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Afghanistan: Save the Children riprende alcune attività con personale femminile nel Paese

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Nel 2023, oltre 28 milioni di bambini e adulti avranno bisogno di assistenza umanitaria.

L’Organizzazione chiede ai Talebani di revocare completamente il divieto alle donne per consentire a Save the Children e ad altre ONG di riprendere pienamente le attività.

 

A tre settimane dall’annuncio da parte dei Talebani del divieto per le donne afghane di lavorare per qualsiasi Organizzazione non governativa, Save the Children – l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e le bambine e garantire loro un futuro – dichiara di aver ripreso alcune attività nei casi in cui sono state fornite garanzie affidabili per un pieno e sicuro ritorno al lavoro del proprio personale femminile.

“In seguito al divieto per le operatrici umanitarie annunciato il 24 dicembre 2022 dal Ministero dell’Economia, Save the Children aveva sospeso le sue attività. Il nostro personale femminile è essenziale per offrire in modo sicuro ed efficace i nostri servizi e non possiamo assolutamente operare senza di loro”, ha dichiarato David Wright, Direttore Operativo di Save the Children.  

“Le donne rappresentano il 50% della nostra forza lavoro e sono fondamentali per raggiungere donne e ragazze. Mentre la maggior parte dei nostri programmi rimane sospesa, stiamo riavviando alcune attività – come quelle che riguardano la salute, la nutrizione e alcuni servizi educativi – nei casi in cui abbiamo ricevuto rassicurazioni chiare e affidabili dalle autorità competenti che il nostro personale femminile sarà al sicuro e potrà lavorare senza ostacoli. Tuttavia, poiché il divieto generale è ancora in vigore, le altre attività per le quali non abbiamo garanzie certe che le nostre colleghe possano tornare al lavoro rimangono sospese. Le attività che stiamo riavviando forniranno un’assistenza vitale, ma sono solo una piccola percentuale del nostro intervento”, ha spiegato David Wright.

“Il divieto imposto alle operatrici delle Ong – che si aggiunge alla crisi umanitaria già in atto – aumenterà i bisogni dei bambini e avrà un enorme effetto a catena. Significherà che meno donne e ragazze saranno raggiunte da aiuti essenziali; significherà che più bambini saranno costretti a lavorare e a sposarsi precocemente a causa della pressione sulle famiglie che non ricevono più  assistenza in denaro e mezzi di sussistenza; significherà che decine di migliaia di posti di lavoro saranno messi a rischio in tutto il settore. Lavoriamo in Afghanistan dagli anni ’70, attraverso tutti gli alti e bassi e i cambiamenti, e stiamo facendo tutto il possibile per rimanere e sostenere i bambini in questo Paese. Siamo impegnati a tornare al nostro normale livello di operazioni non appena possibile, e chiediamo ai Talebani di revocare completamente il divieto per consentire a Save the Children e ad altre ONG di riprendere pienamente le attività con il nostro personale maschile e femminile”, conclude David Wright.

Organizzazioni come Save the Children sono state essenziali per aiutare i bambini afghani e le loro famiglie a sopravvivere per molti anni, soprattutto negli ultimi 18 mesi, quando la recessione economica e i disastri naturali hanno gettato il Paese in una crisi catastrofica. Nel 2023, oltre 28 milioni di bambini e adulti avranno bisogno di assistenza umanitaria.

 

Save the Children è presente in Afghanistan dal 1976 per fornire servizi salvavita ai bambini e alle loro famiglie in tutto il Paese. Quando i Talebani hanno ripreso il controllo dell’Afghanistan nell’agosto 2021, Save the Children ha sospeso temporaneamente le operazioni per poi riavviarle nel settembre 2021. Da allora, l’Organizzazione ha fornito un sostegno vitale a quasi 4 milioni di persone, tra cui 2 milioni di bambini. I dipendenti di Save the Children in Afghanistan stanno ancora ricevendo tutti i loro stipendi e altri benefici e continueranno a riceverli per il prossimo futuro, mentre l’Organizzazione si batte per la completa revoca del divieto.

 

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