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Medica Toracica dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano – si potranno applicare tecniche innovative, come il sequenziamento a singola cellula, e ottenere risultati solidi. 

 

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TUMORI POLMONARI: ALCUNI NUMERI

Il tumore al polmone è la prima causa di mortalità legata al cancro in tutto il mondo. L’incidenza globale nel 2018 (periodo pre-COVID) è stata stimata in 2 milioni di casi, destinato a crescere nei prossimi 20 anni. Sono due le famiglie di tumori polmonari: quello a piccole cellule (SCLC), che rappresenta circa il 15-20% dei casi totali, e quello non a piccole cellule (NSCLC), che ne rappresenta circa l’80-85% e che viene spesso diagnosticato già in fase avanzata rendendolo non suscettibile di resezione chirurgica (a differenza del primo che è sempre considerato una malattia sistemica). L’associazione dei pazienti IPOP, sarà uno degli attori principali del progetto

 

PROLUNGARE LA SOPRAVVIVENZA

Per diversi decenni, la chemioterapia è stata l’unico trattamento in grado di prolungare la sopravvivenza nei pazienti con tumore del polmone avanzato. Negli ultimi anni, i progressi della biologia molecolare hanno portato all’identificazione di specifiche alterazioni genetiche a carico di alcuni geni (EGFR, KRAS, BRAF, MET, ALK, ROS1, RET). Per i pazienti portatori di queste alterazioni si sono dimostrate molto efficaci le terapie a bersaglio molecolare, mirate ad eliminare selettivamente le cellule con queste caratteristiche.

Ancora più recentemente, l’avvento dell’immunoterapia ha stravolto il trattamento dei tumori privi di alterazioni geniche. Questa terapia, che ha ricevuto il premio Nobel nel 2018, agisce risvegliando e mobilitando il sistema immunitario del paziente in modo che possa riconoscere e distruggere le cellule tumorali. Ad oggi, i pazienti vengono selezionati a ricevere immunoterapia, da sola o combinata con la chemioterapia, in relazione al livello di espressione tumorale di PD-L1, al momento l’unico biomarcatore soddisfacente nel predire l’efficacia del trattamento immunoterapico.

Tuttavia, anche se la probabilità che un paziente benefici dell’immunoterapia è più alta in caso di maggiore espressione di PD-L1, il ruolo di PD-L1 rimane poco chiaro come elemento predittivo di efficacia del trattamento e solo un piccolo, seppur importante, sottogruppo di pazienti ottiene un beneficio significativo e duraturo dal trattamento in monoterapia. Si rende quindi necessaria l’identificazione di biomarcatori e metodologie più efficaci, ed è proprio a questo bisogno urgente che la rete Apollo 11 intende rispondere.

 

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