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La morte di Giulia e i giornalisti allievi di Bruno Vespa

“Scusate, sono un po’ preoccupato: Turetta ha mangiato oggi? Che ha mangiato? Il ruttino l’ha fatto? E che libri gli hanno portato? Quante pagine ha letto oggi in cella, che ieri era stanco, povera creatura tormentata? Ma soprattutto, scusate la mia curiosità morbosa: a che minuto arriva il momento in cui capite che non ce ne frega niente e che sì, questa roba forse vi fa fare molti clic ma vi fa fare anche molto molto schifo sia come giornalisti che come esseri umani?”. Così, un signore sulla pagina facebook di Doriana Goracci. E come non dargli ragione? Conduttori e conduttrici televisivi non hanno nessun pudore a fare spettacolo delle più tristi vicende di cronaca nera. Vi si tuffano a piene mani. Tutti allievi di Bruno Vespa. Vi ricordate le sue trasmissioni sulla tragedia di Cogne? Nulla è cambiato. Trascrivo una mia missiva apparsa allora su diversi quotidiani.

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“Una sorta di corazza dovuta forse all’abitudine, salva per fortuna tante persone (medici, giudici, guardie carcerarie, ecc.), che in qualche modo sono costrette a venire a contatto col dolore altrui, dall’esserne troppo coinvolte emotivamente. La loro esistenza altrimenti diventerebbe assai difficile e forse non potrebbero neppure svolgere bene il loro compito. Penso che la stessa cosa avvenga per i giornalisti che fanno necessaria informazione su fatti di guerra o di cronaca nera. Ci sono però dei giornalisti che si provvedono di corazza senza che ce ne sia bisogno. Alla tragedia avvenuta a Cogne sono state dedicate valanghe di trasmissioni definite ipocritamente d’approfondimento, e l’abitudine a parlarne è diventata tale, per cui si parla di un bimbetto massacrato come se si parlasse di un vaso, magari anche preziosissimo, che qualcuno ha infranto con una martellata (o un mestolo o uno scarpone o altro?). Bruno Vespa qualche sera fa, nell’ennesima sua trasmissione dedicata all’argomento, teneva appunto tranquillamente in una mano un mestolo e nell’altra uno scarpone; e indugiava nel descrivere il modo con cui il vaso (non ho corazza e mi dà fastidio usare il termine vero) poteva essere stato rotto… Poi si è deciso a lasciare i presunti strumenti di morte,  ed ha cominciato a rigirarsi tra le mani un calzino… Sempre presenti giornalisti e  direttori di giornali, alcuni dalla faccia atteggiata ad immutabile serietà e compostezza (es. Vittorio Feltri), altri sempre sorridenti (es. Maurizio Belpietro). I giornalisti corazzati che della cronaca nera fanno spettacolo,  non potrebbero porsi dei limiti, se non altro per rispetto verso le vittime e i loro familiari?”
Renato Pierri

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