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Intervistato da “Un giorno da pecora” su Radio1, Lucio Malan,  ha citato il libro del Levitico nel passaggio che condanna i rapporti tra persone dello stesso sesso. Apriti cielo, per avere svelato il segreto di Pulcinella, o meglio, ciò che tutti sanno, ma nessuno dice, il presidente del gruppo di Fratelli d’Italia al Senato è stato travolto da valanghe di “fango” democratico.  Dalla claque lgbt, sulla zucca del povero Malan  sono partiti gli immancabili mortaretti: ignorante, omofobo, reazionario, razzista, illiberale! Per chi mastica un minimo di conoscenze bibliche, dovrebbe sapere che non solo il Levitico (18:22) afferma che “con un uomo non giacerai come si giace con una donna: è un abominio”, ma centinaia di citazioni contemplate sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento. Non solo le Sacre Scritture condannano l’uso errato dell’organo evacuatore, ma pure i Santi. Santa Caterina da Siena, nel Dialogo della divina Provvidenza, così si esprimeva sul vizio contro natura: “Non solo essi hanno quell’immondezza e fragilità, alla quale siete inclinati per la vostra fragile natura (benché la ragione, quando lo vuole il libero arbitrio, faccia star quieta questa ribellione), ma quei miseri non raffrenano quella fragilità: anzi fanno peggio, commettendo il maledetto peccato contro natura. Quali ciechi e stolti, essendo offuscato il lume del loro intelletto, non conoscono il fetore e la miseria in cui sono; poiché non solo essa fa schifo a Me, che sono somma ed eterna purità (a cui tanto abominevole, che per questo solo peccato cinque città sprofondarono per mio giudizio, non volendo più oltre sopportarle la mia giustizia), ma spiace anche ai demoni, che di quei miseri si sono fatti signori. Non è che ai demoni dispiaccia il male, quasi che a loro piaccia un qualche bene, ma perché la loro natura è angelica, e perciò schiva di vedere o di stare a veder commettere quell’enorme peccato”. Il francescano san Bernardino da Siena nella Predica XXXIX proclamò “Non è peccato al mondo che più tenga l’anima, che quello della sodomia maledetta; il quale peccato è stato detestato sempre da tutti quelli che sono vissuti secondo Iddio. La passione per delle forme indebite è prossima alla pazzia; questo vizio sconvolge l’intelletto, spezza l’animo elevato e generoso, trascina dai grandi pensieri agli infimi, rende pusillanimi, iracondi, ostinati e induriti, servilmente blandi e incapaci di tutto; inoltre, essendo l’animo agitato da insaziabile bramosia di godere, non segue la ragione ma il furore”. San Tommaso definì l’omosessualità come il vizio contro natura più grave, equiparandolo al cannibalismo e alla bestialità. “L’intemperanza è sommamente riprovevole, per due ragioni. Innanzitutto perché ripugna sommamente all’umana eccellenza, trattandosi di piaceri che abbiamo in comune coi bruti. Secondariamente perché ripugna sommamente alla nobiltà ed al decoro, in quanto cioè nei piaceri riguardanti l’intemperanza viene offuscata la luce della ragione, dalla quale deriva tutta la nobiltà e la bellezza della virtù. I vizi della carne che riguardano l’intemperanza , benché siano meno gravi quanto la colpa, sono però più gravi quanto all’infamia. Infatti la gravità della colpa riguarda il traviamento dal fine, mentre l’infamia riguarda la turpitudine, che viene valutata soprattutto quanto all’indecenza del peccato.  Ma i vizi che violano la regola dell’umana natura sono ancor più riprovevoli. Essi vanno ricondotti a quel tipo di intemperanza che ne costituisce in un certo modo l’eccesso: è questo il caso di coloro che godono nel cibarsi di carne umana, o nell’accoppiamento con bestie, o in quello sodomitico”. (San Tommaso D’Aquino o.p., Summa Theologica, II-II,q.142,a.4). San Giovanni Crisostomo  commentando l’epistola di san Paolo ai Romani affermò: “Le passioni sono tutte disonorevoli, perché l’anima viene più danneggiata e degradata dai peccati di quanto il corpo lo venga dalle malattie; ma la peggiore fra tutte le passioni è la bramosia fra maschi. I peccati contro natura sono più difficili e meno remunerativi, tanto che non si può nemmeno affermare che essi procurino piacere, perché il vero piacere è solo quello che si accorda con la natura. Ma quando Dio ha abbandonato qualcuno, tutto è invertito! Perciò non solo le loro passioni sono sataniche, ma le loro vite sono diaboliche. Perciò io ti dico che costoro sono anche peggiori degli omicidi, e che sarebbe meglio morire che vivere disonorati in questo modo. L’omicida separa solo l’anima all’interno del corpo. Qualsiasi peccato tu nomini, non ne nominerai nessuno che sia uguale a questo, e se quelli che lo patiscono si accorgessero veramente di quello che sta loro accadendo, preferirebbero morire mille volte piuttosto che sottrarvi. Non c’è nulla, assolutamente nulla di più folle o dannoso di questa perversità”. (San Giovanni Crisostomo, Homilia IV in Epistula Pauli ad Romanos). Le citazioni sull’omosessualità proferite dai Santi del passato, potrebbero continuare all’infinito. Peccato che nei dibattiti culturali e nei salotti buoni della TV tali ovvie considerazioni, vengono sistematicamente ignorate. Citarle, equivarrebbe a far ragionare chi ancora dovesse nutrire dubbi circa la “normalità” e la liceità di comportamenti che non generano vita, ma effimeri piaceri di attimi fuggenti quando va bene, di malattie veneree mortali quando (un po’) meno.

Gianni Toffali

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