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Étincelles / Scintille

Mostra dei borsisti di Villa Medici

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15 giugno – 7 agosto 2022

 

 

Con i borsisti di Villa Medici:

Kaouther Adimi, Iván Argote, Charlie Aubry,
Théodora Barat, Samir Boumediene, Nidhal Chamekh, Aude Fourel, Marta Gentilucci, Noémie Goddard, Evangelia Kranioti, Marielle Macé, Benoît Maire,
Hèctor Parra, Julie Pellegrin, Mathieu Peyroulet Ghilini, Guy Régis Jr.

Curatore: Saverio Verini
 

Curata da Saverio Verini, Étincelles / Scintille riunisce le realizzazioni dei sedici artisti, autori e ricercatori nell’ambito della residenza annuale di creazione, sperimentazione e ricerca a Villa Medici.

 

Questo appuntamento rappresenta un punto d’incontro tra diverse pratiche, dalle arti plastiche alla composizione musicale, passando per la letteratura, l’architettura, il teatro, la storia e la teoria dell’arte.

 

La mostra si presenta come la restituzione di 16 progetti che testimoniano un momento unico nel percorso dei borsisti: la residenza come laboratorio di sperimentazione. Che cosa può nascere dal rapporto e dall’incontro di diverse individualità e pratiche? Dallo spazio dello studio a quello espositivo, come si dà forma a un’idea, a una ricerca? Queste domande accompagnano un percorso di proposte poliedriche, scandite da un allestimento che offre uno spazio indipendente a ogni progetto, pur preservandone l’unità.

 

Il titolo, Étincelles / Scintille, suggerisce l’idea della creazione artistica, ma allude anche al conflitto (“fare scintille”) o, al contrario, all’intesa (“la scintilla è scoccata”). Si tratta di una parola fortemente visiva, legata alla luce e al fuoco, capace di esprimere la vitalità dei progetti dei borsisti e di evocare l’inevitabile temporaneità di un anno di residenza che si sta per concludere, insieme al desiderio dei borsisti di restituire le ricerche condotte durante il soggiorno a Roma. Étincelles / Scintille si presenta come un percorso fatto di corrispondenze – alcune evidenti, altre più sottili – tra progetti che affrontano questioni ricorrenti: la tendenza all’accumulazione compulsiva, la reiterazione di gesti e segni, la riflessione su temi politici, la rappresentazione del corpo, la relazione tra paesaggio naturale e artificiale. Sono queste alcune delle costanti che affiorano nelle ricerche dei borsisti, che si presentano negli spazi di Villa Medici secondo un ritmo che vuole sottolineare possibili dialoghi e affinità tra i vari interventi.

 

Durante un’estate, le sale espositive di Villa Medici si trasformano in uno spazio di riflessione e sperimentazione che accoglie proposte libere nelle forme più diverse, siano esse espositive o performative, compiute o incompiute. Questi interventi ci portano nei luoghi – immaginari o fisici, a partire da Roma – che alimentano la creazione più contemporanea e si estendono oltre la mostra.

 

Étincelles / Scintille è accompagnata da un catalogo che riunisce i progetti dei borsisti dell’Accademia di Francia a Roma. La pubblicazione includerà inoltre una serie di pagine dedicate ai dialoghi e agli scambi tra i borsisti, lasciando spazio a incursioni, approfondimenti e libere associazioni su temi diversi che hanno segnato l’esperienza dei borsisti a Villa Medici.

I BORSISTI DI VILLA MEDICI 2021/2022
 

Kaouther Adimi, scrittrice

Nata nel 1986 ad Algeri, Kaouther Adimi è una scrittrice, drammaturgo e sceneggiatrice. Dopo i suoi primi due romanzi ossia Des ballerines de papicha (Le ballerine di papicha – Premio della Vocazione 2011) e Des pierres dans ma poche (Sassolini nella mia tasca), riscuote un notevole successo con il libro Nos richesses (La libreria di rue Charras – Premio Renaudot dei liceali e Prix du style), pubblicato nel 2017 dalle Éditions du Seuil, evocazione del leggendario libraio ed editore Edmond Charlot. Il suo quarto romanzo, Les petits de décembre (I bambini di Dicembre – Premio del romanzo meticcio dei liceali) è stato pubblicato nel 2019.

