Advertisement

IL PUNTO n 987 del 7 febbraio 2025

di MARCO ZACCHERA 

Advertisement

 

Per scrivermi o contattarmi:  marco.zacchera@libero.it

Numeri arretrati sul mio sito www.marcozacchera.it

 

Martedì notte ho partecipato alla trasmissione “Di Martedì” su La7 rendendomi conto in diretta del modo decisamente fazioso con cui si montano trasmissioni come queste assolutamente di parte e dove chi dissente (quando c’è, di solito mai) è immediatamente bloccato nell’audio, così resta solo spazio per esponenti di sinistra senza nessun contraddittorio. Lo stesso spesso avviene, a parti invertite, su Rete 4. Ma gli utenti se ne rendono conto? W la pluralità di informazione.

 

I PIFFERAI

Vedere decine di migliaia di napoletani che, come una mandria impazzita e solo ascoltando i suggerimenti di alcuni ”influencer”, sono corsi prima in massa a Roccaraso – intasando la località sciistica – per poi (forse) spostarsi ad Ovindoli sempre solo ascoltando improvvisi “suggerimenti” (non disinteressati) dovrebbe farci ragionare su come la gente si lasci sempre più trasportare in tutti i campi dall’ opinione del “branco” perdendo individualità, indipendenza, senso critico. Un problema che non è più solo socio-politico, ma etico e culturale, comunque segno di un drammatico degrado generale nel discernimento collettivo, ricordando la novella del “pifferaio magico” dei fratelli Grimm.

 

IPOCRISIE ENERGETICHE

Se apprezzo Giorgia Meloni per molte vicende sono critico sul comportamento del governo verso la situazione in Ucraina e la questione energetica perché tutti presi dalla volontà di “assediare” la Russia con presunte gravi sanzioni per costringerla a ritirarsi ci siamo letteralmente bruciati i ponti energetici alle nostre spalle ritrovandoci ora con il cerino (spento) in mano.

Il risultato è che l’Europa da tre anni è in preoccupante deficit energetico e che alcuni paesi – come l’Italia – sono particolarmente spiazzati perché le fonti alternative, soprattutto nelle forniture di gas, si sono rilevate più care del passato per la gioia degli speculatori e nell’impossibilità (o volontà?) dei governi ad intervenire per calmierare i prezzi.

In una crisi energetica dove gli speculatori guadagnano moltissimo e i governi tacciono continuiamo poi ad applaudire Zelensky senza renderci conto dei disastri che sta combinando e – pur avendo da un anno perso ogni legittimazione elettorale ed essere andato ben oltre il suo mandato – godendo di una smisurata dose di baci e abbracci decisamente esagerata. Tra l’altro si addensano su di lui pesanti accuse di corruzione.

La novità sollevata in questi giorni dal Financial Times è l’ipotesi che – in caso di accordi Trump-Putin – l’Europa potrebbe essere “costretta” a riprendersi il gas russo per finanziare la ricostruzione ucraina il che, francamente, non sarebbe certo un disastro ma semmai una manna dal cielo, ammesso che il prezzo sia competitivo.

Il problema è che comunque non sarà facile riprendere la fornitura perché nel frattempo il gasdotto sotto il Baltico è stato distrutto (probabilmente dagli stessi ucraini, ma con l’aiuto di qualche “servizio” occidentale) mentre il signore di Kiev un mese fa ha salutato come un suo successo la fine del passaggio di gas russo per il proprio territorio.

Atteggiamento ridicolo e non solo perché l’Ucraina ha così perso quasi un miliardo di euro per i diritti di passaggio, ma perché allora il gas andava bloccato prima e l’aver atteso quasi tre anni per poi non rinnovare l’accordo è semmai una sconfitta per Kiev visto che la Russia nel frattempo ha avuto così il tempo di costruirsi una rete alternativa di clienti nel mondo e lucra ampi profitti sui nuovi maggiori prezzi mondiali.

