto appaia ad un primo sguardo, corredati, ovviamente della sua inventiva satirica. Sono storie che non ci mostrano eroi da imitare, piuttosto concretizzano identità temporanee, trasparenti, appartenenti ad universi paralleli della incertezza.

I personaggi quali Edu, Nino, Cocò, Elzeviro, Venicius, il “rospo”, Trek, la spogliarellista anoressica (bellissima la lettura fatta da Adriana Carli), l’assassina professionista, il terrorista deluso, il vecchio che sogna di aver ucciso il ladro, David e Philip, Giorgio Morin attore disoccupato, il musicista ucraino, il pulitore di pesci, Terence e le sue paure, la donna col cappello, e tutti gli altri, certamente non possiamo avvicinarli all’apparente metodicità dell’autore. Ma come possiamo noi penetrare davvero nelle possibilità oniriche di uno scrittore? Che diritto abbiamo? Possiamo dubitare che sia capace di creare e rendere tangibili questi esseri, che pure ci appaiono transitori, fuori dalle logiche degli studi sociologici nondimeno ben vivi in una loro personale costruzione della realtà, in cui non si attendono un certo domani?

Non hanno speranza, rifuggono dal presente, non riescono a pensare e a farci sperare in un loro possibile futuro eppure hanno ragione di esistere se creati dalla creatività di uno scrittore. Vivono anch’essi.

I racconti, in un susseguirsi di storie che non riusciamo, neanche volendo, ad identificare, per offrire loro una sia pur fragile realtà, ci spiazzano. Eppure non dobbiamo stupirci che “dal cassetto nascosto”, quasi visionario, del nostro scrittore, siano usciti e si siano infilati di diritto in un loro “spazio/tempo” incerto e inafferrabile.

Non sappiamo se soffrire con loro o, piuttosto, osservarli vivere come personaggi lontani, che appartengono ad un mondo fantastico, se pure scaturito dalla stessa mente che ha elaborato i lavori precedenti. Come per una fuga dalla realtà, una voglia di costruire pensieri “altri”, queste possibilità di vita rifiutate dalla logica però che non mancano di una loro filosofia dell’esistenza. Qualcuno ha riconosciuto in questo ultimo (in ordine di tempo), lavoro, un “evidente ritorno al piacere delle trame”. Se è vero, come può essere vero, che noi esseri umani, specialmente in quanto artisti, abbiamo il dovere di accrescerci, possiamo immaginarci come una sorta di “cipolla intellettuale” che si amplia, si arricchisce e si modifica, per non restare monotonamente uguale a se stessa, anche quando pensiamo di avere raggiunto una organicità di comodo.

Tuttavia: esiste una organicità di comodo per un artista creatore? Direi di no.

Bianca Fasano

 

[1] Philip Milton Roth (Newark, 19 marzo 1933 – New York, 22 maggio 2018) è stato uno scrittore statunitense.

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