Il suo lavoro mescola archivi e finzione, realtà e immaginazione, appropriandosi dei luoghi per trasformarli, riesumando storie dimenticate per reinserirle nella narrazione.

Kaouther Adimi collabora a numerose riviste e scrive per il teatro e il cinema.

A Villa Medici lavora al suo quinto romanzo, Au vent mauvais, in cui, attraverso i destini intrecciati di tre personaggi, dipinge un grande affresco dell’Algeria, che abbraccia quasi un secolo, dalla colonizzazione alla lotta per l’indipendenza, fino all’estate del 1992, quando il Paese precipita nella guerra civile. Au vent mauvais sarà pubblicato nel settembre 2022 dalle Éditions du Seuil.

Direttamente ispirata dalla sua residenza a Villa Medici, Kaouther Adimi ha immaginato il pavone rosa, un racconto scritto per il programma “OLI” di France Inter, musicato per la Notte bianca (novembre 2021) da Hèctor Parra e Imma Santacreu.

Iván Argote, arti plastiche e regia

Nato nel 1983 a Bogotá (Colombia), Iván Argote è un artista plastico.

Attraverso le sue sculture, installazioni, film e interventi, Iván Argote interroga il nostro rapporto intimo con gli altri, le istituzioni, il potere e i sistemi di credenze. Sviluppa strategie basate sulla tenerezza, l’affettività e l’umorismo grazie alle quali suggerisce approcci critici dei racconti storici dominanti e tenta di decentrarli. Nei suoi interventi sui monumenti, le sue installazioni su larga scala e le sue perfomance, Iván Argote propone nuovi usi simbolici dello spazio pubblico. Il suo lavoro fa parte di numerose e prestigiose collezioni in tutto mondo tra cui quelle dei seguenti musei e istituzioni: Guggenheim Museum (New York, Stati Uniti), Centre Pompidou (Parigi, Francia), ASU Art Museum (Phoenix, Stati Uniti), Cisneros Fontanals Art Foundation (Miami, Stati Uniti), Colección de Arte del Banco de la República (Bogota, Colombia), Fondazione Kadist (San Francisco, Stati Uniti) e MACBA (Barcellona, Spagna).

Il suo progetto a Villa Medici è radicato nell’eredità della città di Roma e nella sua particolarità di possedere il più grande numero di obelischi del mondo: otto dell’antico Egitto, cinque dell’epoca romana e innumerevoli altri moderni. Durante la sua residenza a Villa Medici, Iván Argote si consacra ai loro percorsi sia temporali che geografici. Il suo progetto si divide in due parti: un film documentario nel quale un piccione ci porterà alla scoperta dei vari obelischi di Roma e una serie di installazioni in situ a Villa Medici attorno all’obelisco che vi si trova.

Charlie Aubry, arti plastiche e musica

Nato nel 1990 a Lillebonne (Francia), Charlie Aubry è un artista plastico.

Charlie Aubry si è laureato con lode in arti plastiche (DNAP, 2012) ed espressione plastica (DNSEP, 2014) presso la Scuola Superiore delle Belle Arti di Tolosa (ISDAT). Sviluppa una pratica intorno all’elettronica, attraverso la quale interroga l’errore come metodo di apprendimento. Questo lavoro inizia dapprima con la rivisitazione di oggetti elettronici che diventano rapidamente per lui veri e propri strumenti di creazione sonora e visiva.

A partire dal 2013, collabora regolarmente con la compagnia Maguy Marin: nel 2014, compone la colonna sonora dello spettacolo BiT quindi quella di DEUX MILLE DIX SEPT (DUEMILADICIASETTE) suonata dal vivo durante la rappresentazione. Inoltre, firma la musica e la scenografia dell’ultima creazione della compagnia, Ligne de Crète (Linea di Cresta).

Il suo progetto a Villa Medici gli permette di proseguire le ricerche, avviate con l’installazione p3.450, intorno ai rapporti tra tecnologia, usi e arte. L’installazione p3.450 è un’utopia critica, uno scenario di anticipazione che mette in risalto alcuni usi tecnologici e i suoi limiti. Secondo Charlie Aubry, questo genere di scenario speculativo rappresenta la materializzazione concreta dei possibili cambiamenti – siano essi tecnologici o societali – tramite oggetti o dispositivi. L’installazione e le ricerche dell’artista interrogano i comportamenti e gli permettono di gettare uno sguardo critico su fenomeni di società. Durante la sua residenza, Charlie Aubry vuole scrivere nuovi scenari d’uso e protocolli, apportandovi contributi teorici e facendoli coabitare con la sua pratica della scultura e del dispositivo rappresentato da installazioni.