Ma questi sono argomenti e ragionamenti tabù nel nostro paese nel crescere dell’ipocrisia generale perché se adesso si “annusa” un ok al nucleare chissà mai quando mai sarà operativo visto che appena si dirà “apriamo qui una centrale” si darà l’avvio a proteste e ricorsi infiniti. Continueremo quindi a comprare energia elettrica (nucleare) dalla Francia pagandola oltre il 20% di più dei nostri cugini transalpini e lamentandoci poi per i prezzi poco competitivi dei nostri prodotti dimenticando che scontano una quota importante di maggior costo energetico.

Sciocchezze & scelleratezze, ma a noi evidentemente piace così.

Torniamo però all’Ucraina: certo che, se arrivasse finalmente la pace, potremmo (e dovremmo comunque) ricorrere di nuovo al gas russo “diretto”, ma d’altronde (e questa è l’ennesima altra ipocrisia) queste stesse forniture pur facendo un giro più lungo non sono mai state interrotte ed infatti ne è prova che tuttora la Russia è la maggior venditrice di gas all’Italia pur restando ufficialmente sanzionata.

Perché alla fine l’UE ha “bisogno” del gas russo – lo sa Putin come lo sanno a Bruxelles –  anche se bisognerebbe avere anche il coraggio di ricordare che un accordo generale e strategico tra Russia ed Europa sarebbe utile per entrambe le parti. Si è fatto finta di dimenticarlo, ma quando paghiamo la bolletta ce ne rendiamo conto in concreto.

 

RIFLESSIONI SULLA VICENDA ALEMANNO 

Gianni Alemanno, già parlamentare, capo corrente di “Destra Sociale” in Alleanza Nazionale, apprezzato ministro dell’agricoltura e poi sindaco di Roma ha un lungo e tormentato passato giudiziario legato alle sue vicende politiche.

Attualmente è detenuto a Rebibbia, arrestato nella notte dell’ultimo dell’anno per aver violato le norme relative ai servizi sociali cui era stato destinato in alternativa alla pena detentiva di 22 mesi per “Traffico di influenze” essendo cadute in Cassazione tutte le altre accuse per le indagini relative all’inchiesta di “mafia capitale”.

Partiamo proprio da qui: alla fine di una lunghissima storia giudiziaria a carico di Alemanno (che nella percezione pubblica è diventato comunque un “colluso” alla malavita della capitale) era rimasto appunto solo un reato “minore” e tra l’altro molto labile, tanto è vero che proprio venerdì 31 gennaio i giudici che indagano sulle mascherine di Arcuri (l’ex commissario ai tempi del Covid) hanno sollevato la questione di incostituzionalità relativa alla formulazione del reato con un esposto alla Consulta e sospendendo quel processo.

Ma una condanna va intanto comunque applicata e per Alemanno la pena (essendo inferiore all’obbligo detentivo, ma non essendo stata curiosamente applicata la condizionale) fu commutata in un lavoro socialmente utile presso la cooperativa “Solidarietà e Speranza”.

Da quanto si sa, Alemanno – avrebbe reiteratamente violato gli orari impostigli girando per mezza Italia alla guida del suo movimento “Indipendenza” mentre nel frattempo correvano i mesi e si avvicinava la scadenza della pena. Movimenti mai nascosti e ampiamente pubblicizzati sui media.

Non si discute sui suoi probabili abusi (anche perché non si conoscono pubblicamente), semmai è discutibile l’irruzione proprio la sera del 31 dicembre a casa sua per arrestarlo, non avendo certamente il soggetto intenzioni d fuga.

Associato a Rebibbia, la scorsa settimana è stato processato per le violazioni ai lavori sociali e condannato a scontare in cella (e neppure ai domiciliari!) non solo l’ultima parte della pena ma – come nel gioco dell’oca – nuovamente da capo tutti i 22 mesi quando lo stesso pubblico ministero aveva proposto di abbuonarne una parte e almeno i 4 mesi iniziali della pena alternativa per i quali non erano emerse irregolarità.

Il buon senso avrebbe forse imposto una comunicazione, una diffida preventiva, un avviso sull’evolversi delle circostanze onde richiamare il condannato ai suoi doveri.

