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La nuova drammaturgia britannica all’Argot Studio: Lodo Guenzi in

Toccando il vuoto di David Greig con la regia di Silvio Peroni

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in anteprima dal 20 al 23 febbraio | Argot Studio – Roma

 

 

Lodo Guenzi, diretto da Silvio Peroni, è protagonista – insieme a Eleonora Giovanardi, Giovanni Anzaldo e Matteo Gatta – di Toccando il vuoto, testo del drammaturgo scozzese David Greig, rappresentato per la prima volta in Italia che verrà presentato in anteprima all’Argot Studio dal 20 al 23 febbraio. Lo spettacolo è prodotto da Pierfrancesco Pisani e Isabella Borettini per Infinito, Argot Produzioni e Accademia Perduta/Romagna Teatri con il contributo di Regione Toscana.

 

Tratto da una storia vera, la pièce è ambientata nel 1985 durante la scalata nelle Ande Peruviane, dove gli alpinisti Joe Simpson (interpretato da Lodo Guenzi) e Simon Yates (Giovanni Anzaldo) restano vittime di un incidente durante la fase di discesa che provoca la caduta di Joe in un dirupo. Simon, per non rischiare di precipitare assieme al suo compagno, è costretto a tagliare la corda da arrampicata. La storia si ambienta tra passato e presente, tra passione, sensi di colpa, amicizia e resilienza, in un tempo e spazio che si fondono costantemente, ponendo il pubblico in un interrogativo costante: “Cosa avremmo fatto al posto di Simon?”.

 

Rappresentato per la prima volta in Italia, il testo del drammaturgo scozzese, recensito in maniera molto positiva dalla critica estera, pone alla base dell’opera il tema delle scelte, etiche e non, che circondano gli eventi, tra passione, sensi di colpa, amicizia e resilienza.

 

Note di regia di Silvio Peroni 

 

Uno dei temi centrali del testo è quello delle ossessioni: raggiungere vette sempre più alte, superare i limiti, confrontarsi continuamente con le proprio paure. Spesso diventano pensieri costanti, quasi fossero fantasmi che disturbano il sonno e occupano incessantemente la mente. Queste ossessioni come sappiamo possono portare a compiere scelte rischiose, che possono diventare tragiche, come nella vicenda di Simon e Joe. E qualche volta anche nelle nostre vite.

Il testo vuole raccontare le emozioni e le relazioni umane in uno spazio ostile e isolato come quello della montagna. Nel corso della storia, emergeranno segreti e tensioni tra i personaggi, mentre l’ambiente impervio e separato dal resto del mondo li metterà a dura prova. Sacrificare la vita di un amico per salvare la propria è forse tra le scelte più dolorose che esistano, da cui può scaturire un senso di colpa eterno e duraturo.

Mi affascina  lo sguardo intenso e commovente dell’autore, che in una continua e avvincente sovrapposizione tra i luoghi del racconto: da una parte il pub, con i suoi tavoli, sedie e bicchieri e dall’altra la montagna, con  i suoi dirupi e ghiacciai. Si finisce per non capire più dove ci troviamo così come non si comprende più se Sarah sia davvero reale o se sia soltanto un’allucinazione, un fantasma creato da suo fratello Joe. Il tempo e lo spazio si fondono, il presente e la rievocazione del racconto diventano un tutt’uno. E in questo mondo tanto mentale quanto reale al lettore non resta che chiedersi:“cosa avrei fatto io al posto di Simon? Avrei tagliato la corda?

 

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