Théodora Barat, arti plastiche e regia

Nata nel 1985 nella regione parigina, Théodora Barat è un’artista plastica.

Théodora Barat ha studiato presso le Belle Arti di Nantes prima di frequentare il Fresnoy – Studio Nazionale delle Arti Contemporanee. Attualmente, elabora una tesi di ricerca e creazione nell’ambito del programma di dottorato RADIAN. Ha vinto, tra l’altro, il Premio Audi talents (2016), la borsa FACE / Étant Donnés dell’AIC (2020), nonché quella del programma di sostegno alla ricerca e alla creazione dell’Istituto di Fotografia (2021).

Il suo lavoro mescola scultura, film, installazione, video e fotografia ed è stato presentato nelle seguenti istituzioni museali e non: K11 – Musea (Hong Kong), Cneai, Emily Harvey Foundation e Elizabeth Foundation for the Arts (New York), Nuit Blanche, Friche de la Belle de Mai, Mains d’Œuvres, Glassbox, CAC Vilnius (Lituania). Inoltre, ha fatto parte della programmazione video del Palazzo di Tokio, museo d’arte moderna di Parigi e di numero festival internazionali.

Il suo progetto a Villa Medici si concentra sullo studio e la ricerca intorno alla possibilità di una scultura documentaria. Come infondere a una scultura un valore documentario senza che essa diventi una ricostituzione? Come restituire un contesto storico senza che si tratti di un’illustrazione? Il progetto è originato dalle costruzioni che occupano gli sfondi dei film di Fellini, nonché dalle centrali nucleari italiane smantellate e dall’architettura razionalista. Sono tutte varie incarnazioni della modernità, vari testimoni delle sue transizioni o mutazioni. Il progetto tende a rivelare la storicità e il valore documentario di queste costruzioni. Partendo da questo corpus, Théodora Barat realizzerà una serie di sculture, sistemate e messe in scena nella periferia romana. In questo modo, le frontiere si confonderanno tra riprese, cantiere di costruzione e ricostruzione. Questo passato riportato in vita e questi racconti riattivati faranno scontrarsi violentemente varie temporalità. Ma stavolta, le vestigia saranno fittizie.

Samir Boumediene, ricercatore e narratore

Nato nel dipartimento della Mosella (Francia) nel 1985, Samir Boumediene è storico dei saperi e delle arti. Attualmente è borsista dell’Accademia di Francia.

Ricercatore presso il CNRS, titolare di una laurea in storia moderna, ha pubblicato, nel 2016, la sua tesi intitolata La colonisation du savoir. Une histoire de plantes médicinales du Nouveau Monde (La colonizzazione del sapere. Una storia di piante medicinali del Nuovo Mondo).

Il suo progetto di ricerca a Villa Medici è dedicato a un’espressione: « La verità è figlia del tempo » ovvero « Veritas Filias Temporis », molto usata nell’arte italiana del XVI, XVII e XVIII secolo. Analizzando dipinti, incisioni, disegni, sculture e arazzi che evocano quest’idea, si tratta di capire l’importanza che acquisisce la tematica della scoperta nella storia culturale, sociale e politica delle arti. In Italia, questo tema viene infatti associato a varie riflessioni sulla novità dei tempi, l’invenzione, i conflitti tra artisti e la pratica del segreto politico. Attraverso questo motto, è quindi possibile documentare il contributo italiano alle tensioni che hanno animato l’Europa, tra nuovo e antico, segreto e menzogna, visione del progresso e paura della fine.

Allo stesso tempo, Samir Boumediene sta conducendo progetti all’interfaccia tra le arti culinarie e visive. Come estensione delle sue ricerche sulle pratiche di fermentazione e sull’uso delle spezie, approfittò della sua residenza a Roma per scrivere un documentario sul soffritto.

