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IL GRANDE GRABSKI

Adattamento teatrale di Marco Rinaldi e Paolo Vanacore dall’omonimo romanzo di Marco Rinaldi (Fazi Editore)

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con Toni Fornari, Riccardo Bàrbera, Carmen Di Marzo

Regia Paolo Vanacore

Musiche originali Alessandro Panatteri

Scene Alessandro Chiti

Produzione Camera Musicale Romana

DAL 13 AL 16 OTTOBRE E DAL 20 AL 23 OTTOBRE ORE 21,00 (domenica ore 18,00)

TEATRO 7 OFF ROMA

Debutta in prima assoluta sul palco del Teatro7 Off, dal 13 al 23 ottobre, IL GRANDE GRABSKI, adattamento teatrale a cura di Marco Rinaldi e Paolo Vanacore dall’omonimo romanzo di Marco Rinaldi, con Toni Fornari, Riccardo Bàrbera e Carmen Di Marzo.

Maurizio (Toni Fornari), già ultraquarantenne, soffre di eiaculazione precoce. Francesca (Carmen Di Marzo), la moglie di Maurizio, donna bellissima e irraggiungibile, dura e severa, si convince della malattia di Maurizio dopo la lettura di libri su libri di argomento psicanalitico. La donna passa con disinvoltura dalle teorie di Freud alle tecniche orientali in una gran confusione di discipline e studi sui più svariati argomenti, obbligando il marito a intraprendere una terapia psicanalitica dal fantomatico Dott. Grabski (Riccardo Bàrbera). Peccato che il Dottor Grabski sia un cialtrone e caotico psicanalista freudiano, poi lacaniano, poi junghiano, a seconda del momento e dell’estro, che coinvolgerà il protagonista in un’improbabile quanto grottesca cura psicanalitica facendo subire al paziente tutte le tecniche possibili, declinate con metodi ortodossi e meno ortodossi caratterizzati da una serie di dialoghi esilaranti tra il dottore e Maurizio, nei quali il dottore tra l’altro vuole a tutti i costi far ammettere al suo paziente di essere un omossessuale latente, di odiare suo padre e desiderare sessualmente sua madre. Durante la cura, Maurizio, oltre a perdere tutti i suoi soldi per star dietro al dottore, imparerà a proprie spese cosa vuol dire transfert, soffrirà, si metterà in discussione, avvolto dai dubbi, fino a far morire di crepacuore i genitori, a farsi lasciare e tradire dalla moglie e a rischiare di perdere il lavoro, tutto questo unicamente per rivendicare il proprio orgoglio ferito.

Lo spettacolo, tratto da un romanzo di grandissimo successo, è una metafora irriverente nei confronti del mondo della psicoterapia e dei rapporti di coppia, trattati con naturalezza e disinvoltura in modo del tutto originale, alternando una comicità esplicita, a tratti travolgente, sul tema del disturbo sessuale, ad un umorismo più colto e raffinato che va a toccare gli ambiti scientifico-professionali della psicanalisi. Le battute, i continui botta e risposta tra marito e moglie e tra paziente e medico tengono alto il ritmo dello spettacolo senza interrompere il cammino verso la guarigione psichica del povero protagonista. Si può ridere delle proprie paure, dunque? La risposta è nella leggerezza e nel taglio tragicomico di una vicenda divertente e allo stesso tempo, per certi versi, così universale. Siamo tutti un po’ Maurizio (anche se non soffriamo di eiaculazione precoce) alla ricerca della nostra strada, alle prese con i condizionamenti che ci vengono dalle persone vicine (familiari o medici ma anche colleghi di lavoro, parenti, amici) impegnati a trovare conforto, guida e illuminazione attraverso le innumerevoli proposte che la nostra società moderna mette sul piatto (sesso, yoga, spiritualità, psicanalisi, ecc.). Che poi la soluzione non c’è ma ridere di tutto questo sembra un ottimo modo per tirare un sospiro di sollievo e vivere la vita con molta più serenità.

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