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il mistero, le necessità e le ragioni di un restauro mai pensato!

 

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A cura di Giancarlo Graziani e Salvatore Prato

Dicembre 2022

 

Abbiamo appreso dagli organi di stampa che recentemente la Delegazione Pontificia per la Basilica di Sant’Antonio in Padova ha nominato un comitato scientifico formato da quattro studiosi per valutare il programma di conservazione e restauro del “Monumento Equestre al Gattamelata” che spicca nella piazza adiacente la Basilica di Padova.

Già dal 2020, il Ce.St.Art[1] e la APS Territori[2] hanno ideato, promosso e presentato un progetto di ampia portata che riguarda non solo il restauro del “Monumento al Gattamelata” ma soprattutto il restauro della “Deposizione di Cristo” di Donatello conservata all’interno della Basilica e che, pur rappresentando un capolavoro assoluto del Rinascimento Italiano, versa in uno stato discutibile.

 

FOTO (La Deposizione di Cristo di Donatello)
Ancor prima, già nel 2017, il Ce.St.Art., in collaborazione con i membri allora in carica della “Veneranda Arca di S. Antonio”[3], aveva promosso un piano di intervento conservativo della sola “Deposizione di Cristo” che si concretizzò in un primo test scientifico realizzato in loco dal grande Maestro Restauratore Ottorino Nonfarmale († 2020[4]) in persona e dal quale emersero importanti necessità e novità.

Dopo un primo approfondimento che il Ce.St.Art. ha presentato alcuni mesi fa, vogliamo quindi qui riprendere ed ampliare il tema del “Mistero Donatello[5]” nei suoi anni del periodo padovano e dell’Altare del Santo…misteri che a volte ricorrono anche oggi!

Nella Storia dell’Arte vi sono molti misteri mai risolti, talvolta volutamente però, ed alcuni riguardano anche Grande Artisti di universale fama: Donatello, è tra questi in buona compagnia di Raffaello, ed in particolare il periodo padovano che lo riguarda, e gli anni immediatamente precedenti il suo arrivo nella città veneta, dove ciò che appare non è, tra indicazioni discordanti, contraddizioni, interpretazioni fantasiose.

In tutti i libri di scuola e di storia dell’Arte compare il celeberrimo “Altare” del Santo che altro non è che una arbitraria ricomposizione fatta a cura dell’architetto Camillo Boito assemblando nel 1895 una serie di sculture e bassorilievi attribuiti tutti, generosamente, al Grande Scultore Fiorentino, padre del Rinascimento insieme a Masaccio ed a Brunelleschi, e ritenuto dai più fini conoscitori il maggior scultore di tutti i tempi.

Donatello arrivò a Padova nel 1443 e la cronologia delle opere che vi creò è molto discussa dalla critica moderna: infatti, fino a non molto tempo fa, si pensava che appena arrivato a Padova, Donatello iniziò il monumento equestre di Gattamelata, voluto dalla Repubblica di Venezia per la lealtà che il Capitano Gattamelata ebbe nei confronti della Repubblica e sponsorizzato da Palla Strozzi, fiorentino e ricco banchiere in esilio a Padova.

Dato che il monumento equestre era posto davanti alla Basilica, vista l’opportunità che si offriva, i Frati di Sant’Antonio chiesero al rinomato artista di progettare ed erigere l’Altare Maggiore della Basilica, pur non avendo grandi capacità economiche, anche se la critica sostiene che la prima opera che eseguì fu il Crocefisso bronzeo (tutt’ora in loco).

Le cronache del tempo riferiscono che Donatello si recò sulle montagne del vicentino per reperire pietre ed alabastro: com’è noto, la “Deposizione di Cristo” nella Basilica Padovana è infatti in pietra di Nanto, una pietra cavata tutt’ora dall’omonima località vicentina.

Inoltre, in Regesti Donatelliani di Volker Herzner è indicato che il “24 novembre 1453: Marino, araldo del Comune di Padova, chiede, su richiesta di Donatello, il sequestro presso Gherardino sarto, fratello di Niccolò Pizzolo, di dodici «quari» (lastre di marmo o di pietra), in cinque dei quali erano abbozzate «ymagines» (si presume che in questo momento il Pizzolo fosse già morto)”[6].