Chiamato anche sofregit in catalano o sofrito in castigliano, il soffritto è la base di molti piatti e salse della cucina mediterranea. Dietro le sue infinite variazioni, si presenta come la combinazione di una sostanza grassa e di un rappresentante del genere alium (in particolare cipolla, aglio, scalogno). Anche se non ha un equivalente nel vocabolario della cucina francese, gioca in realtà un ruolo altrettanto fondamentale. Questo vale anche per molte altre cucine in Asia, Africa e America, dove, nonostante gli occhi lacrimosi e il rischio di lesioni, la preparazione dei piatti inizia con il taglio di un bulbo pungente.

Ripercorrendo la storia del soffritto e delle sue ricomposizioni nell’epoca della cucina fusion, questo documentario vuole evidenziare l’attenzione agli ospiti che caratterizza il gesto culinario e che dà a tanti piatti (risotto, caponata, ratatouille, salsa catalana, salsa mirepoix, ecc.) l’essenza del loro sapore.

Nidhal Chamekh, arti plastiche

Nato nel 1985 a Dahmani (Tunisia), Nidhal Chamekh è un artista plastico.

Nidhal Chamekh si è laureato presso l’Istituto Superiore delle Belle Arti di Tunisi e l’Università della Sorbona di Parigi. Continua a lavorare e vivere in entrambe queste città. Il suo lavoro artistico si situa all’incrocio tra biografismo e politica, vissuto e storicità, evento e archivio. Frammenta, disfa e disseziona la costituzione della nostra identità contemporanea.

Le sue opere sono esposte in tutto il mondo (Biennale di Venezia, Triennale di Aïchi, Biennale di Architettura di Orléans, Incontri di Bamako, Biennal Videobrasil, Biennale di Dakar, Biennale Dream City di Tunisi) e sono state presentate ai quattro angoli del mondo: Istituto de Mondo Arabo di Parigi, Drawing Room di Londra, FM Contemporary Art Center di Milano, MAC Lione, Kunsthaus Hamburg, CCA Lagos e Hood Museum.

Il suo progetto a Villa Medici si intitola «E se Cartagine non fosse stata distrutta?». Si tratta di prendere alla lettera questa domanda di Édouard Glissant e di dispiegare le sue potenzialità storiche, artistiche e simboliche. Si delineerà attraverso la sopravvivenza e la risonanza storica nell’attualità dei rapporti tra Roma ed il Nordafrica e tutto quello che comporta in termini di «crisi» migratorie e tensioni geopolitiche.

Il suo progetto artistico mira a introdurre il patrimonio archeologico romano e la produzione culturale marginalizzata degli esuli in un processo di montaggio dove il presente e il passato si definiscono a vicenda.

Aude Fourel, cineasta

Nata nel 1978 a Saint-Étienne (Francia), Aude Fourel è una cineasta.

Aude Fourel lavora usando soprattutto pellicole super 8 che confronta alle tecnologie digitali al fine di penetrare nelle fragilità e le instabilità dell’immagine. Realizza, monta e produce i suoi film a metà strada tra documentario di creazione e film d’arte. I principali temi delle sue creazioni sono le traversate, camminare e filmare, i racconti e gli impegni politici anonimi. La sua filmografia comprende video performativi, nonché corto e mediometraggi. Aude Fourel insegna le pratiche cinematografiche e il cinema documentario presso l’Università Grenoble-Alpes (Francia).

Il suo progetto a Villa Medici, intitolato Récits d’Elissa (Racconti di Elissa), racconta le resistenze quotidiane in Palestina attraverso vari personaggi e un burattino, ognuno custode di una storia racchiusa in un pezzo di archivio. Frammenti di pellicole 16 mm conservati a Roma, filmini di famiglia abbandonati, registrazioni anonime, chilometri di attraversate, questi racconti hanno un forte odore di sale – marino o di denaro – e di aranci. Aude Fourel viene quindi a Roma per lavorare negli archivi della regista Monica Maurer, cercare bobine di pellicole messe da parte e camminare accanto a questi personaggi, al presente.

Marta Gentilucci, compositrice

Nata nel 1973 a Gualdo Tadino (Italia), Marta Gentilucci è una compositrice.

Marta Gentilucci ha studiato il canto in Italia e la composizione in Germania sotto la direzione di Marco Stroppa. Inoltre, è dottoressa in composizione dell’Università di Harvard (Stati Uniti) nella quale ha seguito i corsi di Chaya Czernowin e Hans Tutschku.

