Gravi inondazioni colpiscono decine di migliaia di sfollati nel Corno d’Africa
Questa è una sintesi di quanto dichiarato da Wiliam Spindler – a cui il testo citato può essere attribuito – durante il briefing stampa di oggi al Palais des Nations di Ginevra.
Migliaia di famiglie sfollate, tra loro i rifugiati, in Etiopia, Kenya e Somalia, sono di nuovo costrette a spostarsi per sfuggire alle gravi inondazioni causate dalle forti piogge in corso nella regione.
Dall’inizio di novembre, in Somalia sono state registrate più di 795.000 persone sfollate. Molte delle persone colpite, soprattutto nelle zone meridionali e centrali del Paese, erano già sfollate interne a causa del conflitto e della siccità. Le case sono state ampiamente danneggiate o distrutte e, in alcune località, la gente si ripara sotto gli alberi su terreni più in alto. Ci sono anche tragiche notizie di annegamenti.
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Nella regione somala dell’Etiopia, le autorità stimano che più di 20 persone siano morte, mentre oltre mezzo milione di persone sono state colpite dalle improvvise inondazioni. Circa 40.000 famiglie, quindi circa 240.000 persone, comprese quelle in cerca di sicurezza dal conflitto in corso in Somalia, sono sfollate, più della metà delle quali nei distretti di Dollo Ado e Bokolmayo. In cinque diversi insediamenti, 213.000 rifugiati sono stati colpiti dagli effetti delle inondazioni. L’acqua pulita e potabile scarseggia, l’accesso ai servizi sanitari è complicato e quasi 1.000 famiglie hanno perso i loro ripari. Nonostante le difficoltà, molti rifugiati hanno dato un generoso contributo per sostenere i membri delle comunità ospitanti, anch’essi colpiti dalle forti piogge.
Quasi 25.000 persone nel campo rifugiati di Dadaab, in Kenya, sono state colpite dalle inondazioni e molti hanno cercato rifugio nelle scuole dei campi e nelle comunità vicine. Alcuni rifugiati hanno anche aperto le proprie case per ospitare i nuovi sfollati, riducendo molte famiglie ad una condizione di sovraffollamento. Le strade allagate hanno ostacolato gli spostamenti delle persone, rendendo particolarmente difficile l’accesso ai servizi per le persone vulnerabili, tra cui le donne incinte che devono raggiungere gli ospedali. Nel campo di Kakuma, 100 famiglie sono state costrette a spostarsi in aree più sicure a causa della massiccia erosione del suolo provocata dalle piogge.
In aggiunta allo sfollamento, sono stati gravemente colpiti anche i mezzi di sostentamento delle persone. In una località dell’Etiopia meridionale, oltre il 65% del terreno è stato sommerso dalle inondazioni. Nel frattempo, più di 1.000 capi di bestiame sono morti e altri 1.000 ettari di coltivazioni sono stati spazzati via nella regione somala, rischiando di peggiorare una situazione alimentare già disastrosa.
La situazione igienico-sanitaria è molto preoccupante: centinaia di latrine comunali sono state danneggiate, mettendo le persone a rischio di malattie infettive, tra cui il colera. Inoltre, molte strade sono state rovinate, con un impatto sull’accesso della popolazione a servizi prioritari come quello sanitario.
I bisogni più immediati della popolazione sono cibo, ripari d’emergenza, set da cucina, coperte e altri beni di primo soccorso, acqua pulita e servizi igienici. Le famiglie che vivono in aree a rischio di inondazione hanno anche bisogno di un sostegno urgente per potersi trasferire in zone che si trovano più in alto.
L’UNHCR e i partner stanno distribuendo beni di primo soccorso ai nuovi sfollati e kit igienici alle donne e alle ragazze colpite. Le famiglie stanno anche ricevendo assistenza in denaro per acquistare materiali da costruzione per riparare o rinforzare i rifugi e soddisfare altre necessità urgenti. Sono stati forniti sacchi di sabbia per proteggere le persone dalle acque alluvionali. È necessario un urgente sostegno da parte dei donatori per fornire assistenza e protezione e per salvare vite umane mentre le piogge continuano e l’impatto del cambiamento climatico si fa sentire sulle persone più vulnerabili.
Le inondazioni arrivano a pochi mesi dalla più lunga e grave siccità mai registrata, il cui impatto è ancora avvertito da milioni di persone in Oriente e nel Corno d’Africa.
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