Nell’elenco dei pagamenti del libro delle ricevute dei Frati di Sant’Antonio (16 Aprile 1449, Per cinque priede grande, lavorade a figure, come Sepulcro del Nostro Signore, e che lui s’à dorado in piu logi, per la fabrica che xè d’acordo…), è riportato che Donatello fu pagato per cinque bassorilievi in pietra a cui aggiunse dorature e questi bassorilievi furono fatti per la “Tomba di Nostro Signore” (la tomba di Sant’Antonio).

Questa annotazione suggerisce che, nonostante il budget limitato, Donatello inventò, anche con pietre riciclate, come marmi di recupero, un altare decisamente straordinario e le decorazioni in maiolica inserite nella “Deposizione di Cristo” suggeriscono che l’intero altare fosse decorato nello stesso modo.

Inoltre, il mistero che accompagna il primigenio progetto dell’Altare del Santo, forse, è lo stesso Donatello a svelarcelo: infatti nel bassorilievo in bronzo “Miracolo della Mula”, Donatello probabilmente raffigurò la sua versione originale dell’altare, come citato da Padre Vergilio Gamboso (Ordo Fratrum Minorum Conventualium) nella sua guida “La Basilica del Santo di Padova”, del 1966[7].

Ci spingiamo quindi a presentare un’ipotesi accademica di studio e riflessione, fornendo questa ipotesi di ricostruzione del primigenio progetto dell’Altare messo in relazione con la citazione di Padre Vergilio Gamboso.

 

Come si evince da queste poche informazioni qui prodotte, la vicenda di questo complesso artistico è intricata e di difficile risoluzione – non esiste alcun disegno e le descrizioni sono frammentarie ed incoerenti con le tante supposizioni fatte – ma è curioso che fino ad oggi nessuno si sia interessato al recupero del capolavoro scultoreo della “Deposizione dalla Croce” che insieme ai quattro “Miracoli di Sant’Antonio” sono le uniche componenti che Giorgio Vasari ricorda[8] essere state realizzate da Donatello nel suo lungo soggiorno patavino.

Oggi questo caposaldo della scultura versa in una condizione pietosa ed è curioso che in tutto questo arco di tempo – sono passati 125 anni dalla scenografia sacra boitiana – nessuno studioso od ente di tutela abbia sentito la necessità, o la curiosità, di intervenire per ridargli la sua leggibilità e quindi fare luce sul Donatello di Padova, snodo essenziale dell’Arte Rinascimentale.

Fino a che è giunta la passione del Maestro Ottorino Nonfarmale – il più grande restauratore italiano, per dirla con Vittorio Sgarbi, – che, con la condivisione della Venerabile Arca di Sant’Antonio e l’approvazione della Santa Sede, ha impiegato tempo e risorse personali per una prima indagine e saggio di pulitura che ha rilevato le potenzialità storico/artistiche dell’operazione che attende ormai da tempo di essere iniziata.

(Il Maestro Ottorino Nonfarmale durante l’analisi del rilievo prima dell’inizio del test di pulizia nel 2017)
Dalla Relazione dei risultati di ricerca e saggio di pulitura presentata nel 2017 dal Maestro Nonfarmale all’allora Collegio di Presidenza della Veneranda Arca di S. Antonio, si evincono i problemi strutturali presenti sulla scultura e i rischi di un mancato intervento.

Considerato il restauro fatto nel 1929 da un “pittore” e da uno “scultore” non da restauratori come riportato dallo storico Jim Harris[9], a parere del Maestro Nonfarmale, a quei tempi l’intervento era stato eseguito in modo abbastanza pesante e non risolvendo la continua “caduta a strappo” esercitata dai colori sovrapposti fino all’ultimo finto bronzo steso dall’architetto Boito nel suo intervento di restauro dell’Altare Maggiore della Basilica.