Infine, ha effettuato una residenza artistica presso l’Ircam, l’Experimentalstudio della SWR e lo studio di elettronica dell’Akademie der Künste di Berlino. La sua musica è stata suonata in tutto il mondo e la sua musica elettronica è stata selezionata da prestigiosi festival come il Seoul International Computer Music Festival e il New York City Electroacoustic Music Festival e da varie edizioni dell’International Computer Music Festival (ICMC). Marta ha vinto il «Best Paper Award» dell’ICMC nel 2018, e il «Best Piece – Regional, Europe» nel 2019. Nel 2018-2019, è stata borsista dell’Harvard Radcliffe Institute (Stati Uniti).

Recentemente, l’Ircam e le Neue Vocalsolisten le hanno commissionato due nuovi pezzi per voce e elettronica, entrambi creati durante il Festival Manifeste (Parigi, 2020) e presentati durante il Festival Eclat (Stoccarda, 2021).

Il progetto di Marta Gentilucci a Villa Medici la porterà a realizzare un’installazione sonora-visiva in collaborazione con la fotografa americana Susan Meiselas. Questo progetto collaborativo nasce dal desiderio di creare l’immagine di un corpo di una donna che invecchia, visto attraverso i nostri occhi e il nostro ascolto, sotto forma di «cartografie del corpo» – disegnando una mappa della pelle, delle rughe, delle espressioni che parlano di una vita vissuta, ancora piena di energia e di possibilità.

Noémie Goddard, architettura d’interni

Nata nel 1985 a Chambéry (Francia), Noémie Goddard è architetta di interni.

Dopo aver seguito una formazione di Arti Applicate presso la Scuola Boulle quindi presso la Scuola Magistrale Superiore di Cachan, la sua pratica architettonica e pluridisciplinare instaura un dialogo tra architettura, architettura di interni e design di mobili.

Socia e Direttrice della Creazione e della Comunicazione in un’agenzia di architettura parigina dal 2009, usa e mette in pratica le proprie riflessioni in un’ampia gamma di applicazioni: dalle attrezzature pubbliche alla microarchitettura, passando per la ristrutturazione. Nel 2015, cofonda un laboratorio dedicato all’architettura d’interni nell’ambito del quale viene sviluppata una metodologia di progettazione singolare e unificante che agisce a favore della riconciliazione delle scale e all’incrocio delle discipline, valorizzando i mestieri d’arte e avviando le collaborazioni all’interno del progetto architettonico.

Il suo progetto a Villa Medici mira a studiare, in modo esteso, la questione dell’interno e dell’interiorità, il che porterà a superare l’abitare per fare emergere nuove arti di vivere. Il progetto si colloca a Roma – esempio paradossale della capacità di reinventare il paesaggio edilizio e dei disastri legati all’urbanizzazione eccessiva, al fine di affrontare la questione della riorganizzazione degli spazi interni come via per il futuro di fronte all’eccessivo sfruttamento delle risorse dovute alle nuove costruzioni. Sotto forma di indagine, che riunisce cronache e ricerche applicate all’interno di un’opera, il progetto propone una rilettura storica e critica dei dispositivi interni. L’interno, adattabile e sempre in divenire, potrebbe quindi rappresentare la garanzia della nostra capacità di abitare il mondo di domani? Se interni e individui interagiscono reciprocamente, quale nuove articolazioni immaginare tra involucri edilizi, paesaggi interni e coloro che li abitano?

Evangelia Kranioti, arti plastiche e regia

Evangelia Kranioti è un’artista e regista greca residente in Francia. Ha studiato legge (Università Nazionale di Atene), arti visive (École nationale supérieure des arts décoratifs de Paris) e cinema (Le Fresnoy – Studio national des arts contemporains, Atelier Scénario – La Fémis). Vincitrice di numerose borse di studio e premi, Evangelia Kranioti sviluppa un lavoro artistico che abbraccia la fotografia, il cinema e la videoinstallazione.

