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Monteduro (ACS): l’inasprimento della normativa
pakistana sulla blasfemia è un segnale preoccupante

In Pakistan la normativa sulla blasfemia prevede il carcere a vita o la possibilità della pena capitale per chiunque abbia insultato il Corano o il profeta Maometto, ma ora può essere applicata anche per sanzionare chiunque sia stato condannato per aver insultato persone collegate al medesimo profeta. Il giro di vite è stato disposto dal Parlamento per inasprire le già rigide leggi nazionali.

Quanti sono stati condannati per aver insultato mogli, compagni o parenti del profeta Maometto rischiano 10 anni di carcere, pena che può essere estesa all’ergastolo, oltre a una multa di 1 milione di rupie. L’accusa di blasfemia diventa inoltre un reato per il quale non è possibile la cauzione. L’inasprimento delle pene scaturisce da un disegno di legge presentato da Abdul Akbar Chitrali, parlamentare appartenente a un partito politico religioso.

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«La notizia dell’approvazione del disegno di legge rappresenta un segnale estremamente preoccupante», commenta Alessandro Monteduro, direttore di Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) Italia. «La normativa finora ha di fatto favorito la persecuzione ai danni delle minoranze religiose, a cominciare da quelle cristiana e induista. Ora la situazione inevitabilmente peggiorerà», aggiunte Monteduro. «Spesso i cristiani vengono accusati strumentalmente di blasfemia da soggetti che vogliono semplicemente definire interessi privati. Il risultato è che gli accusati o vengono arrestati o diventano preda della reazione violenta delle folle».

La normativa anti blasfemia viene usata anche come arma contro gli avversari politici. Basti pensare che l’ex primo ministro Imran Khan nel novembre scorso è sopravvissuto a un attentato durante una manifestazione pubblica e che l’aggressore accusato ha motivato religiosamente l’atto. Fawad Chaudhry, ex ministro federale e uno dei leader del partito politico di Khan, ha affermato che il governo dell’attuale primo ministro, Shehbaz Sharif, aveva condotto una campagna televisiva sostenendo che lo stesso Khan aveva commesso blasfemia durante le sue manifestazioni politiche. Khan ha replicato che l’attentato contro di lui era stato pianificato dai suoi oppositori e che la religione era solo un pretesto.

«L’inasprimento della normativa creerà maggiori opportunità per un uso improprio della stessa. Da oggi le minoranze religiose, a cominciare da quella cristiana, sono ancor più minacciate», conclude Monteduro.

 

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