 

 

(Dettagli ricolorazione finto bronzo e caduta a strappo)
Inoltre, i solchi, le graffiature e la ricolorazione del finto bronzo totalmente coprente e le zone originali sotto dipinte, come anche la caduta di colore[10] che continua a strappare gli strati dipinti fino al calcare di Nanto, rappresentano importanti e delicate aree di intervento anche se la pessima notizia di questo primo test è stata il ritrovamento proprio sotto al primo strato di colore, partendo dalla pietra di Nanto, di una vegetazione rinsecchita o “muschio” il cui arresto o neutralizzazione è stato considerata determinante dal Maestro Nonfarmale.

Ciononostante, una splendida notizia del saggio di pulitura è stato il ritrovamento sotto lo strato di colore di una doratura in oro zecchino in foglia che amplifica l’importanza delle ragioni del restauro, non solo conservativo ma anche “conoscitivo” per una possibile lettura completa di questo grande mistero rinascimentale.

 

 

 

Possiamo quindi ribadire ed enfatizzare che questo intervento di recupero sarà di portata internazionale e darà nuovi spunti al dibattito critico ed alle ricerche sull’Altare e su Donatello contribuendo non poco a far conoscere meglio questo gigante dell’Arte e gli effetti del suo operare.

 

 

Un’operazione di restauro, questa, che non si presta ad equivoci dato che sarà intrapresa solo per amore della ricerca e sarà quindi un’opera encomiabile ed indimenticata della Storia dell’Arte e l’inizio di nuovi studi, incontri e pubblicazioni donatelliane che riporteranno l’Artista ancora una volta al centro dell’attenzione globale.

*****

Autore©:

 

Giancarlo Graziani

Docente Aggiunto di Economia dell’Arte

Fondatore e coordinatore attività Ce.St.Art. – Centro Studi sull’Economia dell’Arte

 

Salvatore Prato

Membro del Ce.St.Art. – Centro Studi sull’Economia dell’Arte

[1] https://www.cestart.org/attività
[2] https://territoriexperience.it/progetti/
[3] La Veneranda Arca di S. Antonio è l’ente che dal 1396 amministra, tutela e valorizza il patrimonio architettonico, storico e culturale del complesso antoniano e degli altri stabili (Convento con i suoi chiostri, la Biblioteca Antoniana, il Museo, l’Oratorio di S. Giorgio e la Scoletta del Santo).
[4] Oggi, il Laboratorio di Restauro Ottorino Nonfarmale S.r.l. ha una continuità aziendale grazie all’allievo e Maestro Restauratore Giovanni Giannelli.
[5] “Il Mistero Donatello e l’importanza di un Recupero mai pensato: un’iniziativa promozionale e una riflessione critica” a cura di Giancarlo Graziani, Marzo 2022.
[6] Padova, Archivio Civico, Aquila, t. 192; fase. 4, c. 10; Pubbl.: RIGONI, 1948, p. 145, doc. VIII.
[7] Padre Vergilio Gamboso, “La Basilica del Santo di Padova”, 1966 – Prebiterio e Altare Maggiore (pag. 186, fig. a pagina 175).
[8] Da Le Vite di Giorgio Vasari: “…gli allogarono a la chiesa dè Frati Minori, nella predella dello altar maggiore, le istorie di S. Antonio da Padova…Similmente nel dossale dello altare, fece bellissime le Marie che piangono il Cristo morto”.
[9] Nella ricerca fatta per il suo dottorato sulla scultura policroma di Donatello dallo storico dell’arte Jim Harris (Teaching Curator presso l’Ashmolean Museum di Oxford), tra le tante notizie utili, è segnalato un intervento di restauro eseguito nel 1929 e ordinato dalla Veneranda Arca al pittore Ludovico Pogliaghi e allo scultore Antonio Pennello. Quindi un intervento eseguito da un pittore e da uno scultore, non da restauratori.
[10] Mentre eseguiva i prelievi per le stratigrafie ora in corso, il Maestro Nonfarmale ha potuto notare, come già segnalato in una sua precedente relazione, la continua caduta di questo colore, che poteva essere stata causata da un precedente incendio nell’abside della Basilica.

Informazione equidistante ed imparziale, che offre voce a tutte le fonti di informazione

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