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ACS: urgente assicurare stabilità e sicurezza
nei Paesi africani minacciati dalla persecuzione

Una residenza parrocchiale è stata attaccata domenica 15 gennaio nello Stato del Niger, in Nigeria, provocando la morte di un sacerdote cattolico e il ferimento di un secondo. Un gran numero di uomini armati ha fatto irruzione nella canonica della parrocchia dei Santi Pietro e Paolo a Kafin Koro, Diocesi di Minna, dandola alle fiamme. La cittadina, a metà strada tra Minna e Abuja, conta una significativa presenza cattolica.

In Nigeria, tra gennaio 2021 e giugno 2022, oltre 7.600 cristiani sono stati uccisi e più di 5.200 sequestrati. Nel popoloso Paese africano si registra anche il maggior numero di rapimenti di sacerdoti: 28 nel 2022 e due in questi primi giorni del 2023, di cui uno proprio ieri.

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Sempre ieri, a Kasindi, nel Nord Kivu, Repubblica Democratica del Congo, durante la funzione domenicale in una chiesa pentecostale, si è verificato un attentato rivendicato dai miliziani dell’ISCAP, branca dell’ISIS attiva in Africa centrale. Il bilancio provvisorio è di almeno 10 morti e 39 feriti. La Conferenza Episcopale della R. D. del Congo, Paese meta del Viaggio apostolico di Papa Francesco dal 31 gennaio al 3 febbraio prossimi, aveva già lanciato l’allarme sul deterioramento della sicurezza, manifestando la preoccupazione che la nazione possa disgregarsi a causa delle violenze attualmente perpetrate da diversi gruppi armati.

«Il problema è diffuso», sottolinea il Direttore di Aiuto alla Chiesa che Soffre Alessandro Monteduro. «Basti pensare che delle 26 nazioni  in cui è attiva la persecuzione ai danni delle minoranze religiose, 12 sono Paesi africani. Le reti jihadiste transnazionali si diffondono lungo l’Equatore e aspirano ad essere “califfati” transcontinentali. Il sedicente Stato Islamico e Al-Qaeda, con il patrocinio ideologico ed economico di parte del Medio Oriente, stanno stabilendo “province del califfato” lungo l’Equatore, affiliandosi alle milizie armate locali e radicalizzandole. Si sta creando una fascia di violenza jihadista che si estende dal Mali al Mozambico nell’Africa subsahariana», aggiunge Monteduro.

«Estremisti appartenenti all’etnia Fulani, terroristi aderenti a gruppi jihadisti o gruppi criminali interessati al riscatto importa poco. Ciò che importa è che in Africa è pericolosissimo professare la propria fede. L’Occidente che ama richiamarsi ai diritti dell’uomo non può continuare ad assistere indifferente alla mattanza in corso, mentre le autorità locali non possono permettersi di essere latitanti lasciando le comunità religiose indifese e alla mercé della violenza organizzata. È tempo di agire per assicurare stabilità e sicurezza nei Paesi africani minacciati dalla persecuzione» conclude il Direttore di Aiuto alla Chiesa che Soffre.

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