Il suo primo documentario Exotica, Erotica, Etc. (2015 Berlinale Forum) è stato selezionato in diversi festival internazionali (tra cui IDFA, BFI London FF, Göteborg IFF, Thessaloniki IDF, Karlovy Vary IFF, Sarajevo IFF) dove ha ricevuto numerosi riconoscimenti, oltre a due premi Iris dalla Hellenic Film Academy. Anche il suo secondo film Obscuro Barroco (2018 Berlinale Panorama, TEDDY Jury Prize) gli è valso diversi premi, tra cui due Iris della Hellenic Film Academy, oltre a diverse nomination (American Society of Cinematography Documentary award, Cinema Eye Honors, Glashütte Original Documentary Award, Sheffield Doc/Fest Art Award, tra gli altri). Nel 2019, la sua mostra Les vivants, les morts et ceux qui sont en mer (“I vivi, i morti e quelli in mare”), presentata alla 50ª edizione dei Rencontres de la Photographie di Arles, è stata acclamata dalla stampa internazionale e premiata con il Prix Madame Figaro.

Il suo progetto fotografico e filmico a Villa Medici, intitolato Les messagers, esplora il tema delle migrazioni nel Mediterraneo attraverso la figura di Ermes e il prisma del mito.

Marielle Macé, scrittrice

Nata nel 1973 a Paimboeuf (Francia), Marielle Macé è una ricercatrice e una scrittrice.

Direttrice di Ricerca presso il CNRS e Direttrice di Studi presso l’EHESS (Parigi), Marielle Macé è anche professoressa invitata a Chicago, New York (NYU), Berkeley ed è stata autrice associata presso il Teatro degli Amandiers di Nanterre.

I suoi libri (saggi, poemi) fanno della letteratura un’alleata in un pensiero e una messa in discussione delle forme della vita — vita sociale, vita comune, vite precarie, paesaggi vulnerabili. Tra le sue pubblicazioni, bisogna citare Styles. Critique de nos formes de vie (Stili, Critica delle nostre forme di vita) (Gallimard, 2016), Nous (Noi) (dir., Critique, 2017), Sidérer, considérer (Siderar, Cosiderar), Migrants en France (Migranti in Francia) (Verdier, 2017), Vivre dans un monde abîmé (Vivere in un mondo malato) (dir., Critique, 2019), Nos cabanes (Le nostre capanne) (Verdier, 2019), Parole et pollution (Parola e inquinamento) (AOC, 2021).

Il suo progetto di indagine e scrittura a Villa Medici – intitolato La Vie poreuse (La Vita porosa), vuole fare sentire il polso, intorno a Roma,  del fiume e delle vite che vi hanno a che fare: osservare quello che accade quando si difendono le zone umide, si riaprono i fiumi urbani, si tenta di disimpermeabilizzare i suoli o di disseppellire le memorie, e avvalersi anche nel pensiero e nella scrittura di fenomeni di infiltrazione, collegamento e percolazione – perché la vita porosa richiede una parola che la irriga a sua volta e si riversa per davvero nei paesaggi.

Benoît Maire, arti visive

Nato nel 1978 a Pessac (Francia), Benoît Maire è un artista plastico.

Dopo studi di filosofia, Benoît Maire ottiene il suo diploma nazionale superiore d’espressione plastica presso la Villa Arson di Nizza prima di effettuare una residenza di ricerca presso il Padiglione del Palazzo di Tokio. Usando la filosofia, testi storici e riferimenti artistici come punti di partenza, Benoît Maire sviluppa una pratica polimorfa che si dispiega anche sotto forma di conferenze, pubblicazioni e commissariati di mostre. Nutre la sua riflessione sulla teoria e la sua concretizzazione con oggetti e testi collaborando regolarmente con artisti come Étienne Chambaud, Alex Cecchetti o Falke Pisano.

Il suo progetto di ricerca a Villa Medici si intitola «La main en peinture et le papier imprimé» (La mano nella pittura e la carta stampata). Esso consiste nel produrre una serie di lavori con vari mezzi (fotografie, dipinti, testi, sculture) che formeranno un’investigazione del passaggio dalla mano iconica del primitivismo italiano alla mano carnale del Rinascimento. L’ipotesi studiata intende affermare che la nascita della stampa alla fine del XV secolo contribuisce a riformulare i dipinti delle mani che perdono il loro potere di designazione concettuale (deittica) e acquistano un peso affettivo più realistico. Il lavoro di Benoît Maire si inserisce in questa tensione dove la mano si cerca tra due regimi sensibili.

Hèctor Parra, compositore

Nato nel 1976 a Barcellona (Spagna), Hèctor Parra è un compositore.

