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Dopo l’Isis, Raqqa ha sete di vita

Magno (Un ponte per): dove c’erano celle ora curano bambini

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Roma – “E’ impressionante pensare che solo cinque anni fa, dopo la liberazione di Raqqa dall’Isis, l’ospedale principale fosse ridotto a una base dei miliziani dove le stanze erano diventate celle per i prigionieri e quindi luoghi di morte, mentre oggi è tornato a essere un posto accogliente e attrezzato, dove nasce la vita”. A parlare con l’agenzia Dire è Luca Magno, responsabile dei progetti sanitari dell’ong Un Ponte Per nelnord-est della Siria. Nel 2018 era a Raqqa appena liberata dalle milizie del gruppo Stato islamico (Isis). In quei giorni, ricorda, “c’era un’atmosfera spettrale perché a causa dei combattimenti l’intera popolazione era fuggita. Ma una volta scacciato l’Isis, i suoi 300mila abitanti avevano immediatamente deciso di tornare”.

 

Una sfida per una popolazione che da un lato “non voleva restare bloccata nei campi profughi” ma dall’altro trovava una città “ridotta a un cumulo di macerie”. Ricorda Magno: “A noi e alle altre organizzazioni umanitarie presenti – poche in realtà – la gente ha chiesto aiuto per ripristinare i servizi”.

Un Ponte Per, che non ha lasciato la Siria neanche dopo l’inizio dell’offensiva militare della Turchia nel 2019, ha raccolto la richiesta e ha deciso di ripartire dai servizi sanitari e dalla protezione di donne e minori lanciando il progetto Darna, che vuol dire “La nostra casa”: il programma, finanziato dalla Cooperazione italiana, è partito nel 2018 e ha permesso di ripristinare il reparto maternità e pediatria dell’ospedale pubblico di Raqqa ‘Al Hilal’ e di avviare progetti per l’empowerment femminile e il supporto psico-sociale a donne, minori e famiglie. Il tutto in collaborazione con i partner locali Doz e Mezzaluna rossa curda.

 

Secondo Magno, “in Siria la principale esigenza è la protezione delle persone, perché la guerra non è mai finita e la violenza sui civili è ancora usata come arma”. Una lettura che trova conferma nelle notizie di cronaca: ancora frequenti gli attacchi-bomba e i sequestri da parte di ciò che è rimasto

dell’Isis e dei gruppi armati.

 

Raqqa, l’antica Tuttul che i babilonesi fondarono sulle rive del fiume nella Mezzaluna fertile, oggi lotta per trovare acqua da bere e per irrigare i campi e questo, spiega Magno, “impatta su una crisi economica devastante, a sua volta già acuita da due anni di pandemia, e quindi aumenta la malnutrizione infantile”. Grave anche l’epidemia di colera scoppiata proprio per via di condizioni igienico-sanitarie insostenibili.

 

Alla luce delle criticità, il valore di Darna risulta evidente, sottolinea Magno: “Il reparto di pediatria – con cui abbiamo effettuato visite post-natali a 732 neonati nei soli tre mesi successivi all’attivazione – ci permette ad esempio di curare e prevenire i casi di malnutrizione insieme ai nostri partner locali, che sensibilizzano le famiglie sui temi più importanti della salute con visite porta a porta”.

 

Il reparto di ginecologia – che ha garantito visite gratuite pre e post-parto a 991 donne – è aperto in quelle che erano diventate celle per le persone catturate dall’Isis. Dove solo pochi anni si vivevano violenze e insicurezza, oggi trova posto anche uno “spazio protetto” per minori e donne vittime di abusi sessuali. “Il conflitto e le difficoltà economiche sono anche alla base delle violenze domestiche” sottolinea il responsabile di Un Ponte Per. “Per le donne abbiamo quindi creato uno spazio a cui accedere con una certa discrezione, perché chi subisce maltrattamenti o stupri rischia di essere allontanata o reclusa dalla famiglia”.

 

Al sostegno psicologico viene affiancata una rete sociale con gruppi di ascolto e sostegno legale offerto da operatrici specializzate, per un totale di 116 donne e ragazze sopravvissute o esposte al rischio di abusi assistite su 3.702 accessi complessivi. Ben 493, calcola Magno, le attività di gruppo proposte per aumentare l’autostima delle ragazze e delle donne, “convincendole che non sono sole”.

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