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Lo spunto iniziale de “L’inizio della Notte” si basa su una scoperta scientifica in grado di triplicare la durata della vita umana, e il conseguente conflitto tra la multinazionale che l’ha ideata, e un gruppo oligarchico al vertice della politica e dell’economia planetaria che accentra almeno le metà delle risorse mondiali. La tematica centrale invece, verte soprattutto sulla manifesta e purtroppo ripetutamente comprovata incapacità della nostra società nell’amministrare l’ambiente, la coesistenza pacifica tra etnie e culture diverse e l’equa spartizione delle risorse economiche.

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Accanto a questo e non meno importante c’è l’emergere di una nuova stirpe creata modificando il genoma umano per eliminare i tratti più deleteri del comportamento sociale, e allo stesso tempo migliorare sia le funzioni fisiologiche che quelle etiche e intellettuali. Per nulla secondaria c’è pure la questione di come due stirpi diverse, anche se imparentate, potrebbero convivere in modo pacifico. In generale si tratta di un romanzo molto dinamico, ricco di colpi di scena e allo stesso tempo di situazioni che faranno riflettere, sicuramente in grado di catturare l’attenzione ma allo stesso tempo di indurre chi lo legge a porsi molte serie domande sulla nostra società e pure su se stessi.
Quanto ai protagonisti sono parecchi e ben caratterizzati. Da una parte emergono gli eredi di un multimiliardario greco che ha progettato e messo in atto la nascita di una nuova stirpe: dall’altra, mi sono ispirato ad alcuni potenti esponenti politici ed economici abbastanza ben riconoscibili, nonostante nel romanzo i loro nomi siano stati alterati per motivi editoriali.

Quando hai iniziato a scrivere i tuoi primi libri?
Il stesura di base del mio primo romanzo “Lo spettatore” di cui proprio l’attuale “Inizio della notte” continua gli sviluppi di alcune vicende, risale ai primi anni duemila. In realtà, venne pubblicato solo nel 2014 dalle Edizioni Leucotea, e soltanto dopo che lo stesso editore pubblicò nel 2011 il mio romanzo storico “Enkidu”. Forse anche perché, a quel punto ormai, le tematiche centrali de “Lo spettatore” non potevano più essere ignorate e non odoravano più di pura fantasia, ma anzi riflettevano delle realtà ormai innegabili.
Seguì poi il nel 2018 “Il simbolo” un romanzo storico di oltre seicento pagine pubblicato da Gabriele Capelli Editore, che narra le vicende del mondo romano e mediterraneo del primo secolo D.C. Infine, nel 2020 e sempre con lo stesso editore uscì “Il guaritore” un romanzo in cui una figura carismatica proveniente dal passato sospettata di essere Gesù di Nazareth, si trova a dover interagire con una religione e società, ben in contrasto con quanto gli si attribuisce abbia predicato.

Quali sono i tuoi scrittori preferiti?

Devo premettere che, a mio parere e al di là delle esperienze di vita personali, uno scrittore è soprattutto ciò che ha letto. Nel mio caso mi sono interessato alle materie scientifiche almeno quanto a quelle storiche e umanistiche. Ho letto molto e continuo a farlo ma, per quello che riguarda i testi scientifici non posso parlare di simpatie per i tanti autori, quanto di valutazione della loro efficienza nel comunicare il loro sapere.
In letteratura invece, proprio questa grande mole di scrittori diversi, antichi e moderni, che hanno contribuito a formare il mio bagaglio culturale mi inibisce nel formulare nette preferenze, o peggio ancora ad assegnare futili pagelle.
Il fatto è che non mi va neanche di elencare una lunga serie di grand’uomini con la presunzione di poter brillare della loro luce riflessa. Inoltre, un autore può aver scritto un libro che ritengo eccezionale e poi magari altri che però non mi sono piaciuti per niente. In ogni caso, senza far torto a nessuno o incensarne altri, posso affermare che detesto le banalità e preferisco quegli scrittori che sono in grado di insegnare qualcosa, far meditare e, allo stesso tempo anche di provocare emozioni in chi li legge.

Hai già in mente un prossimo racconto?

Credo proprio che “l’inizio della Notte” sia destinato ad essere il mio ultimo romanzo. Certo, l’esperienza come autore è stata soddisfacente ma pure faticosa. Non che abbia difficoltà nello scrivere, anzi tutt’altro. Ma ormai, siccome non sono esattamente giovanissimo, comincio a trovare estenuante il lungo processo dell’editing editoriale in cui magari ci si scontra con esigenze non esattamente letterarie. Perciò, a meno di grossi cambiamenti d’opinione che meraviglierebbero me per primo, credo che sia arrivato il momento di ritirarmi e dedicarmi ad altre attività che trovo ugualmente gratificanti.

 

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