Hèctor Parra ha studiato presso il Conservatorio di Barcellona dove ha ricevuto vari premi e riconoscimenti per le sue composizioni e le sue opere di pianoforte. Nel 2002-2003, segue il corso di Composizione e Informatica Musicale dell’Ircam quindi si forma presso il Royaumont, il Centro Acanthes, il Takefu in Giappone e l’Alta Scuola di Musica di Ginevra sotto la direzione di B. Ferneyhough, J. Harvey, M. Jarrell, P. Leroux e P. Manoury.

Riceve numerose commesse da istituzioni come il Museo del Louvre, l’Accademia delle Arti di Berlino, il Teatro delle Bouffes du Nord o il Gürzenich Orchester Köln. La sua musica fa regolarmente parte della programmazione di sale da concerto come la Filarmonica di Parigi, il Konzerthaus di Vienna, la Filarmonica di Cologna, l’Auditori di Barcellona ed il Palau de la Música Catalana (compositore residente nel 2015-2017), il Nouveau Siècle di Lilla (compositore residente nel 2017-2018), il Gasteig di Monaco di Baviera o il Museo Guggenheim di New York. Da anni, Hèctor Parra si dedica alla composizione lirica e le sue opere sono pubblicate da Durand. Dal 2002 vive a Parigi, dove ha insegnato composizione all’Ircam dal 2013 al 2017.

Il suo progetto a Villa Medici è dedicato alla composizione dell’opera da camera Orgia, ispirata al testo teatrale eponimo di Pier Paolo Pasolini che denuncia il proprio dramma personale. Il protagonista maschile di Orgia compie l’atto più potente che si possa immaginare: un suicidio accusatorio che punta il dito contro una società piena di incomprensione, ipocrisia, crudeltà e disprezzo verso tutte le minoranze. L’opera sarebbe stata scritta per tre voci soliste, un complesso strumentale moderno e uno strumento barocco (arciliuto). La residenza alla Villa Medici rappresenterà un’opportunità di effettuare ricerche sul campo su Pasolini e sulla città di Roma nella quale ha scelto di vivere, è diventato regista e ha potuto nutrire il suo sviluppo intellettuale dedicato alla critica sociale.

Julie Pellegrin, curatrice e critica

Curatrice museale e critica, Julie Pellegrin si interessa alla nozione allargata di performatività. Esplora il modo in cui i rapporti tra arti visive, coreografia e teatralità incidono, oggi, sulla scrittura delle mostre. Attraverso mostre, progetti di ricerca, pubblicazioni (Take Care, The Yvonne Rainer Project, Alfred Jarry Archipelago, Chorégraphier l’exposition, Kapwani Kiwanga, Chantal Akerman, Myriam Lefkowitz, Alex Cecchetti, Marie Preston…) o programmazioni di più larga portata (il Festival Performance Day, Notte Bianca 2013, Les Formes du délai), sostiene pratiche spesso effimere che diffondono interrogazioni sociali, politiche e etiche intorno alle questioni legate alle relazioni e all’attenzione.

Il progetto di ricerca di Julie Pellegrin a Villa Medici si iscrive nel quadro di un’opera che dedica alla performance nell’arte contemporanea. Vi esamina le politiche attuali della performance sotto il prisma dei riferimenti alla post modern dance, degli sviluppi recenti degli performance studies e, più specificatamente, delle teorie e pratiche anarchiche. Al fine di esplorare l’ipotesi del rapporto tra anarchia e performance, parte da un momento storico – il progetto della Galleria L’Attico immaginato tra il 1968 ed il 1976 da Fabio Sargentini con Simone Forti e i perfomers del Judson Dance e di Grand Union – per tentare di tracciare una linea tra questa esperienza rivoluzionaria e la scena abituale della performance in Italia. Incrociando esplorazione di archivi, realizzazione di colloqui e organizzazione di incontri pubblici, Julie Pellegrin metterà in campo a Villa Medici una ricerca speculativa e collettiva.

Mathieu Peyroulet Ghilini, designer

Nato nel 1983 a Sallanches (Francia), Mathieu Peyroulet Ghilini è un designer.

Mathieu Peyroulet Ghilini si è laureato con lode presso la scuola

ENSCI-Les Ateliers per il suo progetto Sophistication (Sofistic-azione) (2012).