Nulla di ciò, soprattutto perché chiamarsi Alemanno forse oggi non aiuta visti i rapporti con il Palazzo di Giustizia di Roma. Mi ha colpito comunque il silenzio glaciale di tutto il centro-destra normalmente “garantista” e che invece non ha espresso neppure una parola non dico di solidarietà ma almeno di attenzione a questo caso, tanto che a parlarne – oltre ad un lungo intervento di Storace su “Repubblica” –  è stata praticamente solo “L’Unità”  (ex organo ufficiale del PCI, incredibile!) di  Sansonetti che – nel caso – si è dimostrato decisamente un “garantista” trasversale.

A destra solo impacciato silenzio: forse anche perché certe posizioni di Alemanno  sul conflitto in Ucraina, le OGM e i rapporti con l’Europa non sono piaciute?

 

“SEMEL SCOUT, SEMPER SCOUT”

I funerali sono sempre un momento importante per una comunità, soprattutto se ricordano qualcuno che ne ha fatto parte in modo condiviso e lasciato una traccia.

E’ stato così anche per il ricordo di Antonio Amedeo, un “Addio in punta di piedi” come è stato sottolineato nel saluto di Bobo Bolognesi e nell’omelia di Don Marco Masoni ricordando il titolo di un suo libro.

Ma la cosa che più colpiva nella folla intervenuta era il ritrovarsi di decine di visi che sono appartenuti a quel mondo che cinquant’anni fa era lo scoutismo cattolico intrese, quando ancora c’era l’ASCI (Associazione Scautistica Cattolica Italiana) e poi l’AGESCI.  Antonio è stato infatti per molti anni un capo scout e – visto che “semel scout, semper scout” – (“una volta scout, per sempre scout”) ecco che molti di quei ragazzi di allora – alcuni dei quali lo avevano aiutato negli ultimi mesi – si sono spontaneamente ritrovati a salutarlo.

Uno scoutismo vissuto con pienezza e gioia, un metodo educativo fatto di iniziative sociali, camminate, interventi concreti nella comunità locale o di impegno internazionale (per anni la “Missione Borodol” aveva supportato una scuola in Bangladesh) cui avevano partecipato centinaia di ragazzi e ragazze verbanesi guidati e coordinati da Antonio che poi, nella sua vita civile, ha continuato a mettere in pratica quei principi nell’ impegno sindacale, sociale e politico.

Alla chiesa di Renco si sono così riviste persone molte delle quali non si vedevano da tanti anni e probabilmente ciascuno di noi ha giudicato un volto ritrovato pensando a “come è invecchiato!” senza considerare che altrettanto avranno pensato di te.

Ciascuno ha così vissuto nel cuore tanti momenti, ricordi, esperienze sepolte nella memoria ed emerse d’improvviso ricordando un amico lasciato ancora ai tempi di quei pantaloni corti blu di velluto della divisa che portavamo tutti.

E il momento più toccante e spontaneo è stato poi all’uscita della chiesa quando – con improvvisazione, stonati e molti con la voce stretta in gola – è partito quasi per caso il “Canto dell’Addio”, la canzone del saluto a fine campo o cantata quando un giovane lupetto lasciava il “branco” per diventare esploratore a significare l’uscita dall’infanzia e la corsa verso l’adolescenza. Quel “grande cerchio” della canzone e l’intrecciarsi delle mani è venuto spontaneo, inatteso, commuovente. Ad Antonio sarà certamente piaciuto e se tra i lettori c’è qualche ex scout avrà capito subito il senso di queste righe.

 

BUONA SETTIMANA A TUTTI    !                                                       MARCO  ZACCHERA

Informazione equidistante ed imparziale, che offre voce a tutte le fonti di informazione

Advertisement
Articolo precedenteAl via il Premio Letterario “Oltre la Soglia” 2025: alla ricerca di nuove voci della narrativa contemporanea
Articolo successivoIl rilascio di un torturatore

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui