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QUANDO LA MANCANZA DEL PANE POTREBBE INGENERARE CONFLITTI E DISORDINI SOCIALI

Non intendo andare contro le istituzioni in quanto dovrebbe essere imprescindibile che esse si adoperano per principio nell’interesse sociale, salvo quando esse non privilegino il potere attraverso una gestione ipovedente, incapace o addirittura disonesta, realtà quest’ultima, quella della disonestà, che non sfugge al povero ed onesto cittadino che, in questi ultimi tempi, sembra farne le spese.

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Aumentare di pochi spiccioli le pensioni e gli stipendi serve a poco in quanto con 20-50-100 euro di aumento non si risolve il problema nella sua interezza, anzi, a mio avviso, si finisce invece per dare un aiuto pressoché irrisorio alla gente ed aumentare il debito dello Stato. Ve lo immaginate qualcuno di noi che, ove non sia davvero alla canna del gas, dopo aver ricevuto 100 euro in più per pagare una bolletta, si dichiari soddisfatto…affermando di risolvere così anche parzialmente i suoi problemi? Certamente no.

A questo proposito, al di là degli eventi bellici in atto che hanno senz’altro peggiorato la situazione, è necessario rivedere quella spirale che sembra aver ossidato – eccome! – il sacrosanto e democratico strumento della libera concorrenza che, favorendo i forti, ha penalizzato i deboli fino a farli fallire. Non per niente siamo arrivati ad una situazione che ha finito per arricchire in maniera spudorata i ricchi ed impoverire in maniera esecranda i già poveri, come ho detto in una riga precedente: le statistiche parlano chiaro.

Che fare?

Allo stato attuale è difficile trovare una soluzione che possa individuare sollecitamente gli strumenti volti a riequilibrare, in primis l’economia ed, in posizione inter-pares, l’onestà, contesto questo che sembra essere sfuggito di mano all’intero pianeta, e ciò per vari motivi che non sempre possono trovare una qualche giustificazione con conseguenze da codice penale, ma spesso dalla fame…; quanto all’ipovedenza politica, da noi esiste invece l’attenuante della precarietà, peraltro non giustificabile soprattutto a certi livelli con riferimento alla loro sindacabile intelligenza politica: non per niente, anche questo governo ha fatto fatica a reperire persone capaci che, se vuoi anche paradossalmente, hanno preferito …lavorare in proprio, come abbiamo visto di recente con vari rifiuti.

Osservando i fatti di casa nostra, sono infatti agli occhi di tutti molte contraddizioni: nel bellunese, ove abito, tutti cercano personale e nessuno lo trova. Perché? Non ditemi che ciò dipende dal reddito di cittadinanza anche se, esso abbisognerebbe di qualche modifica, ma ciò deriva da vera e propria ipovedenza politica nella distribuzione delle attività, come si usava fare, per esempio, indicando aprioristicamente il numero “preferito” di iscrizioni in ambito universitario o altrove da immettere potenzialmente al lavoro, realtà tutte che sono emerse pesantemente anche di recente per gli ambiti specializzati.

Mai pertanto come in questo momento urge una programmazione che non assomigli a quella dei paesi comunisti, alias “pianificazione”; e ciò ad evitare che squilibri nelle varie categorie settoriali, si trovino, tanto per fare esempio poco pertinente, con cento medici quando invece ne servirebbero dieci mila, o diecimila giornalisti quando ne servirebbero solo mille…

Ed infine, e non vorrei essere tacciato come “comunista” in quanto amo le istituzioni democratiche fino in fondo, andrebbe vagliata maggiormente la sperequazione nell’ambito della quale certi settori guadagnano a iosa a spese dei cittadini: le multinazionali farmaceutiche producono infatti redditi macroscopici, le aziende energetiche altrettanto, gli studi notarili incassano proventi sproporzionati rispetto al lavoro, le farmacie di certo non sono in crisi, le agenzie per pratiche automobilistiche guadagnano in maniera importante e poco giustificabile, non parliamo poi del contesto social-informatico, e tutto ciò per elencare solo pochissimi esempi. Va da sé che, in caso diverso, l’indotto subirebbe un effetto moltiplicatore a diverse cifre. Come si fa ad accettare che il passaggio di proprietà di una macchina usata costi quanto il passaggio stesso o che il rogito per una casa ridotta a “catapecchia”, senza tetto e con muri traballanti, costi quanto il rogito di una villa?

A questo riguardo, sarei dubbioso nel pensare che i nostri politici capiscano davvero che tutto ciò non favorisce la circolazione della ricchezza attraverso un maggior numero di compravendite degli immobili, la vendita di auto nuove ed usate, la salvaguardia della salute e quant’altro, realtà quest’ultime che, attraverso una maggiore cognizione, si estrinsecherebbero in un correlato maggiore movimento di merci, di servizi nonché di creazione di posti di lavoro, e ciò al punto da incrementare l’economia e, conseguentemente, diminuire la conflittualità sociale che, di qui a poco, potrà emergere anche per la mancanza del pane quotidiano.

Detto questo, ci si deve rendere conto della necessità di rivedere a breve la realtà che stiamo vivendo, non dico in maniera autoritaria, ma sulla base di strumenti seri ed onesti da adottare alla situazione, senza nulla togliere allo strumento della onesta ed accettabile libera concorrenza.

Non sarà facile, ma se qualcuno ha una ricetta diversa dalla mia, si faccia avanti.

Arnaldo De Porti

Belluno Feltre

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