Basato principalmente sulla storia del design e dell’architettura, questo lavoro di ricerca si è concentrato su varie interpretazioni della sofisticazione di una forma, e ha vinto il Gran Premio della Giuria del Festival Villa Noailles nel 2013. Successivamente, Peyroulet Ghilini è stato designer in residenza a Sèvres – Manifattura e Musei Nazionali, nonché presso il Centro Internazionale di Ricerca per il Vetro e le Arti Plastiche (CIRVA) a Marsiglia. Laureato della Villa Kujoyama a Kyoto nel 2017 assieme a Laureline Galliot, è stato anche nominato «Rising Talent» del Salone Maison&Objet nel 2020.

Il suo progetto a Villa Medici si intitola «Virtualisation, Fragment, Objet en attente» (Virtualizzazione, Frammento, Oggetto in attesa): interroga l’esistenza delle forme e la loro manifestazione tangibile, nonché i rapporti che intrattengono tra di loro attraverso il prisma della tecnologia.

Guy Régis Jr., scrittore e regista teatrale

Nato nel 1974 a Port-au-Prince (Haiti), Guy Régis Jr. è uno scrittore e un regista teatrale.

Molti dei suoi testi che spaziano tra teatro, romanzi e poesia sono stati tradotti in molte lingue. Ha recentemente pubblicato Les Cinq Fois où j’ai vu mon père (2020) (Le Cinque Volte in cui ho visto mio padre) (Gallimard) e l’opera teatrale Goebbels, juif et footballeur (Goebbels, ebreo e calciatore) (2020) presso le Edizioni Les Solitaires Intempestifs – dove vengono pubblicate le sue opere teatrali. Traduttore di creolo, Guy Régis Jr. ha anche realizzato cortometraggi sperimentali. Nel 2001, fonda la compagnia NOUS Théâtre che sovvertirà le regole del teatro contemporaneo, creando, tra l’altro Service Violence Série (Servizio Violenza Serie) (2005), vero e proprio atto politico e drammaturgico filo conduttore del suo lavoro. Le sue creazioni polimorfiche sono trasmesse in Francia (Festival Les Francophonies di Limoges, IN del Festival di Avignone, varie Scene Nazionali), ad Haiti e in numerosi altri paesi (Stati Uniti, Colombia, Cile, Brasile, Belgio, Italia, Madagascar, ecc.). Oltre le sue creazioni, lavora attivamente allo sviluppo delle arti viventi ad Haiti. Guy Régis Jr è l’attuale direttore artistico del Festival 4 Chemins.

Il suo progetto di scrittura a Villa Medici si interroga sulla diffusione massiccia delle immagini di odio nella nostra società contemporanea. Rappresenta un tentativo di esaurimento di tutti i nostri conflitti umani attraverso la creazione e le trattative perché nessuna altra epoca come la nostra ha mai messo sotto i nostri occhi le violenze domestiche più nascoste, nonché quelle delle guerre aperte tra i giganti di questo mondo. Siamo continuamente bombardati da immagini riguardanti la minaccia nucleare, gli attentati, i rapimenti, i kidnapping, i femminicidi, gli stupri, le violenze poliziesche, ecc., come se la nostra epoca fosse proprio quella che volesse rendercele più intime. Guy Régis Jr desidera creare quindi un’opera che potrebbe raggruppare in un tutt’uno le nostre offese quotidiane e intavolare discussioni in un’agora o un forum, durante un giorno intero. «Quale ultimo conflitto per soddisfare l’odio tra gli esseri umani?» è l’opera transdisciplinare che intende comporre come una specie di drammaturgia plurale dove il pubblico è invitato a proseguire il dibattito avviato da Einstein e Freud su questo bisogno «inevitabile» di fragore e guerra tra gli esseri umani. Pensare/Sanare le ferite con la solidarietà.

 

Scopri l’attività dei Borsisti al seguente link
https://www.villamedici.it/residenze/?data=stagione
IL CURATORE

Saverio Verini è curatore della Notte Bianca 2021 e della mostra dei borsisti 2022.

Curatore di mostre e di eventi d’arte contemporanea, Saverio Verini ha collaborato con numerose istituzioni, quali: la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, l’Istituto Italiano di Cultura di Parigi, il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, MACRO, l’American Academy a Roma, la Fondazione Civitella Ranieri. Oggi, Saverio Verini coordina le mostre presso la Fondazione Memmo a Roma, collabora con la rivista Artribune ed è autore di diversi testi di critica.

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